Pensiero e Volontà - anno II - n. 14 - 1 novembre 1925

PENSIERO E VOL0 1 N'f A' e delle leggi che l'hanno sàncita, non è anc,~ ra applicata in tutti i paesi. Non par I°iamo, poi, delle cerimonie religiose e delle :feste. Nella chiesa cattolica,, il novanta per cento del cerimoniale è orientale. Nella chiesa ebraica permangono cerimonie a~tichissime. I fuoc~,i di ,San Giovanni, accesi anche attualmente in certe contrade, sonoi la soprav .. vivenza di un remotissimo uso istituito dai Celti. E d'origine druidica erano le pubbliche riunioni politico-mili tari denominate campi d.>° rnaggio, l'ultima delle quali fu. indetta da Napoleone nel 1815. 1--'a « scampanata », cioè, qu_el fraca.,sso che si fa battendo vari arnesi dì metallo, specialmente recipienti di latta, in segno di scherno, è usata in Toscana quando qualcuno passa, a seconde nozze. Questo uso, che era diffuso nell'Emilia, in Liguria, in Piemonte e nel Napoletano, ed aveva nomi di.. versi, risale a tempi antiehi, probabilmente ai tempi di Roma, che interdiva il sacerdoiio alJe donne rimaritate. Anche i primi padri della Chies~ avversarono tali matrimoni. Oggi l'av. versione è scomparsa in linea generale, ma l'uso è perpetuato dal piacere che i ragazzi provano in queste chiassnite e da.ll' abitudine che gli adulti hanno ad ascoltarle. Ma faccio punto con gli esempi. Questi cen1" ni bas~ano per permetterci di parafrasare la domanda del Lamarck : « Non è possibile che la natura stessa sia un'abitudine 1 », con quest'altra domanda: « Non è, forse, la vita sogl ~ adulti hanno ad ascoltar le. II. Il costume come abitudine 1 costumi di una data società sono, nella loro forma media, il complesso di certe abitudini intellettuali e pratiche divenute comuni alla maggioranza di quel1a società. Questo carattere collettivo del costume dà ad esso un notevole grado di forza imperativa sui singoli, ma il costume, nel suo complesso di fenomeno collettivo, risulta da quei rapporti di suggestione, di obbligazione e di sanzione, che costituiscono la tradizione morale, ed insieme politica e giuridica, dei popoli. Questo assenso a certe norme di vita, il cui valore è riferito all'utile comune ; questo uniformarsi della condotta del singolo al modo di vivere comune, fa sì che la vita morale dell'uomo risulti dominata doppiamente dall'abitudine : cioè· dalla tendenza a rjpètersi nella sfera della propria personalità e dalla tendenza ad imitare la condotta del prossimo. Questo duplice processo di cristalizzazione e, Biblioteca Gino Bia··co al tempo stesso, di supera,mento morale, è espresso dalla parola «etica», che ha. il significato etimologico di « abitudine morale », e ,si connette con un'altra voce greca analoga, significante « consuetudine sociale », o costume. Mentre nelle società anin1ali, la prepond~- ranza dell'istinto fa sì che l'abitudine abbia carattere statico, nelle società umane, l' abitudine rappresenta la continuità, sì, ma non l'immutato ripetersi dei modi di vita. L'uomo, quindi, gode il primato della tradizione ; che è l'accumularsi di adattamenti e di resistenze, che è l'assommarsi continuo delle esperienze individuali e delle collettive, cioè il progresso, chè il Cattaneo ben definisce il « mutarsi della tradizione ». Questo mutarsi della tradizione è possibile per opera di varii influssi, ma specialemnte con le condizioni di vita la trasformazione dei costumi è connessa. Le abitudini sono, in grandissima parte, collegate con date condizioni di vita. Con la netta rottura con una data compa,.. gnia, con un dato complesso di necessità di vita, esse si disperdono. Sciolto il nodo, le perle sfilano. Ma questo innovamento non è sempre possibile al singolo mediante sforzi di volontà, poichè sulla sua coscienza si sono formate incrostazioni abitudinarie accumulatesi per il quotidiano influsso della società, poichè nel i:;uo cuore certi sentimenti hanno una radice prof onda e saldissima. Di qui la necessità di muta,menti nell'ordine dei modi di vita sociale. Ma le rivoluzioni rimangono rivoluzioni d1 cose se'"'l'opera educativa dei maestri di pensiero e di vita e delle élites viene a mancare. Se le riforme scendono dall'alto senza essere volute da grandi masse, comandando senza persuadere, minacciando senza fornire aiuti agli sforzi spontanei, le cattive abitudini de- . . . . v1ano 1n nuovi corsi. , Il legislatore, dall'anima burocratica, vede il mondo umano attraverso i suoi gelidi occhiali. Abituato a vedere effetti immediati seguire i decreti amministrativi, crede di smorzare passioni e vizi, annullare o creare abitudini, a suo piaci,mento._ Simile al miope legislatore è il rivoluzionario ottimista, che vede ~ nella rivoluzione una estesa e profonda palingenesi ideologica e sentimentale. Egli non vede che possono mutare i sistemi politici e permane_re i pregiudizi politici dell'abbattuto regime. Che possono crollare le Chiese e permanere lo spirito ecclesiastico. Egli non vede che l'anima dell'uomo è più lenta e continua nel suo progredire di quel che parrebbe a giudi--

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