Pensiero e Volontà - anno II - n. 16 - 16 dicembre 1925

372 PENSIERO E VOL0NTl\. 1 le questioni di salario, di orario, di regoìamenti interni delle officine sono una cosa secondaria, e servono piuttosto di pretesto per attirare la massa, per far propaganda delle proprie idee, e preparare le forze per un'azione risolutiva. Ma ben presto, a misura che cresce il numero degli aderenti, gl'interessi immediati prendono il sopravvento, le aspirazioni rivoluzionarie diventano un ostacolo ed un pericolo, gli uomini « pratici », conservatori, riformisti, pronti a tutte le transazioni e gli accomodamenti richiesti dalle circostanze, contrastano l'influenza degli idealisti e degl'intransigenti e l'organizzazione operaia diventa quello che necessariamente deve essere in sistema capitalista cioè . ' un mezzo non per negare ed abbattere il padronato, 1na semplicemente per mettere un limite alla sue pr'etese. E' quello che è sen1pre avvenuto, e che non potrebbe non avvenire, poichè la massa prima di a vere l'idea e Ja forza di tra$formare dalle basi tutto l'organismo sociale, sente il desideTio di 1nodesti rniglioran1enti ed ha bisogno di un org·ano per difendere i suoi interessi imme- . d~ati,_la vita reale di oggi, mentre si prepara la vita ideale dell'avvenire . Uhe cosa debbono fare glj anarchici quando 11 gruppo operaio per l'affluire della massa spinta nell'organizzazione dai soli bisogni Pconomici, · cessa dall'essere una forza rivoluzionaria e diventa uno strumento di equilibrio tra capitale e lavoro e forse un fattore di conservazione dell'attuale ordinamento sociale 7 V'è <lei co,mpagni i quali dicono - e l'hanno fatto quando il caso si è presentato - che bis~gn~ ritirarsi e costituire delle organizzazioni di minoranza; ma questo, secondo me, significa. co~dannarsi a ricominciar sempre da capo, po1che la nuova organizzazione, se non resta un semplice gruppo di affinità che non conta nella lotta operaia, percorrerà la stessa parabola ~ell' organizzazione che si è abbandonata. Ed intanto se1ninerà germi di rancori in mezzo ai lavoratori, sciuperà il meglio delle proprie forze nel~a concorrenza coll'organizzazione maggiorital'ia ~ 1nentre poi, per spirito di solidarietà per non fare il gioco dei padroni e per l'inte~ resse <lei proprii rne1nbri, dovrà, caso per caso accod · ll · • ' arsi a a n1agg1uranza e subire la direzione dei capi di questa. Un'organizzazione operaia che si dicesse anarchica e iosse e restasse veramente tale e . ' -che dovrebbe essere composta solo di anarchici convinti potrebbe essere una for,ma, in certe circostanze utilissima, di aggruppa1nento anarB i bI i oteca Gino Bia.·co chico, ma non sarebbe il movin1ento operaio, e mancherebbe allo scopo di questo movimento, che è quello di attirare nella lotta la grande 1nassa e, per noi specialmente, quello di creare un vasto campo di propaganda per fare dei nuovi anarchici. Per queste ragioni io sono di Qp1ruone che gli anarchici debbano restare, naturalmente quando è possibile restarvi con dignità e indipendenza, nelle organizzazioni tali quali sono per lavorarvi dentro, e cercare di spingerle il più ava.nti possibile, pronti a servirsi, nei momenti critici della storia, dell'influenza che possono avervi acquistata per trasformarle repentinamente <la modeste armi di difesa, in poteut1 strurr1ent1 di assalto. E questo, s'intende bene, senza trascurare il movimento proprio, il 1novimento d'idee, che è l'essenziale, ed al quale tutto il resto deve ser- · vire di mezzo e di strun1ento. Vostro per l'anarchia ERRICO MALATESTA. 111en1iero IMiale ~i6iarnmo leo1ar~ Botto il rispetto politico Leopardi è, per la media cultura, il poeta del « l taha mia » e del « L'armi, qua l'armi »: una voce cioè, alquanto stridula del resto, <:he r1un1sce· e s1 perde nel coro di . 1nille altre, p1 ù chiare e sostenute, che si levano qua e là nella penisola, fra il 1815 e il 1848, ad atìern1are la sua volontà di esistere polit1can1ente. Ma sarebbe fargli grave torto il considerare a ·questa stregua il suo rens1ero $oc1ale . . E' vero che egli esordisce a quel modo, che il primo canto degno di rihevo che esce dal crepu~colo della sua personali ta estetica ct / lo presenta sotto gli archi superstiti d'i H,01na a rimpiangere l·z lauro e i/, ferro di un te1npo; com'è anche vero che 1n quel periodo egli alza, le inani al cielo implorando e s1 con1p1ace a rievocare C'On nostalgico abbandono l'epoca, dei ratriarchi. Ma se in questi pi·in1i canf1 <lon1ina già 11 sentilnento fonda1nentale del Leopardi, quel pessimismo che è frutto della sua tragedia in<llividuale e della più vasta trage<.ba colletti va <li quegli anni 11 pensiero del Leopardi non c'è ancoJ'a: ce lo dicono i canti stessi, in- ~ essuti di re1niniscenze. Abbia1no da iare qui, non col pensiero for1nato di chi è già a· corrente coi suoi tempi, 111acon i prodotti psi- •

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