Pensiero e Volontà - anno II - n. 15 - 16 novembre 1925

- H5G PENSIERO E VOL0 1 NTA' e delle leggi che l'hanno sancita, non è anco-- rai applieata in tutti i paesi. Xon pa1·liamo, poi, delle cerin1onie religiose e delle feste. ~ella chiesa cattolica,, il nova:ata per cento del ceriinoniale è orientale. Nella chiesa ebraica permangono cerimonie antichiSsi1ne. I fuochi di ,g an Giovanni, accesi anche attualmente in certe contrade, sono, la soprav .. viYenza di un remotissiino uso istituito dai Celti. E d'origine druidica erano le pubbliche riunioni politico-n1ilitari denominate ca1npì d.; nzaggio, l'ultima delle quali fu indetta da .K apoleone nel 1815. J.;a « scampanata », cioè, quel fracasso che si fa battendo vari arne~i dì n1etallo, specialmente recip1ent1 di· latta, in segno di scherno, è usata in Toscana quando qualcuno passa a secondr nozze. Quebto uso, che era diffuso nell'Emilia, in Liguria, in Piemonte e nel Napoletano, ed aveva nomi dL , versi, ri~ale a tèmpi antichi, probabilmente ai tempi di Roma, che interdiva il sacerdozio alle donne rin1aritate. Anche 1 primi padri de1la Chiesa avyersarono tali matrin1on1. Oggi l' avversione è scomparsa in Jinea generale, ma l'u_ so è perpetuato 'dal piacere che i ragazzi provano in queste chiassnite e dall'abitudine che gli adulti hanno ad ascoltarle. Ma, faC'cio punto con gli ese1npi. Questi cenni bastano per permetterci di parafrasare la don1anda. del Lan1arck : « Non è 11ossihile che la natura stessa sia un' abitudine 7 », con quest'altra -domanda: « Non è, forse, 1a vita sogl~ adulti hanno ad ascoltarle. Il. Il costume come abitudine I costu1ni di una data società sono, nella loro forn1a media, il complesso di certe abitudini intellettuali e pratiche divenute comuni alla 111aggioranza di quella società. Questo carattere collettivo del costu1ne dà ad esso un notevole grado di forza imperativa sui singoli, ma il costume, nel suo complesso di fenomeno collettiYo, risulta da quei rapporti di - suggestione, di obbligazione e di sanzione, che costituiscono la tradizione morale, ed insieme politica e giuridica, dei popoli. Questo assenso a certe nor111e di vita, il cui valore è riferito all'utile comune; questo uniformarsi della condotta, del singolo al modo di vive1·e comune, fa sì che la vita morale dell'uomo risulti dominata doppiamente dall'abitudine : cioè dalla tendenza a ripetersi nella sfera della propria per- , son ali tà e dalla tendenza ad imitare la condotta del prossimo. Questo duplice proc·esso qi crista1izzazione e, Biblioteca Gino Bi CO ;Ll ten1po stesso, di superamento 111orale, · è espresso dalla parola «eticaì>, che ha il significato etin1ologico cli « abitudine morale », e si connette con un'altra voce greca analoga, significante << consuetudine sociale », o· costume. Mentre nelle società animali, la preponde!.. ranza dell'istinto fa sì che l'abitudine abbia carattere statico, nelle società umane, l' abitudine rappresenta la continuità, sì, ma non l'im~ mutato ripetersi dei modi di vita. L'uomo,. quindi, gode il primato della tradizione ; che è l'accumularsi cli adattamenti e di resistenze, che è l'assommarsi continuo delle esperienze individuali e delle collettive, cioè il progresso, che il Cattaneo ben definisce il « mutarsi della tradizione ». · Questo mutarsi della tradizione è possibile per opera di varii influssi, ma specjalemnte con le condizioni di vita la trasformazione dei costumi è connessa. Le abitudini sono, in grandissima parte, collegate con date condizioni di vita. Con la netta rottura con una data compagnia, con un dato complesso di necessità di vita, esse si disperdono. Sciolto il nodo, le perle sfilano. Ma questo innovamento non è sen1pre possibile al singolo mediante sforzi di volontà, poichè sulla sua coscienza si sono for111ate incrostazioni abitudinarie accumulatesi per 11 q\; otidiano influsso della società, poichè nel suo cuore certi sentimenti hanno una radice profonda e saldissima. Di qui la neeessi tà di ~ . 1nutélJmenti nell'ordine dei modi di vita sociale. Ma le rivoluzioni ri1nangono rivoluzioni di cose se l'opera educativa dei maestri di pen• siero e di vita e delle éZ.ites viene a mancare. Se le riforme scendono dall'alto senza essere ·volute da grandi masse, comandando senza persuadere, minacciando senza fornire aiuti agli sforzi spontanei, le cattive abitudini de- . . . . v1ano 1n nuoY1 corsi. Il legislatore, dall' anirna burocratica, vede il mondo umano attraverso ì suoi .gelidi occhiali.' .Lt\bituato a vedere effetti immediati seguire i decreti amministrativi, crede di smorzare passioni e vizi, annullare o creare abitudini, a suo piaci,mento._ Sin1ile .al miope legislatore è il rivoluzionario ottimista, che vede nella rivoluzione una estesa e profonda palingenesi ideologica e sentimentale. Egli non vede che possono n1utare i sistemi politici e pernJanere i pregiudizi politici dell'abbattuto regi1ne. Che possono crollare le .Chiese e permanere lo spirito ecclesiastico. Egli non vede che l'anima dell'uomo è più lenta e continua nel suo progredire di quel che parrebbe a giudi-

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