La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 20 - 7 novembre 1

PRINCIPIO DI CARRIERA (IL GARZONE) Ha dieci anni, è un oiondino pallido, con gh occhi grandi 1 le braccia e le gambe lun– ghe e una andatura un po' dinoccolata. Vie– ne a boUega al.e :::ei e mezzo masticando del 1,ane. attacca ad un chiodo la giacca ed il cat}pello, indos a un grembiulonc e si mette a fare la l ulizia. La polvere si leve. densa, ed egli se la beve, il povero biondi– no : ciò non ;·a trouro bene a' ::i10i gioYan i polmoni. e non è neppure molto piaceyole; ma è il suo doveri'; e il dm·ere (gliel'hanno frs ·gr.ato sem, re ) bi:so.;na fcr~o a costo di qualunque sacrifiz,o ... Peccato che il suo dm·ere sia così bruLLoe cru dele, poyero b;on– dino! Tutte le ma~~ine, ma più tard 0 1 egli yede passare dei ragazzi dell'e'.à sua \alcuni già su,. :-i com,. ~°lli di scuola) ,·estiti assai be– nino, con lo zaino alle si alle, e Yanno a scuola : ce n·è di quelli che sono già in gin – nasio e in tecnica. Ecco! anche questi Yanno a compiere 11 loro dovere; ma è un D.overe molto più comodo e att ,·aente .. Chi sa per– ché, quell a differenza? Eppu re ne ane bbe bisogno più di tanti di non strapazzars i I Perché du nque? ... Egli è figliolo d'un po– \·ero diaYolo d'operaio . che sgobba, sgobba; ha dei iralellini più picco!;, ed i genitori hanno bisogno che lui, il primo, cominc.i pr.est-0 a guada gnare . Gli hanno lasciato fi– ni re la terza, e poi l'h anno messo a fare i l gar zone del falegname . PoYero Pinot! gli è ri ncresciuto la.sciar e la scuola . sapete ? :\'on già che fosse proprio uno dei pi ù distinti; ma insomm a riusci\~a al rari di tanti all ri, e gli la tr istezza ve– de rli seguitare e lui non pote.re. È un'ingi u– stizia! :\leno n:ale, potranno poi i suoi fra– tellini .. Lui andrà alla sera le fr a due annii. Forse che gli dispiace laYorar e? ;\!a not Pinot è un raga,.zetlo di buon a rn lonlà, e lan,rare non gli dispiac,,reobe danero; ma gli piacerebbe pure pote r Yivere un po' la Yita degli alt r i ragazzi suoi c-0etanei. Quan– do passano correndo e gridan do per la stra – da come puledri sbrigliali, il povero Pinot si sente prude re le piante dei pied i, li man– gia con gli oc.chi, si sente strugge re cli den– tro di desider io. E allora succede che lascia cadere qualche oggetto e s·inca nta . Allora sono rabbuffi dal padrone o da qualc he la– Yorante : r Boja Fau.~.,f non ~a far alt ro che dei e:uasti. quella marmotta! » . Povero Pi– not~ L"unico suo S\·ago è qu and o va in com– IP.lssione. Al lora s'indust ria a procurar si un J)-0'di spasso : se può imbatte rsi in qualc he am ico, in qualche compagno, allo ra si tral,– tiene cinque minuti a discorre re. Francesco è un socialista : gli piace d i– s.corrE=recon - li altri laYorantl di certe co– se. Pecta~o che quegli zucconi s;ano restii a rag!onare sul ::;e.r:o- « Gua1date, - di– ce loro. - che sisl,(,ma balordo' Xoialtri , fi– gli della plebe. siamo obbligati a un lavoro manuale. an,ssimo pure tutto il talento im– maeinabile: e siamo costretti. ancora piccoli come Pinot maga ri deooli, malaticci, a pie– gare il collo al giogo quando avremmo biso– gno di Iiber'.à per J)-Otercisviluppare bene: e [)<èr .-iun'a non pcssiarr,o tante rnlte met,– terci -ad un mestie re di nostro gust-0. Poi. Yedete. oltre a non avere istruzione, perchè !asciamo !a scuola tropJ)-0 presto, e quella poca ci da scarso frutto per tante ra.<)'ioni, non possiamo neanche istruirci bene nel m.E:s::ere. ApprP-rvli .ta Yuol quasi dire uno cfte n&-n appr,:,nrfi, niPn,tP. Qurl f,OV('fO Pinot mi la p<-na. Bi-'Dgnerebbe sempr~ che gli mvstra.-:-simo qualche cosa, se no si annoia si roasta. E poi non vede quasi mai i suoi. Bi50~r.erebhe ·h'3 r.oi gli faCE-SSimo un po' APPE:SDICE 6 COM::,~ :~ORE I Rousseau, prevenuW, $a che l? :-;doglirn~nto 1ata!e s'avv;cinf.l; ma J"inventar10 fo t~a ·t1,~n13 in rit:gvzfo, ed è mo.to se fJUù di tra:!-'J I'}_ trat– tr., far su unél. ~cJppata. Sale quan_uo e_,: an– cora 51 dottr.,re, r,oj :;.e ne va con lu! e r1a_r,r,a-– re fJer un i~tante (>rima del!a co_la:zìOne; fm~l– merit.e <J.iJe undici va a cor~car<;t rn fon,Jo <.1d un gd)in,_tto o e <b fattr.i fJH::';)~rare un lett,1 di cin;'.(hi('_ Cb cura 1•·n~erma ,~ la sen·:-1, d nome Francesca, u11a ra;razza al\'trgne~e: [J(,· f"O pulita e as.,:;ai m,~!J'J aff 1biJr~ ~ co~"~- Scu'J· te :a mc,rente con mano tri;VJ,Je, lf porta. I•: medic'.ne, :mbror1 ·: :i.ta : fa un fraca.sw df':!l dia– \·o!o sc'.J(!ando la r·arnera, die, ,~ 'aJtrond~, Li– scia in uno span:nte,ole d ~o:·d1!1~:sul c·om? c.:;j \·e<lono fiale tutti:~ Jrnpia.~tr:.<-Clat.e; . l~ cat.• nelle n•m ,ono mai lavafo; 1 can?'.-~L""' fJ€~<fo– no Jun<?o Io ~chierwle rfr•ll: Be<l1~·; non :-1 sa do,·e porre il f)iuJe t·•nto Il p~vm,ent-0 è tn· p-orr•hro. Ade'e tut'a\ ia nùn f,I lr1menta e s~ bnita. a bus-ar -.ulla pnrete col pug110_ pt1 ch·amar la "f:>n·a, q:Jando quest:1 nrm si dA– ,cma. di ac("orr,c,re aE:i prima chiamata. Ch~ diantlne! Fran< ~ ca non ha ~oltarito da curar I LA DIFESA DELLE LAVORATR ICI da pa dre, che l'ai utassimo a dàe ntar e un uomo diiscon endo con lui p:iacevolmeniie, ma da senno . .Abbiamo lanto bisogno noi– alt ri operai di avere nella nostra classe degli uomini di propos ,to. Perc hè è certo che la nost ra vita, come quella di quel ra – gazzo lì non è Yita da uomlni, e abbiamo bisogno cli uscire dall'avvilimcmt.o in cui siamo, di togliere v,a la schiavitù dei ragaz– zi, di assicu rarci una i~lruziono maggio re, di ridmrc la giornata da poter dire che si ,·i,·e. E tutte queste belle coso non possian10 aspettarcelo da nessuno se non pensiamo a conquistarle da noi. Procuriamo dun que di migliorarcj a vicenda e cominciamo dal garzone)>. Franc esco ha ragione; l'avvilimento de-i laYorat.ori (se non com incia pr ima) comin cia dal giorno che ent rano nell'officina troppo giovani, deboli, inespe rlj 1 da quando sono garzoni . La loro 1igeneraz ione, la loro re– denzione deve com!nciarc di lì. FABIO ~[AF FI. Alle donne. \"edo con (Ili occhi dell a ment e, le madri, le spose, le sorelle, le fi.dan :.ate dei 1ni lit ari lon– tani, e risen to in cuor e l'eco dei loro pat ime n– ti, delle L11(111ile loro amare;;;;:;e e pian ti !... Quando 1n'inco ntro in u n vor talett er e, affi s– so lo sguar do sul suo carico e penso alle don• ~tJe~~~~e 'g f :i;c~ 1;~~l,e 1 ;~~7o 0 dt te:t '~~1~ 1 ;~ 1 ~~ 1 :f Jer~ li dai loro cuori ! lo m'imballo in qualcu na di queste donn e che par lano ai lo ro bim bi, del pad re lontano, sorr ido alla madre, p er i,i fonderl e coragg"io, e capisco, dal sorr iso che mi ricam biano la cer– te:.:a che sono compresa nella mu ta espr essio– ne di solidarie tà. E molle volle, osser va11do i fanciu lli e le donne caric he del lat'Oro febb ril e pei militar i, io conside r o lo stato delle loro anim.e e lo tr o· vo tristemente bilancia to dai gr avi fard ell i che ora vort ano! ... Penso : lavor ar o per farn e abili che i loro Cllori r i[ uygireb be1·0 dal fare; abiti che devono ri vestire uomini cari ad altr e donne! ... Quanta triste:.:.a u mana dilagant e nel cuor e; come il vensie r o fan tastica sull e crude verità della vita I Una ma dr e, alla qua le or a il fi glio in gu er– ra è morto, scr isse u ... au gu riamoc i che il san , gue sparso r echi in avve nir e una pa ce dura– tura... ,,. :\"ell'albero eterno dell a vi ta le genera;;;ioni si sussegui rann o, n oi ce n e an dr emo, come fo– glie avulse ; la voriamo ora dun que con fede ; le gener a: ioni fulllr e godrann o il benessere che le nostr e idee loro pr epar ano e cert o n on solo la ])ace sarti all ora duratura , ma anch e la feli cit ri I ,n ano. EMIUA CANDELART. LA FIAMMA PURIFtCATRICE Xoi amiamo la fiamma , non gi à. per la ma– cabra. \"isione del \·erme che rod e le carni -inu– mate, poichè (e lo di1nostrò un grand e testè morto} es.:o rifugge dalle salme ; ma. s:bben e, per un concetto ed ll..!l.a ragione p iù al ti: queJ. lo di ridare immed:atamente, aJl'un iver sa na – tura ciò ch'ella ci diede, onde favorir e e per – petuare !"alterna e tras form atrice vicend a deL la ..vita. E pe r un concetto d' igiene, in nom e del quale . anch e la ch iesa . sulla fine del secolo decimo otta,· o, d ava il bando alla tum.uJaz,ione nelle {'hiese. E per i JJI"Oletari, non è meg lio la fiamma dell'ossario comune, poichè essi, ne mm eno sot– to terra., Pl•S:'!ono dormire in pace? La d1cenna'.e rota z·_one dei cimiteri, impon e che i lor mi~eri 1-esti, ogni dieci anni, vengano gettdi nel:a fo!'-s-acomune : ,·ergogna dei n o– stri tempi e insulto al dolore del soprav\' ive,nii! Si, quando si ,rensa c-he la. t.eJTa, coma quella. dei cimi~eri. soprasatura di m~.terie organic he, rifiuta il su o f-••n:izio ; cosi ccilè quand o una fo'-"a viene aperta per la seronda e la terza ,·olt n. \'ien dato di rin\'enire i corpi pressochè int~r: e sap(mificat i che vPngon buttati a con • ~iiUJ~l:'1·:;i, ni:ll'o:-,ario comune, a migliaia d'al · tri c ,rpi die li hanno prerednti. (J~i ! per quest'obbrobtio, innalziamo rog hi , jr,·•ef'P, l]j ~,-a\'a r tombe! \' ·ione artbti<" e poetira., <' quella di venir lei: dern t, ll':!J e :n b,.,on a~ seJ.o la hott.,gn. , attendere alla cucina pel padrone e i commes– si; stnza contare poi Je comm1~s1oni Ua ~e– guir:,i 1Jn {lfJ' qua. un ,po' là, fuori di casa, ed :dtre fac~"ndc imprev:ste. La signora perciò nùn r,uo r,retendne d 'aser'.a <.empre a.Ue co– sto li?. \"i, ne q1rnn 1 ~0 r,uò, oh tiella! Adele pure nel letto, s'r,ccupa del commer– cio. Ogni c;,,ra s'informa. come r:.:ia a.ndala. la ,·endita; linve,iL-..rio la pr eoccurpa e la tiene ;nqu:eta. Qw1ndo ha pre~so il marito, nelle hre·;i a,1,11:.,ril.ioni,non lrJ intrattiene mai della S<1lute, ma sibl1, ne dei guadagni prohaDili, ed è p~r lei un grave tn1ccio il .-e11tire che l'an– natri. fu mediùcre e che fò;-i sono incassate ffi \l– Ir'.cinr1uec,nto I.re meno dr!ll"annù precedentP. ).fontrr i; al'sa dalla frbbre, rico r·da. le ordin:1- zioni dr!llfl settirn:1na "",l'Ors.a, ~broglia mPntal– Tllf:nte cr1nti :1rruflati; dirige, sorwc_g-lia il nc– grJzio. Ed è lei fJer la firimn cJie rimanda. il rnarit.,, f-e indugi:, hoJ)JJù nelh stanza.. Tn11- to, e< I l'imanerr, f~li non l<· ridà la f-"alute P p11iJ i,,veu• r,.ornr,rr1mP.ttPrc il buon anr 1 arnen:o degli affari. E sicur, ct:e i cornn,e.:si ~ rie "Vwno ,,z:a.nrfo, e :rii ripete perc:ò: \'a·, \:1' ·n tJO!lPg-:1, rnro. CrNli, non ho bi5rJ~fl11 rii riu lln ... A pr<>pos tu, ha.da a prov– ve'JP1t· a t,~mpo di quaderni pel'chè i~ irnmi– nentr: l'ar,ertJJra (folle stt.OIP f• noi non dob– bi,1rno r~.~' ne privi. S'il11J11eSIJl suo !'ltato. ~pera sernprr~ di Ia– s,.,iare il l~ttQ all' ir.dr, rn:ini e rip~J'are il suo fJ'J'•,t•Jal b:1nco. Fonna r,rr1getti: iJPfJ€'TIU <.:1tù in gr :H.lo ,Ji U'-;Cire, ,.,i rechn:.1nno entrambi a pa~.;ore 1rna d<,menka a S:1int.C1011<l.!\on ha m:'ii Y:ntito un si. vi\'o dPsiderio d1 \·edere de- s.epolti sottote rr a e dar 1ini a col nost ro di sfa.ci – mento, ad un albe ro che iposi accanto a noi le sue ra-dici : rna la fiamma e la colonna di fumo che s'innalza vertiginosa n"el cieJo e in esso si disperde, suprenlO olocausto del nostro e ere, all'uniyersa natura, è ben più grandio– samente bella e vera ! ENRICA VIOLA AGOSTIN J.- SOCIALISMO E CLERO Una delle ragioni, anz i la ragiono più forLe 1 per cui il socialismo conta i suoi ne– mici anche nella classe lavoratr ice, è il pre– giu,dizio che perdurando attraverso i secoli, y j domi1"!aanco ra soyrano . Ed è semp re il prcgit.dizio stoll o o dannos o che ci rende ostile la maggio r pa ,·te dell'elemen to fcm- 1ninil c, a cui il nost ro sccLticismo in fatto di roligione, ispi ra un senso d i avve1·sione , dir ci quas i di orro re. Ci accusa no di ate i• smo, eppure non dovrebbe essere chiamato col nomo di ateo, chi spera e credo nella redenzione del popolo, chi lotta per qu es!a redenzione, an ima to da una salda le,de e da un grand e amo re verso il prossimo. E noi per ,prossimo non in tendi amo i privil egiati della fortuna, ma tutti i deboli, tu tti g,li oppressi, perchè abbiamo fatto nosbre lo parol e del Nazaren o ((Non i sani hanno bi– sogno del medi co 1>. Se noi non stiamo coi mod erni farisei che osano chiama nsi mini stri di Crjsto, mentre sar ebb ero i pr irmi e forse i soli, a per segui– tarlo s'egli tornas se in vita, è. perchè essi non seguono la dottr ,ina del grand e ma estro. l\o·i pur e ammiriamo con fervido enLusia– smo i primi v,eri cr:stianj_ che affronta rono impavidi il mar tirio e la mor te, per il tri on– fo della loro idea, ma quan do da inqui siti si fanno inqui ~it.ori e da vit time si mulano in carn efici, quando costringono Galileo Ga– lilei a ritrattar e una g,rand e verità pe,rchè essa viene a sfatar e una leggenda della Bib– bia, quando benedicono la strag e degli Ugo– notti, ordinata da un re cristiano e da una regina purtro p,po italiana , quando accendo– no i roghi per ard ervi migliaia di infelici in nome di un dio d i giustizia, di pietà e di misericord ia, allora tut to il nostro es– se.re insorge contro di loro con orror e e con disgusl-0 come sar ebbe insorto contro Cris to se i,! suo tenore tli viLa fosse stato in con– traddizione coi suoi insegnamenti . Per questo noi siamo oontnari 1 non al cri– stianesimo, ma al clero, per qu esto e per– chè il clero appa rt iene a que ll'inutile clas– se cli oziooi, che vive alle spalle del prole– la~iato mantenendolo in uno stato d'igno– ra.nza o d'abbrutim,ento. D'ignoran~a perchè ,.imponendo ad un in– dividuo di accettWJ.e i dogmi come sono, sen– ~a discutedi, lo ,rrirn della facoltà di ra– gionar e, gli tGglie il diritto di usar e della sua in tellig enza, del suo buon senso che non amm ette, che non pu ò amm ette re certi misteri negat'i o svaporì zzati dalla scienza. D'abbrutim ento, perchè pr edican do la ras– segnaz ionf, il clero sancisce quella schia– vitù che Cristo avre bbe voluto abolir e, la dell'u omo libero un essere p'l'ivo di volon– t.à e di energia, soffocando in lui ognl vel· leita d i rib ellione , rendendolo simi le alla bestia cbe si lascia trasci nar e all'ammazza – toio senza offrir e resisten za alcuna. E la reazione è, non soltan to utile ma necessa ria per le conqui ste del proletariato e per abb aLtere certe feroci ingiustizie che oggi gravano su di -noi e domani grav eran· no sui nostri figli. Eugenio Sue nei suoi .ll isteri del Popolo giustamente afferma : ((Non v'ha riforma rel igiosa politica e sociale, che i nost.ri pa• dri non siano stati costretti a conquistare, cli secolo in seco'o, a costo del loro sang ue, coll'illriu rr ezione 11. MARIA CERRI. gli albe1 i. Senonc l1è, una mattina. s'aggrava ad un ti•atto . :\'ella notte rnent r'era sola , ila compreso che l'ultima sua ora stai\ a per suo– nare. Non dice nulla fino a sera; riflette, f:sso lo ~guardo sul soffitto; e la. sera trattie n e se. ro il ma r ito con cui discorre tranquillamente come si tratla.-se di sottoporre a1 suo esame tina fattura . - Ascolta, - gli di ce, - an drai domani d a un notaio e lo condu rrai qui. Ve n'è uno a,p– fJJ'C-.-;.-;o, in via San Lazzaro. Perc:hè un notaio? - esclama Rousseau. - '\on sia.mo certo a tali est remi. For~e no, - ripigLia e,.;.sa sempre con fa– ro <·:l.:lno e di d01ma r~,frione, ole. - ,\d ogni 111odo il sapere che tutie le nostre faccende so– no regol;tf.c metterà. l'nnin10 in pare. Ci s:arno sposati col patto della. comunione di beni, quando non n,vev:uno nè l 'u no nè l'alLro jl hecc,, d'un quattrino. Oggi che abbiamo da TJflf-te quHlcbe soldo, non voglio che i m'iei pa.. n·nti vr.ngano :i spoglial'ti. Mia sorella. Agata., ~,er e.... emp:o, non ~i contenne con noi in modo rhe 1,J :ìbbia. a da rle Hppiglio di pretende r e alla rnia eredità. Pre ferirei portaimi mero og-ni cosa. E vi s'impunta, rosi eh<>il marito f' coslret– t<J il <lì dor:o ad aridare in cerca del notaio. .\del,. interroga. C<>st11i a lungo, de'-ideran do <"Ilesian,, prece tutte le precauzioni irnmag"i. nn.lJili e cbe n,,n vi sia. il niì1 picc-o!o motivo a <' 1 mteslazi on i. .\llorchè il l(><.tamento (i fallo e 1/ nCJt:-1iopartito, l"~n, sten<le<.i sul letto mo r– rnnrandn: - Ora morirò contPnta. :' .I.re la son mPT'itatn. la t:1m1rn-~n. e direi una hug•a se afferma.e.si OSSERVANDO llo incon tralo per la strada una donna che faceva una gran scenata a suo figlio; un ragaz:;eflo che avrà avuto, al più al più, o/lo anni di età. La donna gridava inf uriata e di tanto in tanto, assieme alle male parete lasciava andare pugni e schiaf fi, su lle spalle e sulle guancic del figlio . Un callivo sog– ueu o, diceva lei, che avrebbe meri tal o d'es– sere mnrna:,:.atodi bolle. Jfi fermai a guardare meglio il catt ivo soggetto; era un /anciullello, com,e cc ne sono tanti Ira i fanciulli del popolo, piu t– tosto bello e st1,1patico negli abiti 1nisLrucci, con delle ga,,ibelle nervose da pule drc!to irrequieto e con negli occhi - veramen te belli - lo scin tillìo della vivacità propri'! ai suoi anni. Cercai cautamen te di calmare la donna e le chiesi che cosa aveva mai /allo qul'l po– vero fanciullo di così enorme nienle grave. cc Che aveva /allo? Ma una tulli i giorni ne / aceva! Non stava mai quieto, correva, sa[. lava tullo il giorno. Ora lei si c.ra 'accorta che aveva già rotte un paio di scarve risuolale da appena sei settimane. Per risuolarle di nuovo il calcolaio avr ebbe voluto più di du e lire, e lei i soldi non li trovava per strada . 1-lh! quel ragazzo era Ùl sua disverazione . Jl aledetti coloro che d 0 sidernno dei bim– bi! 11. E qui una nuova filza di mal e parole e pugn i e schiaf fi . E pianti e gr ida del pic– colo. lo guarda i quella madre, gua rdai quel piccolo e avrei voluto con lutla l'anima po– ter fermare sulla tela o nel marmo quella scena crudele di snaturata mat erni! à per poterla gettare in faccia a tulli i morali sti, ai pedagogisti lutti di questa odìerna civiltà e gridar e : no, no, sarà vano, come quello di Sisifo , lo sforzo degl-i edu catori fino a quando vi saranno le madri che martoriano i figl i assillat e dal bisogn o, snat!lrat e dalla miseria. Occorre vr endere il piccone e dare ad– dosso al tron co inf etto di qu esta società che m ette la madr e contro il figlio e al figlio nega - per la stessa bocca della m adr e - il diritto al nw to ed alla vita, se veram ente si vuole rigenerare il 1nondo ed elevare la U1nanità. Bisogna risolvere anr.itullo il problema dal pane e della risuolatura delle scarpe. Così, volgarmente, ma umanamente e san– tament e. Per redimer e sopralullo la mater – nità e colla rnaternità il mondo lutto. GE M ME . Allecompagne socialiste! Dalle co-lon ne di quest o ba tt aglie r o giorna– le, rh·olgiam o alle compagne dei Circo li la nost ra rpaTola di fede e d i sper anza , che sem– pre ci ha acco mu nato ed anco r ogg i pi ù che mai siam o un :te come vere sorelle e ci sen– tiamo convinte dell a bontà cteUe nost re idee. Come vi sa rà no to, abbi am o costit uito un fort e cir colo di gio vane tte piene cli energia e ,·i ass icu1·:amo che in tuttP le com pa gn e vi è la ferma ,·olom à d i man tenere sa.Ida la com– pag ine deJia nost1 a feòeraz.ic ne. :Mentre le file del nost.ro pa ,·tito si vedon o tutti i giorni <liminuire re r la. gue n a scate – natas i nel mond o e che sott rae miglia:a di giova ni aJ'e civ ili !JattogLe del pensie ro, in que ~t"ora cli ans:e e d i raccogl.iJne nto, no i di ?-.Iol:nella , colp it i da una feroce reaz ione bor– ghese , domaridiamo a \"Di tutte, o compagne sodalbte, in cao;o di bisogno , il \"Ostro voto di solidarie1à. E inviandov i i più ca ri :::;aluti \"i promettiamo che combatteremo sem pre e senza tregua per il socialLsrno e per l'Inter – naziona le. La Commissione Esecutiv a del C. G. F. di Mo– line ll a. che non la rimpiango . ~la alme no ci an dra i tu ... Promettimi di ritira rti nel ~ito che ab– bia.mo ~-celto, ~ai bene: nel villaggio ove è na– ta tua 111adre presso ).fehm ... Io prove rò pia– cere come se ci fussi anch' io. Il marito Jiin ,lge a cald e lac rime ; ma essa lo con~oln e lo cons'glia con savie zza . Ca.so m a.i s'an noiasse a .-:,tarsen e solo, farà bene a riammoglia rsi. Gli conver rà _però sceg lier e un a. donna atlempatella, perchè le ragazze che spo– sa no i l\edovi, -da null'al tro vi sono indotte ohe da tm ba~ ~enti menl o d 'in te1 esse. E gli indica una signora di loro conosce nza, cui es– sa sarà li eta di ~apel'lo un ilo. Poi, in que lla. medesima notte enLra in ago– nia -spa\ entosa. Soffoca , non f a che, in voca r un po' d'ai-ia.; e inta nto che Fr ru1cesca do,m e su una ~eclia, Housteau , r itto in pied i prnsso il capezzale del letto, tiene stretta la mano della 1norente, a ::-ignitìca rle ch'egli è là pr esente e che non l'aJ)banclona. D'un lra.tto rii mattino, Adele prova una quiete profo nd a; è bia nchis– c;;ima; t:en gli occhi chius i e respira dolceme,n_ tr. Il rnarito, \"C~dendo ciò, cre de di pote r scen– dere ron Francesca ad apri r la bottega, e quando rba l(', lro\"a. la moglie bianca come prima, irrii:ddila, nel medesimo alt.cggia .men• toi solo che le si sono aperti gli occhi. È morto . ( Gontinua ). monamento a nuo alla "Difesa,, l. 1 ~0

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