La Difesa delle Lavoratrici - anno V - n. 7 - 2 aprile 1916

.'v.lustafà rivedeva come in una vision e lontan a lontana il suo cielo intensament e azz~rro su cui spiccavano, come candid e n~b1 .':osate i mandorli e i pesch i in fiore; P!ll g1u ~n Yerde smagliante e un'ampi a. fio– ntu.ra d1 ranuncoli giall i e di prataiol e bianche. Come gli era sembrato terribi le d.over lasciare tutta quella luce, quel sor– nso per un ignoto buio paurosamente in– cogn ito! Che dolore contem plar e quei fiori dei quali sape,· a che mai avrebbe potuto assaporare il fir,ùU.o! glì sembr ava di udir e ancora i singhiozzi della sua Mariam.. Chi sa se ora si era già consolata della sua vedo– vanza? Fi nalmente si scosse da quella folla di ricordi terren i e osse rvò intorno a lui: crecm-a cresceva la folla che .proveniva dal– la terra: Yi erano nume.rosi rappresentanti per dgni razza, per ogn i ceto. Quasi tutti i potenti : re, minist ri, capi di esercito, sommi sacerdoti si ficonosoevano subito per una comune espre ssione d'alt e– rigia o d'ignavia. Gli umili portavano tutti, tranne poche eccezioni , le stim mate del ser– ,·ilismo e dell'abbrutimento. s·aspettaYa _.\sJ·aele, il supre mo giud ice, che nella sua infallibile saggezza avrebbe, di ogni mortale, ,aiutato non solo il mal e commesso ma anche il bene non compiuto. Arri,·ò, finalmente; era calmo e solenne: il suo Yolto non tradiva n~ssun sentimento. non sYelava nessun pens iero. Si fece aYanti, prima di tutti, il gru wo dei poten ti: cia– scuno s'annunciaYa con un mott-0: aristo– crazia del sang ue, intellettualità, eroismo bellico . Aristocrazia del sang ue cominc iò l'ange-– lo rivolgendosi al grup po dei re, dei prin– cipi1 dei grandi dignita ri: che enorme peso nel passivo del vostro bilancio morale! _.\ristoc.razia dunque raffinatezza d'abitu– dine , armonia nei gesti e nelle parole che vi faceya riiuggi re da tutto ciò ch'era rud e volgare , ma troppo di freq uente al motto non corri spose l'impresa.. affabil e la paro– la. graziosa la mossa ma, troppe volte, vuo– ta l'anima, o volgarmente egoista. Con le vostre ricchezze ,·oi, sulla terra , vi costruist e wme dei castelli d'oro che ab– belliste con le più squisite manifestazioni dell'art e però intorno alle loro mura s'e– stendevano pantani infetti dove affondava miseram ente la folla infinita dei vostri fra- disered.at i. Invocavano essi disperata– men.~ il YOSLroaiuto e udivate voi ad ogni momento le grida disperate di coloro che perivanù ma non uscivate dal vostro eden , non affrontavate il fango per timor e di in– sozzarvi. adducendo, come giustificaz ione la vostra repulsi one innata per tutto ciò ohe era sozzo. '\on v'accorgev ate che intan to proclama– rnte alto, solenne il vostro feroce egoism o. 's o, il brutto , il volgare non basta scostarlo da· noi. scostarlo per noi, bisogna da esso liber~ anche i nostri simi1i, pérchè non è colpa solamente il male che si fa , ma lo .è anche e a volte più grave anco ra , tutto 11 bene che si potr ebbe fare e che invece non si compie ! . . s·a,·anzò il gruppo dei sommi sacerdoti: _ '\oi facemmo erigere templ i di nivei marmi alle nostre divinità, ad esse tenem- mo prostrati gli uomini. '\ella cas.a del Si: gnore raccogliemmo, a suo omag g10, tesor i d'oro e di gemme ... L'angdo ehhe uno scatto violento: - Yoi li interruppe , prostituiste il nome de,i fond~l-0ri delle vostre religioni alla vo– stra immensa ambizione al vostro im1:1ane e,zoismo. I ricchi templi li faceste enger e p~r sfoggiarvi poi la vostra potenza di rap– pr e,sentanti della divinità d&lle qual, !ace- APPE:--DJCE Vita ed avvent ure d'una rivo luz ionar ia russa fN ote autobiogra~che ). ~..;:oi si faceva di tutto per aiutare quell' in– feHce madre perchè il r,iccino non le morisse oer la strada. Pa.,;sando da K.rasmorsk tro– ~-arnmo una. po\·era ,.:ec.ehia rhe aveva percor– so un J 1JnghissirnrJ via,,;µ-io per trovarsi li a $aiutare, n,d~ re per l'ultima volta il figliolo, 1m g iovane siudente ehe 0 trovava r:el n~~ro ,grurmo. Ebben e l'ufficiale dl gua rd ia pro1b1 o1 l figlio d'abbracciare sua madre e 1a pov~:~ n:cchia nrm poté che ini.ravvedi::rlo perc.he i ~ I.da.ii 5 pinsero brufoJ.mente il g-iovan~ .n~lla carrozza la quale parti al g<:1l0:1fY1. Jr, v1d1 la testa bianca di qu,eUa .povera v.:.:;cchia, vidi jJ suo ~guardù stra z:ante, la dcli, pov~ra m:1rn– ma sYent1.1rata, ~ad~re a terra ~venuta, vinta. dallo strazio. , Quando arriYai alle miniere di Kar~ 5?PP 1 che della mia pena alla miniera non m1 nma– nevano da sconta.re ('he otto mesi y,oich?-: la prig ione pre·.-entiya itra ..tata e;;.-;apure com– putata. Rima~i a Kara otto mesi poi fui condotta u, ~:) ".? :''Dg p: rr,!o ~fl T1:10 di :sbe nrJn Jorr LA 191FIDSADELLE LAVORATRICI ste, il più delle volte, null'altr o che un'e ti– chetta al vostro io.. A voi, a voi, cap ite, e non a Dio asservi– ste l\np.anità 1 e per arriva re a questo, svi– saste pe,•fino con perfida solLigliezza le san– te, frate>rne dottrine del dolce Budda , del– l'ispi rato Gesù, le svisaste deformandol e, creando dogmi d 'enore che opprimono, pe– sante spegnito io, l'int elli genza umana, isti– tu endo rit i feticisti ohe, mentre propagano basse supe:rstizioni, crea no t.ra gl i uomini feroci intolleranze .. I sommi sacerdoti allibirono .. S'avanzò il gT11ppodei guerr ieri. Quant e gesta eroic he raccontava il volun1e della loro vita: grandi regioni conqui stale alla patria con il ferro e con il .fuoco, ,rib elli di– strutti, annientati 1 ~ Noi, dlchiararono, non abbiamo mai tamuto la morte e mille, mill e volte l'affron– tammo sui camrpi di battagl ia dove più fe– roce ferve \·a. la misc hia ... Il volto dell'ang elo si ra ttris tò: - Sangue, mormorò, sem1pTe sangue. Il furoi,e che v'anima va aHa gue rra, proseguì, non è, in fine, che la ferocia che accende il sang ue del leone del deserto , della tigr e del– la iungla .. Bello, è il solo coragg io di chi sfida la morte non per uccidere, ma per salvare Ta vita al frat ello. Subl ime è il solo imp eto cieco che spinge nel gorgo buio del fiume, nella vampata ar dent e dell'incendio dove una creatura. sta per perir e. SacTa è l'imp as– sibile fermezza d1ello scienziato chino sulla stòrta insidiosa dove k emono quelle sostan– ze che, Ìlr1 una nuova formula ohimica , deb– bono portare nuovi rivolgimenti nella civil– tà. Bello è l'ardire dell'uomo ohe doma la macchina fragorosa che, da un ist:ante al– l'altro, può str itolarl o in un fer reo orribil e am10lesso.. A<ndat e, pros egui, l'ang elo, rivolgendosi al gruppo di tutti i potenti, troppo lontani siete anwra della saggezza, della bontà. A voi e.ra stata affidata la fiaccola della ver ità 10erchè pr ecedendo nel oa.mmino èieHa ci– viltà i vostri f.ratelii, a loro poi .ne rischia– raste la via , inv ece initorno ad oosi adden – saste le tenebre, e dell'ombra •poi approfit– taste per avvincerli di catene e tene>rli cosi· schiavi. Andate , ritornate alla vita sotto al · tre spoglie e nel dolore , nella lotta per il ben e red imetevi. Mustafà era desolato: se quelli che egli aveva consi,dlerato .nella vita terrena i gran– di , i migli ori , eraino stati respinti che sa– rebbe avvenuto di lui che nulla aveva mai fatto di bello d'eroico? - Io, mormorò mortificato, io non fui illu stre... mai ho combattuto rperchè consi– deravo troppo sacra l'esistenza per distrug– ge>rla.. nulla donai alla chiesa perché e,ro povero, trop J)Opove,ro... Dalla folla che attendeva d'essere giudi– cata usci ll!1l vecchietto. - Rammenti, disse, quando una sera mi presentai stanco, sfinito alla porla del tuo tugurio? Tu mi cedesti la nitida paglia del tuo giaciglio, l'uniw piat to di datteri del tuo desco, e -per ristora rmi andasti ad at– tingere alla lontana fontanella, la .fresca deliziosa acqua cristallina. - Pa ce e seren ità a te, disse allora l'an– gelo rivolgendos i a Mustafà. Onore a tutti quelli che, come llu facesti, nel soccorrer e i frate lli misu rarono l'aiuto da concedere non col !•oro int eresse, ma con il bisogno, le sofferen ze di chi chiedeva. Soli costoro ha n– no davv ero compr eso la bontà , intuita la saggezza. Sui volti dei mille e mille par ia che sul– la terra non avevano mai udita che la pa– rola dello sprezzo, della condanna spieta– ta, si riflesse come una luce luminosa ! GIUSEPPINA Mono L!INOONI tane daJ circolo artico. Arrivai con i miei com– pagni d'esilio in febbraio con una tempera-. tura di quaranta gradi sotto zero! :Vii misi subito in cerca cli lavoro: scorsi qualche bambiJlo abbandona to ed allora pen– sai di fonda.re una scuola, ma f ageni e dj poli– zia me lQ r,roibl mostrandomi nel regolamen to rioliziesco venuto da Pi.etrohurgo, un articolo che proibiva perfino -a.i medici esilia ti di cura– r~ i malati e ai sa.cerdoti in esilio di confortare i marenLl. A <.rua.Lunqu.e l[Je1sona colta. ma esi– liata. era 11roibito usare la sua cultura a pro– fittAJ proprio e dei su.vi simi-1i! e pensc1te che in quel villaggio si trovava.no, esilia.ti a perpe– tuità.. •Jei &riovani ~i.udenti che erano sta.ti mb.t1- da.tl li Mill'~ .aJ<,·unprocesgù m;:i. semrr>licemente dietro dernm.eia di qualche polhli.otto o di qua:l– r;he sp.itt.. JJecid,emm.v allora di fai· d i tuttu per E;alvarci. Durante due anni cercamrrw una E, '1.li – da. ehe ci corJ.dur..:é5¼ a l.le ri:ve del Pa.<:ifico dal quale ci M:-paravano centJ) chilr1metJ-i. Final– mente trm:amrno un vecchio contadino che a– \·eva gfa. ratto quel tra.gitto, e una notte pat– tirnmo con lui, ma ben presto lù licenziarruno r,erchè sa.1iernrn.r1 orizzontarci da noi. Noi ave– varno carte geografiche, ed anche una bussola ma ben oocù ci f-:ervivano perchè e-i trovammo nel TuJzà., nna regione coperta cli foreste e di aitrn--:-. .-\ n,lte i! ,·avallo che mi po11..ava si FUSIONE D'ANIME Dopo dieci anni cli convivenza, Cesa.re ed Anna si separarono cli comune accorcio, w– me di cornu,1e accorcio si erano uniti. Poi– chè non s'amavano più, poichè la vita in comune er.a.cliivent.ata w1 giogo inso1Iribile, perché l'avre bbero contin ua.I.a? E soprat utto per chi se nessuna creatura era venula a rallegrare la loro unione? 1\'essmi'o dei due aveva dei grav i torti a rimproverar si. o per dir meglio l'uno non ne aveva più dell'a ltra. Eramo slat i piccoli dissensi,puerili ripicchj 1 malumori, sgarbe– rie cJ1eclegeneravai10 spesso in alterchi, pun – .ture di spille che avevano fati.o nascere in cntrnmbi. col t.eclio e la stanc hezza, il desi– derio di ripr endere la propr ia libertà. Ebbero il coraiggio di dirse lo, e si dìvisern senza lri stezza e senza rimpianti, come due estra.nei incontra tisi per ca.so. e per cui l'a– more cli un'ora non é stato che una distra– zione e un. episodio. Anna ri prese la sua. vita operosa cli fanci ,ùla, troppo orgog liosa per accettare qualche cosa da lui ; Cesare si dedicò con pa,ssione alla propaganda socia– lista, trovando in quest' idea le uno scopo e una ragione di vita . L' ooo dei suoi lirionfi giunse fino all'orec– chio cli Anna che ne provò run, senso di sor– presa e d'invidia . Non gli invidiava i tnionfi, ma quell'idea le doveva essere meravig lioso e sublime, se aveva potuto fare un facile ed ardente ora– ta-re, di un uomo che era. sempre stato fred– do, chiu so e taciturno. Fu turbata dal desi– derio di sen ti·rlo, ed un giorno, (erano pas– sati molli anni dalla loro sepa.razi-One) un giorno ir1cui il desiderio era stato più in– tenso, e la. tentazione più forte, ella non sep– pe resisterv i, ed· entrò ne.I luogo dove egli doveva tenere una wnferenza . Cesare vi era già, la vide e le mosse incontro colla mano tesa. - Tu qui Annina? L'aveva chiamata così, come nei prim i temp.i della loro uniooe ed essa glie ne fu dolcemente gra,ta . - Ho voluto sen,tirti , confessò oandida– menle , non sapendo mentire. - Brava , sono contento cli veder.ti , aspet– tami dopo la conferenza; ti accompagnerò a casa, vuoi? - Ma sì - rispose ella arrossendo, e si rannicchiò in un, angolo della sal<1,in preda ad un'agitazione indescrivibi le. Così per tutto il tempo che durò la confe– renza, ella rima.se fremente di commozione, coi nervi vibranti, co11'anima lesa verso di lui ... Come parlava bene! Quan,te cose buo– ne, giuste e nobili diceva! E con quanta fo– ga , con qua,nto entusiasmo .., Ora ella ca– piva il perché dei suoi trionfi, la ragione della sua eloquenza ... Egli doveva sentir e profondamente, intensamente la sua ideali– tà , do,veva concepirJ.ai come una religione ed un culto ed aliment .ar la colla sua fede, col suo fef'Vore... Egli doveva nascond ere nella sua anima tesori di bontà , ed ella , che pure ~li era vissuta vicino, non aveva saputo scoprirli , ostinandosi a vedere in lui il solo lato cattivo. Oh! ella non era /\tata la donna buona che sa prevenire i desideri del compagno , che sa dominar e i propri nerv i fino ad apparir– gli sempre ugua le e sempre dolce, devota senza essere umile, mit,e senza. essere sotto– messa .. Non e1ca st ,1.ta la donna dimentica del proprio io, che no,-, diede nulla, per sè, e non cerca in alcun modo d'intralciare il cammino · dell'uomo che l'ha scelta.. Oh! No! Ella aveva fatto di tutto per renders i insopportabi le; gli aveva fatto sentir e ognj giorno , ogni ora, il peso di quel legame di- fermava rifiutJan-d.osJ di sélJLi1-ecerte erte fati– cosissime, spesso rotoJorvamo giù pe.r ripWe chine ed a.li.ora st ,riponeva la noskn. s.1);ernnza nei tJronchii d'rulber,i ,solo essi potevamo an~e– strure quelàa discesa veirtiginosa. Naturalmente dopo, do,vevamo impi.egare una quruntità di tempo, e spendere tuite le nostre. energie per ri mettere ,sulla strad a i nostr i veicoli. Dl.Ll"a.11te il gioYno H tempo era bello ma nella notte fa.cova un freddo davv,ero p:ung.e11tc. Ci nut ri– vamo con bisco tti, thè compresso e ci scalda: vamo fumando qualche siga retta. Si cammi– nava per ore e O1·e, a.r-.rornpi-candosiwpra col– line , dic;cendendo pen dii, comrpJessiv amen te a– viremo pelfcorso non me.no cli trecento chjlome– trL JntW1to la polizia ci ri..cercava attiva mente Il governatore aveva telegrafato a Pi etfl"obur – go e di là r1·a ~tato risposto ordinando di ri- 1,renderci a. qualun(fue cogio. I mezzi ohe adot– ta rono 1,er a,r,ret,.taTci ca.ratteri w.. ano oompJeta– mcnte l'aui.t.J{:1'a7,ia.: presero cinquanta fittaJ)ili e ingiunsero loro di venire aJla. ricerca <li noi esiliandoli da,lle Jorn ratto,1•iee dalle loro fa– miglie finchè oi avesse ro dcondc;tti. Inf atti dapo qua1ch.e :;ettirnan.a di ricerca. ci trova rono fra j monti di Pomrne. Un buTrone ci sopaz·a\'a da P&Si, il loro capo c'jngiunse di fermm•ci dichiarandoci che non avrem mo potuto più fuggire iperchè si '.'-arebbero imme- venuto un'odiosa oa,tena.. Era stata insom– ma. la donna gretta, meschina , profonda – mente egoista; lo aveva stanca lo colle sue esigenze , anno ia.lo colle sue sce nate , rat– tristato colla sua man oanza cli fiducia, ir– Titato coi suoi stup·idi ripi ccl1i, wlle sue pie– cole cattiverie, colle sue sto l,te rappr esa– glie.. Era tanto immersa nei suoi 1impianti, che tras alì quand o egli le disse sorridendo: - Andiamo Anna? Camminarono per un poco in silenzio, os– servandosi t ~at.to tratto, alla sfuggita , no– tando l'uno sul viso dell'alt 'l"o, con un'om– bra di tr istezza il logor io degli anni, for– s'anc:he dei dolori. - Hai fat to fortuna tu - disse Anna e si sentì di aver prn n,unciato quella frn.se che rivelava la sua. ru1ima un po ' cupida di piccola borgh~se. - Oh! no - rispose egli rid endo - al– meno non come l'intendi tu. Sono povero come prima e più di prima , ma sono con– tento ugualmente. - Capisco.. i tuoi trionfi ... - I t·rionfi wstano troppo, Anna mia ... se tu sapessi le guerriciole , le calu·nnie ve– lenose, le picco le invidùe colle quali gli av– ver sar i ce li fanno swnta re! Ma io provo una vera gioia. nel far del bene ai miei si– mili , diffondendo fra loro il verbo socia– lista. Com'erano giun,ti dinanzi all'abitazione di Anna, si fermarono. - Vuoi salir e Cesare? - pregò la donna con dolcezza. Sali-rono. La ca.sa era povera , ma tenuta bene con ordine sorupoloso. - Come ti piac e, la mia casa Cesare? Deve essere molto diversa dalla tua , dove ti attende forse il sorri so e l'affetto di una donna amata. - Non ho· avuto più donne dopo di te Anna. - Ti è bastata la prova - mormorò An– na con tristezza. - Non é per questo - ri spose Cesare, come per consolarla . - Ma come fai a vivere così, senza af– fetti? - Ed A,n,na dimenticava oh'e lla vi– veva pure così. - Ho il mio idea le. - Sei più felice di me - sospirò la don- na, e come presa da un bisogno di confi– darsi raccontò la sua vita fredda , vuota , uni– forme, la sua vita di lavoro e di sacrificio, priva di sorrisi e cli conforbi senza ricordi e senza speranze. - Senza riCO'l'di?- interruppe l'uomo stupido ed incredulo. - Ma non è possi – bile, tutti ne hanno., o lieti, o tristi. - Io non ne ho perchè non ne voglio ave. re. Perché dovrei ricordare il pa&sato se il passato è pieno di tristezza e di errori? Che cosa dovrei sperare daH'avvenire , se l'av– venire do,vrà per forza rassomigliare al pre– sente ? lo vivo come una crea,tura che si de– si i ogni giorno ad una vita. nuova. - Ma un,a vita nuova ha pure i suoi sor– risi ed i suoi sogni. Perché disperare? - Non •dispero , mi rassegno. - Lrurassegn azione è debolezza . Bisogna spera re, credere e lottar ~, cadere , magari, ma per rialzar si subito più temprati più forti per lottar a ru1cora e sempre, perc hè la vita é una lotta continua. - La vita è dolore per m~. - Povera Anna,, e v'er a tanta pietà in quell 'espressione ch'ella sen,tì le lagrime sa– lirl e agli occhi. ~ Tu.tto per colpa mia - continuò l'uo– mo, invaso da una tenerezza str uggente per quella creatura che era stata sua u,n giorno. Non per colpa tua - prntestò lei - io non ho sap uto compr enderti! - Non ci siamo compr esi - corresse Ce- diiaiLarnentemes si sulle nostJre tiraccie. Durante 11 1·ito:rno ognuno dli nrni era scou,tato da dieci uomLnj a.imati! Gli studenti fuJrono invia tli. nel– le mùniere di Jakutsk, nelle squallide solitm– dinj artic he, là ciiasotrno donrniva in s,udicie capanne cli fango insielll.é "' deò harb,wi mcm– goli e ailJe loro bestie, chiusi per tiuito l'in– verno in un 'a1t.mosfera soffocante, nause.bonda e sdraia,U s.op1•a un letto di p8lglda suilicia. Quandio gli esiliati ce11caronQld'uscire per Q.'e– spiTare un alito d'wria rprwra i monglOM incari– cati della loro som~egliianza li obblrjigia:rono a l'ientrare. Due giovinette fig1ie dei nostri ami– ci: Rosa F·ra:nk e Vera Sceitell, tutte e due ;-:;.tudentes se di medhcina aU'Aiccademia di Pie– trobuirgo, flll 'OJ10 inviate, l'una sepruro.ta daiI– l'altra, in questi villaggi bllil1-b.a:ri e vi visse ro anni e anni senza ricovere notizie del mondo civUe. Alouni c.51iliati finirono p-er imp.a:zròre Uno di q,ue.sti tre, studenti mori, il secondo è attua1lmente malato d.i tisi, il terrzo riusc ì a fuggifle poi fu di nuovo rip1reso e con dannato a. otto anni di lav ori forzati, riuscì ancora ad evacLere ed attmaù.me.nt.e Lotta anco ra per la nostra. gran.de caro.sa. CATERI:-;'/\ BRESIIKOVSKAIA . (Tradutlrice Giuseppina Moro (Cont inua ).

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