La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 13 - 18 luglio 19

== =========================,..;L,;;A;,,D;;,I;;;F,;;E;;;;s ,;;A.,,D;;_E;;;L;;;LE=L"'À"'V"'O"'R""A""'l'""Rl=C""l============= = == = == =====- UNA ST 01' IA I due proiettili bigi , nel piccolo cofano d ·ar– gento cesellato, si raccontarono un giorno la loro storia. Uno disse, u lo ho ferit <-1 la mano che mi mi.se qui, pie– tosame nte, come una reliquia. la mano d·un ro– busto e valoroso soldato . Q11ando il chirurgo mi levò dalle carni vive io pensai gcardando il gio– vane un po· pallido, ma animoso ancona: u Per fortuna ! 'altra mano che ha vibrato il colpo. ciec-amente, non ha colpito giusto. Io ~ono lieta di non aver dato. nell 'artimo bre– ve della mia vita. la morte. Qualche volta il nostro cofanetto lo apre la vecchia mano della madre. e vorrei poter dirle : (( Sei conrema? Egli è ritornato. Tu lo puoi vedere, back1re come prima , e lo benedirai an– cora prima che i tuoi occhi si chiudano >i. L ·a 1 1ro proieuile bigio raceva. u E ru. gH domandò il compagno? Non ài una storia ru? << lo ho una breve e triste storia. dis-se il compagno. Fui dimenticato per molti giorni nel– I '2.ngolo buio di una fabbrica e, giorno per giorno seguii l' oscura e dolorosa virn. d ·una donna che lavorava là dent ro. ,\\i la\·oravano le sue mani febbrili. E anche lei aveva un figliuolo al campo. Non era una donna forte, era una creatura serena e dolce, a cui !e madri. che facevano il sacrificio della loro marernirà, per una causa anche superiore. su– scitavano, un 'ammirazione paurosa. Pensando al figlio con quella sua tener ezza che pareva devozione. pregava: 1 La \'ita mi tolga rutto meno lui n. i\on vi sono delle madri che riassumono. nella loro- maternità ogni forza, ogni fede , ogni moti– vo di vira? Eppure quella madre, entrava. ogni mattina, nello stabilimento bigio, occupava le lunghe ore della giornata nella lavorazione dei proiettili mi– cidiali. E lavorava senza pensare. primo di rutto per– chè lavorando il pensiero aS'Siltante del figliuolo lontano la tormentava meno. poi perchè le ore scorrevano più rapide nel lavoro, infine perchè bis0gna mangiare. Per !a fabbricazione intensa dei proiettili ave– \·ano fatro appello a!le donne , perchè gli uomini v'ilidi erano al confine. Le donne avevano accet– rnto ir. massa. E aveva accettato anche lei la iccola do~na dol:e. Diceva sempre. nelle lun• ghe ore di lavoro con le sue compagne.: Purchè la nostra patria esca vittoriosa dal- la guerra! E il cuore le diceva. con timida voce: " Purchè tuo figlio torni vivo! ii Di:eva forte vedendo i bei proiettili ammas– saisi, come giocatt oliri per bimbi. lucidi e so– nori: APPENDICE Ga casa ospit aie ~ella prim a gio;, inezza a.veva amat o le pian– te. La stan zetta. ov'ella e zia Rosa abitavano, era stata per qualche temp o una pic cola ser r a, ove. anche d 'in verno, avevano fiorito viol ett e gerani, garofani, gacinti. Ricor ~~.va la sua le– t:zia p1;r ogni difficile nu ova fiontura. Q·Jandp. e~S-"'ndo fuori la nebbia e la neve, \·edeva aprn- . ~i rim idartl'! ll~!':. q Jasi paur osa di ciiJ che avreb– be d ,,to, una corolla tenuP, bruna o bia.n– i::a, pro·.-a\'a la gioia di un~ vittoria cont,ro la legge che as~egna alla pr1r?a vera . e ali esta – te Ja fe,ta dei prof umi e dei colon, contr0 la indern enza dell'inverno che condann a I~ pian – te alla ,;;terilita e alla morte. Ed era gelos!i. de· .'-uoi fiori, nè Ji f'O.Zlieva ~e non er la Ver:?lne di zia Rosa e per i suoi morti. Qualch"' co'èa di ~im'le. ma d pi~ i!ltenso, pm\·ava per il bimbo de· s110i padroni. :'.",ir,n er :1- anch'e~li una tenera pianta bi-:;rJg:no~a rJi :3"– qua. di f'aldo? :\'on avr~bb~ an,.h·l:'.tdi dnto il suQ profum o, fatto di r,arole, di :1tti. di v.ta , di una vita non effmiera ~ome quella del!P sue piante? Quand o, rfopo J1m:ihi mesi. la a:.ig-nora torni, alla sua r·;1sa, tro--vò che nulla era m11tato e r,areva rh ·.,.Jla fos:::e stata assente rrn giorno ta nt t"JJa .,olontà, l'amùre di ~Iargtl.krita ~1• e\ a– no mantl:'nuto 1'r.1rdinP, Jp :.ibitud: ni. l'a.,r,ettr, del l~ coc.;,. \' olle dngrd.Ziare di •utt~ q1wll~ .-Je\·ozione; \1ar.:therita ~i mostrò meravigJinf:t e dnr::tte drJlente. HingraziarJa perr'.h~? PQt,-r;t fare di merJQ e di\·er~a.m~nte? Xe!l'anirn:-i drdl:-1. FE'mpli<'r ereat ira nr,n n'!-sceva iJ p1:.-nsiF:r? r·he i suoi d<J\'l:'ri di domec;t1ca vec.sPro un J:m;fP: p1Ji<'hè :r ella pe r :ei na .la ca'3a o,;;pitalP che l'aveva tolta <J.Jia 'KJIHudme ed Ha. )F:i:r:Jta a que lle bimbe che ~,Jrrevano a lei r,er fJl'fJfP.– zion P, al piccino rhe Je Y,rrl,deva già in mr.,drJ dJver~o che agli ::iltri. a quella signora fl.ne, deli~ata. c:c:anpata allo ra ::illa rnoW, a q,Jel c;ignore riffettu,Jso e carte-:;e com ·e'-,,s: ,~r<JflfJ le– ::a1i n J~i E pas.:arono dr-~Ji ann;. Tr a. il birnb(J r:he di\'ent::isa un fanciullo ~ ~largh erita the dinmtava vecch)a, si c.tabiliva– no sérnpre più ~tretti legami. La d0nin1 an da– ,·a aJla finestra r,er \'ederfo tornare d:.1~cuoia, egli corre\ ·a in cuci na a cerc~rla, r4u:1ndo nrJn la "ede\·a ent r.:Jndo. ~la l'" bimbe, diventan do gio\·inette, si staccavano da lei eh .. rbta,·a sempli ce. rozza, m1::mre e;,..-se raffinavano, ca.In• (( E· impossibile che la nostra patria così forte non vinca! )) E qualc he cosa le serravra il cuore, subita– mente, quasi come le inconscie mani di un bim– zo. Dacchè suo figlio era lontano ella lo aveva semp re presente. piccolo e ignaro, che riempiva di giochi la ca9a. Allora la profonda voce del cuore si facev,a semire: (( Purchè egli torni. Vi sono sventure che su– perano il limite del soffribile. Non può accader– mene una così atroce. Perchè sarei vissuta? Perchè vivrei? >1 E con quel pensiero atroce lavorava e lavora– va ai proiettili micidiali. Un giorno io uscii dallo stabilimento , fui rin– chiuso in una cartucc iera. Il soldato che mi doveva usare marciò e mar– ciò con a!tri, per ore ed ore. Io li sentivo car.– tare, riposarsi, ridere, piombare ad un tratto in un silenzio grave. Qualche soldato cadeva, ogni banto. colpir0 eia una scheggia di granata. Una notte anche il mio soldato, p;l~gò cnme– fulminato. Non sentii più nulla. Le p1·tiglierie tacquero ad un tratto, il pa o L:ad·~nZl!ltodei sol– dati si perdeva, lontano. come ur piccolo ru- more indistinto. 1Y\aad un tratto senili che qusl– cune s'avv icinava , furtivamenre, al s\1ldat'J mcr– to per levargli lo schioppo. Cap ii che s·ena av• cinata una patt uglia nemica. Appena disarmati i soldat i morti fuggì. Mi dissi : u Ora la sorre può riserbarmi l'ironia tragica di uccidere uno dei nostri ». Ho ucciso infatti un giovane nostro soldato. Quando sentii che lo frugavano per il riconosci– mento stetti in ascolto . Sentii i! nome del soldato, poi il nome del padre, del!a madr e. Ah. come avrei voluto aver vita e voce! lo avevo spezzat::> il cuore del figliuolo della pic– cola donna che mi aveva rotto, nel laboratorio lontano. coi1 !a \'ita che pareva sfuggirle, pen– sando al figlio. Ma meglio, meglio non poter dir nulla! Fui raccolto, e sono qui, come un ricordo. E di quell a madre che ne sarà? Aspetta forse an– cora il fi~lio? Le sue piccole bianche mani la– vorano ancora al!a fabbricazione dei proietti li? Si congiungono pregando perchè il figliuolo torni, o si torcono. nella disperazione , perchè la terribile notizia le è arriyata? Nella mia vita di un attimo io ho distr utto, così, due vite. LA NONNA. La censura invece di tagliar le unghie ai giornali le dovrebbe tagliare ai fornitori, plica\'ano i loro gusti, dh ·entan do qualche \'Olta bisbetiche e manierate . Ella se ne avvede\·a e qualche ,·olta, an che se ne doleva, ma non pensa\'a a muov ere rim– prove ri, poich è per lei erano sempre le bim– be che a,·eva tante volte vestite, carezzate, "eg lia te, che si erano rivolte a lei, deboli , e l'a\'e\'ano intenerita col loro affett o. Le ama– \ a sempre allo stesso modo. Gioi,·a nel vederl e u:-;tire dal verde jnvoluc ro della fanciullez za, per espan der:-,i splen denti di colori e roride della prima rugiada, nell'albeggiare della gio– viuezza. \\'ilma, la maggiore , era \·eramente bella e per la ~tr ada molti si fermavano ad ammira – re il bel viso dagli occhi ridenti, la persona eretta elegant e, di una eleganza piena di gra– zh e di signorilità. :\1argherita che non. aveva mai ~aputo la gioia di sentirsi lodata per la bellez za che tutt'al più ave\·a sentito lodare la c:ua bontà., la ima resistenza alla fatica. intidva la c;ottile ebbrezza della fanciulla <1en– tend,,~ i lo1Jata, ~iseva come la dvelazionr di c•i1,che può e-,.~ere la gio\'inez za, tutte le spe• ra11zt, le ,,nsie della famiglia d ivent ava no an– die ~ue. Le raga zze stu diasano ed ella aveva. irnparn.to str,ini nomi di materie scola!:f 1 iche: GHJZrafia, matemati,.a. lette ratura, i rompo– tJJrnPriti, .sapeva dove erano scarse le sue hnm– t,iut- P Sf' ne drJleva. - Jr r1i rnatnnatica, oggi Dina? '.'\on preo c– ruriartr'.ne. Sono quasi sirura che il professore Jl(Jfr t intnrr Jghr-rà ! li ,e \\"ilrna ,tava ~eùuta al tarolino per r,r,•, ~r ivt?ndlJ, ar,pallottola ndo foglietti strin– w~odr1-.it1:1- le inani la bella tes ta, capiva che drJVe\ a tnitt;ir--i df'I r<Jmponirnr,nto. Se pote'-si aiutar la! Che riena a vrdPrla fnt c·are ro::i1!Se r:1-pita~se un signo re r·hr le foc. --st piantnre libri e compo n menti! E il si~m,ire vrune: bello giova ne , ricci), in• n:J.Ifl•,1·ato rl1 \\"ilma ed Pila di lui. .\Ia i geni· triri \ 'drm 1Jn pericolo n~lla d:v~rsità di r.on– dizi<JCJJ e: proibi1ono a \\'ilrna di uscire, rli re– .sf" re alla f:nf- tra, di ricevere ldtere. E a.ll0- 1,1 tutte le tr,,r,idazioui, le ansie, le lagrim1• della fanciulla. ebbero l:1 loro ripncu::--,ione sulla f'rnplice onima dr-Ila d<,nna. ,\nch'ell:L rtiav:.1 da.Ila fine--tr:t -.,Jcrhiu"-:-i lo sp1rntan• ~Jl• h1 \ ia rfoll'alta persona eleg-1nt, e se manca.va. uu gi1Jrr1rJnt fJr•Jv·ava uno stringim1>nto rd cuo– re, P \·edM·a. la fanf'iulla pallida o ~i acrùr~P– \ a die avr~;.a riianto rnalr:diva 11 rJr•,tiJH) <'hr rHe\-a fatt,J nascere lei povera, lui rirr,o e a'd·r:bbr• WJlutrJ rio -edere un ratrimon'o per fa.me rn <fono a r1uel1~1 ,povera bimba eh<>pian· qeva. L amore de~ due giovani invece di :~prgn~r– '-' si ,1cce11dr~vanelle dif'fkoltà, \Yilma "tnm:i– JrJ, 11 giovanP- rnina,.ciò di uccidr>rsi. l':1ri'-to– ""•.1tica·fam'.~lia di lui dovette p,legar~i al fì– dnnzament<J, · chiedere il con~nso :.ii genito ri della fanciulla. Xella casa tornò il sole. E co– me una fortuna non viene mai sola, il slgnor Darreni ebbe una promozione che migliorò as· sa i le condizioni della famiglia. Si pote, ·a ta– re, alla fine, un po' di lus so e il fidanzamento di \\ 'ilma lo richiedeva. :\Iarghe rita dde uscire dall 'ap.partamento, per essere ,·enduti o mess i in soffitta, molti dei mobili che le erano dive ntati cari per Jun• ga consuetudine e le parve che qualche cosa di lei se ne andasse . I nuovi che entrarono le mette,·ano soggezio ne come se avessero il cipiglio. o sorridessero alle sue maniere rozze alle sue sca rse cogn izioni d i eleganz a. Un 'a l– tra novità venne a ratt ristarla. La prima sera· che il fidanzato di \:Vilma fu indtato a desi– nare ella non servì a tavo la, ma fu chiamata per quello una giovinetta che veniva a fare jn casa qualche lavoro di cucito. Quella sera par\'e alla domestica che qualche cosa sor– ges<:e tra 1 ei e i suo i 1 >ad ·,,rn. Poi fu camb iata casa. L'appartamento era. più ,·asta, più bello, più ariegg iato, con una ten azza. che guar dava le colline i mobili nuo– \'i pa ner o più ricchi e più a posto. Solo :\Iar– g-herita si trnvava a disagio. Il bimbo lieto del cam biamento, le diceva: u Ti piace la ca– ~a nuo ra·? >1 Ed ella risponde\'a di ~i, ma la. sua tr anq uillità era rim as ta nell' altr a. La sor– jJfe--,ero dei colloqui che s'i nterrompevano al suo apparii e, tra la signora e le ragazze. del– lC> occhiate in cui era dell 'affetto, della tristez. za, qualc he cosa che non ar rivava a compren– rlere. Qun!che volta la signora le domand ava : u f: · trofJPO vasto l'ap partamento, Mar gherita? ] Ia; da faticare molt o?,>. Ed r lla ri spondev a : u No, perch è? Fa ccio tutlo quel che posso! u Ln a sera -- le fanciulle prano 5-ulla t.eraz– za, il bim~o dor miva già - la signora le fece un lungo di~cor:;Q. LP far-eva pena drwerle di – re certe cose, ella era stata un a d<1lnP·,ttc: i111parcggiahile. non avreb bero mai potuto cli– rnenticn rla, rna la loro ca.sa richicde,·a. ormai un ,dtro servi zio, una persona giovane, :;,·eL ta rhe a ll'occorrenza figurasse nnche come cameriera. :\1arg h~rita da principio 110n raph·a, crede – ,·n. di n,>n capire, rna la signo ra pr osPguivn: - L':Jmica di una mia zia cerca ch i vada a vive1·e in sua romnagnia. Tu hai qu alche ri-p.,n n o, lri una picro la pi•n-:ionc. Mia zia le ha parlato di te. CN?do che 111,nti trov er e– st, rf1;ile! 1> E :d!fJra cripì che le si dicrva d'an dar.c::ene. Il <lolrJre e lo •tupore la tem1rro pC'r un mo– nwnto rn11ta; sf'ntl f'he Jr tr,•mavano lr garn· he e le si ~bianca.va la fnccin; ~trinse tra i rJrnti la cocca d~l grembiale finc-hè le lagri– rnP ~tie sali\'ano cocenti, ebbe ro chiusa la vin. ~on voleva p·angere; an~\·a quasi il pudo rP CONSIGLI PRATICI Ossen·o anzitutto colla rassegnazione filo– sofica e;he le cortes i lettrici condivide ranno che– le mie note pratiche sono maledettamente ana– croniche, parlo della consen·azione dei funghi e la. :1lagione dei medesimi è già passata e tra– pa~sata e quando per es. pa rlerò dell a con– s,enazione delle frutta o dcli uva., sa remo pro– bab ilmente all 'epoca delle.. castagne secche: ma pazienza a tutto! la perio dicità qu indici– nal e della JJifesa è una grande attenuante e se le note non ser,·iranno attualmente, potran– no riu scire uUli ... per l'anno \enturo e perciò continuo impe1 territo. La consen·az ione dei funghi comprende pu– re la essicazione: essicarli al sole tagliat i a feite sotti li non ba sta: bisogna preservarli da altri fungh i... che sono parassiti e perciò con– \'iene chi-uderli in sacc hetti di cn1:ta ,·elina ed an·oltolati in alt ra carta più pesante; !a car ta si sa è un grande filtro asettico di ar ia per i funghi come per l'altre frutta. ed in genere per tutte le sostanze deteriorabili. Altro modo di utilizzaz-ione dei fungh i è quello di ridurli in poh·ere, l'agarico campeste per es. (il pra– taiuolo), si cu ra mera\'igliosamente in tale stato come condimento di zu·ppe, satc:ie, intin– goli ecc. ecc. Si .~celgono fungihi ben ma.tu ri, si tagliano in lame lle, si toglie la pellicola del cappello e del gambo, si !a,·ano con cu ra e si fanno lent amente essicare nella stufa od al so– le. Si pestano poi in un mortaio aggiungendo – ,·i sa le e pepe. ~i passa allo ~,tacciò e s.i con– serva, in qu esto caso, in n tsi di "·etro ben chiu– si e ben pieni. Si può pure preparare l'essen~a di fungo. Si prende un chilogrammo di runghi freschi, si ta glian o a pezzi con 10 gram mi di sa le da cucina ed il succo di tre limoni; si fanno cuo– cel'e in una pentola '"'maltat a per un quarto d'ora, ,·i s.l ,·ersa sopra un litro di buon bro– do di carne e si fa cuocere di nuovo per mez– z'ora, si filtra tutto att rave rso un pannolino e si ripone il liquido in bottiglie che si chiu– dono con tappo ricoperto con ceralacca o pa– raffin a. L'e~senza si consen·:i. per molto tempo. La conse rvazione al burro di fferisce da quella c1 sotto aceto n in questo s·i scelgono funghi piccoli e si fanno cuocere per alcu ni momenti in acqua bollente nella quale si• è fatto sciogliere un po' di sale di cucina: si fanno poi sgocciolare e si friggono con burro, inch si ripongono in piccoli vasi di vetro o di po1·ce.llana in modo che il burro 1l ncopra in– teramente. Si r icoprono i Yasi con \·escica o pergamena e si rip ongono in luogo ae1ciutto e fresco. Per consenarli rntt'olio !==i procede così: i porcini. è la qua lità più indicata malg rado il loro nome. ,·engo no tagliati a pezzi e la,·ati e si cuociono in metà acqua e metà aceto di vi– no; appena le,·a il bollore, si e:;traggono e si mettono in aceto puro con sa le ed un po' di raspatura di noce mosca ta. Intanto s.i fa bol– lire in olio fine di oliYo, un po' di ag lio, timo, maggiorana od altre erbe aromatiche in un sacchetto di tela. Qunnrlo l'olio è ben cotto. in– sieme colle erbe aromntiche fii versa sui fun– ghi ohe erano ~tati messi in riceto con sa le e si fa ribollire nuo,·amcnte. Quando scompare la schiu ma dopo p0chi minuti ~i est ra~_gono colla schiumnrola e ~i metto no in un ,·aso, di Yetro e $i r icoprono con olio fine. 1n un prossimo numeto . dopo un accenn o ai fung:hi ,·eleno~i. pae.::.eremo alla conse rYa– zione di alt ri generi mange recci. Dram. della sua ango:::cia. E rispose con la \'Oce cal– ma, - V a bene. Penserò al modo dl metteP mi a posto. La s,ignora di sse molte altre cose. poi, in ultimo, quasi vergognosa : - Però, :'.'.la.rgherita , bisognerebbe che il bimb o non sapesse. Pjangerebbe troppo. .\!l'evocazione del bimbo le lag r irne riem– pir ono gli occhi alla donna, ma col capo .fece cenno di si. Mai, mai aveva sofferto tanto. Pi ù che il dolo re del distacco a cui si ,preparava più che i I tormento della solitu dine a cui an dav a in– contro, •ella ~ent iva la um iliazione disperant e di non appartene re ad anima viva, cli essere una creatura distaccata da tutte le alt re del– la terr a. oola come un albero a cui siano stati ab battuti gli altri intorno, come una casa in una città de\'astata, come un po,·ero oggetto su un fiume in burrasca. Il suo amore ~ra stato inutile, la su a de,·ozione un sentime nto pagato, il suo lavoro solo una merce. Non ,·i erano dunque altr i vincoli oltre quelli costi– tuiti dal sangue? La casa ospitale era stata dunque, soltan– to, la ca"'a dei padroni e l'aveva messa fuori della sua porta, quando non era stata più ne– oessa ria. Eppure tant e volte le avevano detto: e,Tu sei della ,nostra famiglia! >1 Illu sione! Ella. era soltanto la serva ed era bastat o a.i suoi padroni il de.side11io di far bella figura percllè ella tornac::se un'estranea a cui si può dil'e dopo una gior nata di vita in comunè: e< :'\on ho più bisogno di te! i> Col dolore sen– ti, ·o rumil.iazione profonda. Era dunque una. ros ì povera crna.tu ra, una così m isera cosa da non richiamare l'titte nziune , la pietà l'af– fett o? :\folti cani sono lasciati morire tranqu il– hun ente in cas a, si piange per la fuga di un urce llino, si serba, in molte famiglie, il gatto che na cque contempo raneam ent e a un himbìJ r gli fu compagno di giuoco. ed C'lle. era dun– qu e -più mbern di ogni misero ani male? Perchè ritentare la sort e, voler div enta re sorella di un'nlt ra anima. rhc un gio rno, a– \Teh hr, for--e rotto per ca priccio o per conve- 11ir,nza, il ,·incolo? :\Ieglio era rivere nel de– serto che le asseg nava il desti-no. u ..,ci una sPra. dalla ca~a <lei signori Dar– reni. sen za. rlire una paro la, dopo a,·er bacia– to il lE'tto, gli a.biti, i bal or<'hi del loro bam – bino. E andò ad abit: -1.re soln. '.\'on strinse .imic!zia rnn le donne del \"icinato non ca· rr-zzò ni' gna rdò i loro figliuo li , raècogliendo illvrre i ga tti battuti e malati, mcttenclo bri– ciol." ~ul!a fin€'stra per gli urcelle tti. Ln giorno non la. \'1dero 11--circ di cnsa , nè affaccia rsi alla. finestra. Aprirono la sera, vio– lentemente la porta e la trorn.ro no dic::tesa ai piedi della vecchia polt rona di zia fl.o~a. Fl:--IE. l!ARIA Goa.

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