Pensiero e Volontà - anno III - n. 3 - 1 marzo 1926

rEl\'SIERO E VOLON'l',.'-\, 59 veratura, di pressìone, ece., essi daranno luogo alla formazione dell' c:tcqua. lJ gualmente gli uomini non sono costretti a vendere od a colllprare, ma se un uomo di::sposto a vendere e posto in presenza di un uomo disposto a co~- pl'are, e se le loro pretese non sono inconcihabih, essi concluderanno necessariamente un contratto ad un certo prezzo che si può preventivamente déterminare e non per questo sarà meno un libP-r0 ~ontratto » L'errore <lel naturali~nuo etico è di non sapet conciliare il carattere cli assoluta gene1·alita, costanza, eternità proprio del concetto di legge naturale, qua).e egli se l'è formato, con 11 carattere cli particolarità, di mutabilità, di ten1poraneità proprio dei fenomeni psichici. ~gun errore interno al sistema. Ed è errore più teorico che pratico. Infatti una morale basata sulle leggi naturali jmplica la conoscenza delle relazioni fra i fenomeni della natura umana, 1uediante il necessario procedere pP.r analogia. Un errore pratico avviene quando i] naturalisn10 etico considera P- propugna la evoluzione umana come l'uniformarsi della coscienza u1nana all'incoscienza del n1ondo fisico. La natura come « fuori di noi », non ci ·può insegnare nulla, gr1 l lato morale. o ci insegna 1uale, poichè noi progrediamo in quanto na, tura particolare, cioè cliff~renziando sempl'e più l'intelligenza ed il sentimento dall'istinto. Il processo evolutivo dell' « io » si svolge al-- l'interno. La natura est,erna ha senso e valore, dal latù psichico, solo per quello che in essa vedirumo. Huxley vedeva il fenomeno della lotta dell'esistenza, in tutta la natura. ma nell'uomo questo fenomeno gli appariva attenuato e trasf or1nat<, dalle leggi della coscienza. Il progresso, la civiltà risultanOJ per lui dalla lotta tra il microcosmo e il macroscosmo, cioè tra la· coscienza umana e l'amorale, l' arazionale della natura fisica. E non c'è bisogno di consensi autorevoli, poiché la cosa è evidente. Il p·ro'gresso non è l'adattamento dell'uomo alle condizioni della natura, ma l'opera intellettuale e morale dell'uomo, che doma e trasf o~ma a suo vantaggio le forze fisiche. Il ritorno alla natura, inteso come un ricorso, di 1nodi di vita verso l'uomo primitiv,o è assurdo, poichè l'uomo primitivo è più schiavo della sua libertà esteriore, di quello che l'uomo civile sia schiavo di tutti quei vincoli che ·condizionano l'attuale società. E· così è assurdo, la svalutazione dei divieti o degli imperativi morali basata su analogie che facciano retroicedere l'uomo fino alle bestie, ai ~elvaggi, ai primitivi, poichè la vita BibliotecaGino Bianco morale si evolve tanto quanto si allontana dall'istinto e dal sentin1ento non elaborato dal . pensiero. Il naturalismo etico è giustificabile, praticamente, quando considera i rappol't1 tra ruon10 e la natura co111e1·apporti di doininio del primo sulla seconda. Quando più l'uomo domina i processi fisici. quanto piLt dorpina la propria natura fisica, tanto più è libel'o. C. BERNERI. la le11H.ddealoaradtie1r0re11re Tutti sanno in che cosa questa leggenda consiste. Ada1no ed Eva, quando furono creati, sarebbero stati posti da Dio in un giardino delizioso, irrigato da fiumi, pieno di tutte le specie di pian te e di animali, questi ultimi tutti a ]oro sottomessi compresi quelli ìeroci che in quel tempo non lo erano ancora, a trascorrervi lietamente la vita sotto l'alta protezione del Creatore, il cui spirito onnipotente li seguiva dappertutto. Due alberi spiccavano specialmente in quel giardino: l'albero della vita e quello della conoscenza del bene e del male. Di quest'ultimo era loro stato interdetto, pena la morte, di assaggiare i frutti. 1V1a, per suggestione del serpente che promise loro che assaggiandone sarebbero divenuti eguali a Dio, Adamo ed Eva violarono il divieto. Da quel giorno essi ebbero vergogna della loro nudità, e il Signore, recando ad effetto la minaccia fatta, li cacciò dal giardino cqndannandoli ad andare raminghi sulla terra selvaggia à procacciarsi .il pane col sudore della fronte, esposti alle malattie e alla morte. Ha questa leggenda un significato 1 Anzitutto non bisogna trascurare un fatto. La critica dell'Antico Testamento, specialmente dopo le scorerte atcheologiche compiute a Ninive e a Babilonia, le capitali :rispettivamente degli an tichissin1i 1m peri assiro e babilonese, scoperte che hanno condott·o alla Conoscenza di quelle lingue e letterature, han messo in luce che quella leggenda e tutte le altre che costìtuiscono il più antico nucleo della Genesi, non sono di origine ebraica, n)a gli eurei, pur adattandole alla loro mentalità,, le presero di sana pianta daBe mitologie o religioni di quei popoli, nè è da escludere che questi, a loro volta, le abbiano der1 vate da altri popoli più antichj che, per essere vissuti in epoca an-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==