La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 10 - 16 maggio 19

BENEFICENZA Il marìto non YoieYa. crede re: - :\la era po~ si bile? se pochi giorni prima lo stesso, presi– dente della ,·etreria gli a\'e\'a dichiarato che tutto il consio-lio Yoleva assolutamente come consigliere delegato raJtro, l'aYYocato f\Iayal– di? ed ora, tutto ad un tratto <.WeYa carnbiato pensi ero, si el'a deciso a proporre lui, anzi ne assicura\·a già la nomina? Donna Clara lo guardò e gli rispose con un sorriso ironico: - Siete sola.mente voi mariti ciechi.. gli al– tri uomini hanno occhi e buon gusto .. Il caYalier :\la.rchi la fissò poi diede in un<.l risata: - Oh. sì, aYeYa ragione: la sua signora era dan·ero irresistibile, quando mette,·a quell'a- hi~ i~\ ... ;l q,.iale mi hai però fatto una terri– bile scenata quando hai do,·uto pagarne il con– to! - osserYò lei. - Sfido io.. più di mille lire! - Caro mio bisogna seminare per raccoglie- re.... osserYò donna Clara. ::\Ia. dimmi. mi sembri più mera\·igliato che soddisfatto della mia riuscita. E perché? Allora il caYaliere spiegò. Sicuro che non era malconiento: tutt'altro ma, ecco c'erano dei ma. La ditta non aYeYa buona nomina: si diceYa che era am.ministrata da gente che sa– J)eYa arlicchire rasentando il codice; e poi m·e– \·a già tanto laYoro! L 1ngegno pratico della signora Yinse gll ultimi scrupoli del marito: lui era troppo rne– iicoloso. diamine qual"era la ditta che attual– mente non si reggeYa su combinazioni? P er al leggerirsi di laYoro 1 )oi non a\·eya da fare al– tro che ciò che faceYano tutti gli altri profes– sionisti-: pigliasse nel suo stndio a fa r prati– ca gratuitamente gioYani appena usciii dalle scuole commerciali. Dopo tutto non c'era d'a– ,·er rimorsi: se essi li aiutaYano senza alcun guadagno ne ricaYa\·ano però il Yantaggio !?rande di un tirocinio fatto in uno degli stu– di più rinomati! Infine quella carica aYrebbe fruttato dieci– mila lire all"anno , somma che or mai era di– \·entata indispensabile nel loro bi!ancio dome– stico. Le spese cresce,·ano: c·era anche la ma– nutenzione dell"automobile ora e i fornitori au – ment aYano i prezzi.. Er a stata una giornata campale quella per donna Clara: la matt.ina una seduta alla Con– !?regazione di carità ed ora una quantità -0 gente da riceYere li, all'Assicurazione benefi - caL.-~nticamera era infatti piena: \·ecchi che face\·ano pensare a rtJderi umani, _donne e_nor– memente ~rasse. nasce, o add1nttura risec– chite: in tutti un YO;to senz'espressione o do– lorosamente umili. ParlaY ano, parla\·ano delle loro miserie: i fi~li, il marito disoccupati, la minaccia di sfratto dal padron dì casa e il prezzo del pane che aumenta,·a paurosamen : te! Inc::omma non si pote\·a più andare a,·antr co-:i! Cna sola donna aha alta, dalla facci~ gialla come H limo~e e dal corpo tutto a spi– goli tace,·a: oh! le1 non a,·eva nemmeno prn la forza di lamentarsi; il marito che non trc– YaYa più la\·oro per l'età a\·anzata_. la figli?la che a\·e,·a ::empre la febbre e to'-Sl\·a, toss1Ya giorno e notte. Già a\·eyano ragione le dcine quando le di– Ce\·ano: - :.\Iettetela all'ospedale, fra i cronici,.. ma lei non a\·e,·a il cuor di farlo: quella benedet– ta figlio:a le si aggrappa,·a al collo e la scon– giurava: - Oh. mamma, m'ammazzerei subito, piu~– to<::to. \"oglio morire nel mio letto, vicino a te! Ch;c, Yita! ('be \·Ha! - .-\. ,·ami. Oi;;;se finalmente il portiere. La pO\·eretta s·avanzò barcollante come tra- ::o~~~~ , olete? le chiese donna Clara. - Erco ho faffiito da pag-are, i bottegai.. La signora la guardò fisc::ofis-co ... - :.\Ii, soggiunse. vi ho Yi<-ta i:dtrP \·~lte .. - Oh c:;i. alla Cong-regazione, la "ett1mana ,.;cor<::a, mi hanno dato \·enti lire .. - Dunque r-he volete ancora? Benedetta geme, non siete mai contenta. no:i vi c::apet.e regolare dopo tutto nPJJ~ o;p~-ce,qu_an: do ne avete date subito il fondo, poi.. poi ci pen . ;ino gli altri!. . La donna r:hino il capo senza una parola di protesta, dnta:. sentiva nel cu~re .reco dell~ tosse di :;ua figlia, nel cervello 11 ritornello di suo marito: . . . - DoYrebhero aromazzarc1 noi operai quan– do non pos:-iamo più lavorare, cosi, comr fan- APPE~DICE 4'1 Pag ine di vita LA DlFESA DELLE LAVORATRl!C! no con i buoi, e non lasciarci mo1ire a poro a poco di fame, di vergogna! Quella se,·a donna Clara nel :;uo sa.lotto: tra le sue eleganti amiche disse un mc:mdo ~1 Co• se che Je guadagnarono l'apprn\ •az1one cli tut– ti, anche degli ono revoli che frequentavano la su.:_cii~: la carità era diYentata demoraliz. zante. Tu tti la sfrutta\·ano. . Questi operai ormai si sono messi i~ mente di yi\·ere senza laYorare: Yanno a chiedere a tutti, bussano a tutte 1e porte e non ne ilann.., mai abbastanza. Insomma, conc1m:e, ci sfnit– tano \·era.mente! G1 l.SEPPJKA -:\loRO LA:NDONL La g;-u..erra. G i uochiamo? Ed a qual gioco? - r1 qu ello dei soldati ; e poi che quattro colpi avre11i tra noi sc~m~ [bwt, celeb rere1n la pace. - .4.llor, perchè, mio ct1.ro , non far la J)acc subilo? - Per far la {Juerra è chiaro -- .-!scolta: l'altro giorno, quando con te [giocai, io, più piccino e debole di mol te n_e~occai; ho fatto sangu e, ho pianto e non niz piacque [pu nto! - Lacrinie? sangue? Bra vo, qu esl'è la guer– ra appunto.' - Allora un allro giorno aspetta, in fino a [che qui giunga Filiberto : A.l1nen saremo in tre, e Filiberto ed io ti getterem 7Jer terra. Due contro un sol? Vergogna! - 1l1a non vuo,i tu la gu erra ? REALE. (Dal francese di Luigi Rati.;:bonn<') ~--~.:_~¾~~~~; _ _:(_._ - Ore 1ie1:e ! Sembre rà un'ironia, parlare di ore liete, nclrangoscia tormentosa in cui viviamo, da otto mesi a questa pal'!,e. Eppu re, chi ama i bamb ini e c-01;e _me vi ,·e in mezzo a loro, (sono mae~tra d asilo) trove rà. cert amente che ho ragione. Pur conoscendo la non lieve fat ica che mi attende per quasi tutta una giornata, è con solliev o e soddi sfaz ione che la m attina cntrJ nell 'aula, ed atte ndo i m iei piccol o, che al. lo– ro gi ung ere mi salutano fest.osi e gw! 1 v1. Col loro cinguettio conti n uo e multifor– me fanno tutto dimenticaI' e, cu re e pr eoc– cu 1;azi onì dornestic he, e pers_ino_~cacciano l'incubo tre.mendo sotto cut vivia mo: la gue rra ! Ed io godo immensamente n~ll'~– scolla rli1 li guardo 1 sorrid o, e qua nd o il ci– caleccio va oltre il limite, li ammo ni sco, ed essi a guisa di passeri spavent.at i, vann o sal- tel lan ti al l)OSto. . Dopo l'ap pello ed un po' di ginnastica o di canto, si incomincia la lezione .gior– naliera che, secondo il sistema frob eliano , da tutto pr end e argomento, da un hore, da un ins etto , per iSLruire e div ert ire nello stesso tempo i bambini. Bisogna vederli come sta nno allenti, e come adoprano agùlmente le man ine in una lezione di piegatura o di intr eccio. Però, la più bella soddi sfazion e la dan– no nella conversazion e lib era. Allora è pro– p1·io il bambino che parla ed esplic,1 pi ena– ment e il suo pensiero, dandomi così agio, di inculcare in qu elle animu cce i sentim enti d 1 i giustizia che mi animano. Quando si inizia la conv ersazion e è un abbaruffamento di parole e di voci che mi assale ad un tempo: tutti vogliono sapere. --- - ,- ~- ~:~},}~_ __: _: ~ La marina del Kaiser affonda la Germania. i miei bambini col sussidio necessario pel rnr~\~onneiliiomi teni.bili .. Rec~tami a Ces~1:~• c.;epr,i pe1· pura combmaz,one 1.1 n~ovo md1~1~– m, eh~ gli rercava -.ernr,re <11 sviare le 1111e tr?-rci:.~i-ai rJamio fratello agitatis~irna. Era qu~. !'O,i notte e volevo andar subito a vedere. ~1.10 fratrllo non mi pennise. y1a Cesare da Se– sto E: lontana, ff1i ~i-.;s-e. !,-'01, potrebb~ro trat• ta.rti rn::df>. fo non ti vorrei acrornpagnare, per– diP temo di famP una grossa. Se ~o trovo _(' rh~ r;:r:cia il prepotnite e t'insulti, 10 noi: n– spon<fo di me: gli dò una revolverata. e m1 ro– vi1,o. \':t' domattina e con due gua.rdte 1 !• \tie,.;i a. rnalinruore: non potei dormire_ 1i11 ni; 1111 t<J. Al rnattino rrU avviai s~la. Tro~a1 _h1 ,;ia., il n1irnen;, entni. Interrogai la portrna1~ 11 Cre<l;; di<·rya J;J buona rfon11a, questo si– gnore~ non 'abita fJllJ "· u Xon v1 sono due barn- bini rnbrito e moglie,, .... ? . ' 11 Vi sono, ma non giovani, son vecctu "· _ E i lJaffllJini tome si chiamano? Arturo e Hi~-~~n ~·ùlli c.;:-1per :-iltJ-o; <·or!'ii Hrso .la s<·~~:1 fa rendo i :-,rradinl a due a _~ue .. :- Q~mto p1, 1 no! mi gri<lrJ la fJO.rtinaia. f◄• sa)n, sal_1~,ma :"~.; rnan,·a.\'a il re~JJiro. Sono ;tl r1wnto p1~no, 01,1 ehiesi ad una <·asigliana. Essa mi b'1.lt.trd!' c.;br..Iordita P: mi dh..;e: r-; t.tppena ::il terzo, !'0,1- 'mora! E ,-;dii, salii. . ,., rna Yecrhia mi Yenne incontro._ - Dove sonù i miei br.tmbirJi! r·hie:-.l.- CJ1i t> lrf! I.a m,1111- ma. di ..\rtum P, P.ina, rispo.?i. - ~or! giù rd trrzo 1 1 i;11io, da una mia figl1,Jla; µ-l1el1condu– co ~ubito. Ma non potei aspettare. Scesi e li i.ncontra su lla scala. Senza parole si gettam mo le_ b_rac– cia a.I Collo. Eran belli, sa ni, due amorrn1. Ero lì, seduta sulla scala e no n potevo m~vcr– mi coi miei Limbi stretti stretti. La vecchietta e qualche altra. inquilina yia~gev~Jo. Do~1a~– dai loro mille cose. Hina 1111 baciucchiava: Aitu_10 nii guarclaYa. cogli oc·clii profondi, ~er1_0serio. Xo 11 si "'ta,eco un minuto da me; ~J d1ss_eche f'ra. là da molti mesi, tlie la Rin a vi era solo da 3 rnesi e fu portata. Il una sern da suo Jw<lre, che la povern. •pkc-i11a non si regge\'_a i,1 piedi <lallrt clebolf'zza. 111casa della. madie di <1uesta s·ignora :Viaria l'avevano t •~ascurata. L: 1 c·hiam;ivano zia. :\fa.ria <', (mi cl1crva Ar– till"oJ na JJiù buona drlla Ines, e vole_va loro br11e, r11a in quel tempo, babbo e lei e_rano fuori di :\lilnoo. Il habbo p<tgasa la. pensione, nii clieevn. la vecchia; rna non era sempre r.un – tuafe. (Juella. Sf'l'a che avev~t accompagnata la r,iccin~t, <'ra molto stizzito;. l'a\'e\'a racro- 111andatri 111oltoa.11,,sue cul'e. l.1 andava a tro– Ya.rf><rualdir volta e allora li accompagna\'a f11ori . J vecchi li tratt:,v:ino !Jene, mi diceva. Ar– turo, ed rgli f•rn rnolto a:rez!onato :ill;:i v~c– rhiPtta. Son c·os1 forte, m1 diceva con orgo– glio, rhr la porto in hraccio, qua~do fa I~ hro11tolona! - El'a piccola la ve~ch1etta. Egli sa{Jeva già andar a comperare 11 tab~rco al nonno, rn:i svelto e non aveva paura di nulla, neppure a! L11io. E la Hina? giocava semprr: Jrnt: 1, lnil;, a 11iangiarr, ft far le cos~ s~e. La \'Cr:diia rni prrgava. <11 non_port_arli via: ri<m JJofrva Jrisr·i:Jrrtif'li, lflÌO inar1to si sarebhr ognuno ha il piccolo faUo da ra cconta re; le domand e, qualche volta imbarazzanti, se– guono le doman de, poi piano si cal man o in un pispiglio sommesso, inte rr otto ogni LanLo da esc..lamazioni giulive e da se-oppi d i r isa argentine; ecl io ascollo con beatitudine quella mu sica dì voci che penetra nell'orec– chio con una dolcezza infinita. Poi viene la ricreazione, la refezione, ecc., cosi le ore si susseguono lieto e veloci, con nuov e sensazioni gradevo li e la gio rnata scorre ritmicamente, serena; ed è con ram– ma rico profon do che saluto all'uscita, quei piccol i esse ri tanto felici oggi, e che doma– ni purtroppo, dovranno conosce re e subire le bru ~Lure e le ingiusL izie che l'aittuale soc iekì bor ghese, prepa ra loro. E mi sì strin– ge angosciosamente il cuor e alla v,ision e pau – rosa che anc h'essi dovranno un giorno ve– sti r~ una divi sa, uccidere o farsi uccidere ed ho la paurosa visione di qu egli occhi vivaci che si chiud eranno per semp re; me.n– L'rn le bocche ora sì ca re, chiam eranno in– vano, dolorosamente, mamma! ! B. PrrnALL1N1. VARIETA' Una madr e ci manda un articolo di edu– cazion e sess ual e pubbli cato sulla <e Batta– glia >i. Si tratta di una lezione fatta da un ma e– stro cli quarta ai suoi scolari. Egli pr ende le mosse dalla parola embrione trovata su l libro di lettura per ins egnar e come nasce l'uo mo. L'embrion e è il principio di ogni esse re vivente. Esso è visibiLissimo nei semi d i molt e piant e e an che neM'uovo. Gli elem enti essen ziali per la trasformazione de1l'embrio– ne in esse re vivente sono: un luogo tiepi do e una sos tanza nutniente pe r i pr imi mo– menti della vita embrionale. (I coti ledoni per le piante , l'uovo pe r il pulcino ). La pianti cina , il pul cino , raggiunto un da– to sv iluppo , trovano la for za di sbucare ri – spettivam ente dalla terr a e dal -guscio. Nei mammif eri , e quin di nell'uomo, lo svi lup – po dell'.embrione avviene nel corpo della madrn. Raggiunt o lo sviluppo voluto da Na– tura, il bambino nasce dalla mamma come la pianta dalla terra e il pulci no dall'uovo. Questo è in pochissime parole il filo della lezione ottima sotto tutti i ra pp orti. Ma quant i sono i ma.estri che si sentono dì fare simili lezioni? Bisogna pensare che molt e volt e nella scola resca semp re, pu r– troppo, num erosissima, c'è qua lche elemen– to corrotto, capace di trarre argomenti dal– la lezion e per antici pare ai compagni delle nozioni sulla fecondazi-0ne, natu ralmente in forma QOrnografica, mentre quest o capitolo della educazione sessuale è quello che abbi– sogna di maggio r Latta di ogn i alt ro. A me pa re che l'insegna r come si na sce sia spec ialissimo compito della madr e. La lezione alla qual e ho accennato può servi re come ottima traccia. Essa illust ra quanto ID dello nel mio pr ecedente arti colo: dob bia– mo far intuire che la mat ern ità non è che una grande e santa legge nat ural e. Più numerose che n-0n al maest ro si pr e– sent eranno alla madre le occasioni di far osservare il formarsi dell 'esse re vivente sia pianta o animal e. 0 mentr e l'atte nzion e del bambino si abitua a qu esto gene re di osse r– vazioni, il suo spirito si apr e alla cont ernpla– zion e d i questo meraviglios o fenom eno che è il perpetuarsi delle specie. La nas cit a u– man a, messa al livelilo di oiò che ammira, gl i appari rà nella sua \·era lu ce . A. sess. Si ricor dct ancora una vol ta ai colla boratori di invia re i loro mcrnoscritli e le corrisponden– :e, al più tardi, per il. liwedì precedenti al– l'u~cìla del giornale. \·endicato con loro non li nsrebbe più pagati; e poi, chi sa che an·ebbe fatto! era così ira– scibile ! La tranquiJlaJ e la condussi anch'essa ~ pranzo da mio fra.tello. P,rop1io in_quel ~atti– no riceYevo l'avvertimento clelJa mi a nomma a Gonzagae l'ordine di presentarmi subito.. . . Non pote\'a lasciai· eosì tosto_ i miei p1cc11l!, ben chè fossi più tranquilla in riguardo a loro. Cliiesi otto gio1ni di perme?SO. ~la gli otto giorni passavano. - Andrò a \·E¾lere il pae~, d"issi ad Arturo, \'errò a prendervi, per non lasoi3:rvi_ ma! più. Passarono come un lampo quei g1orn1.: fu– rono un balsamo per me. H.a.ccomandai a, \'ec– rhiett.i di scl'ive rmi setti manalmente, di tener– mi informata minutamente di tutto: raccoman– dai a mio fratello di anda rli a vede re di tanto in tanto; fui nuovamente dall 'asvocato apre– gHl'lo di affretta re le pratiche d'i tale sepa.r~– zione, Yisto che mio marito non voleva. a.dcl1- ve11ire ad una soll 1zione ami<'hevole in riguar– do nl mio diritto ~ui figli. E pa rtii e giunsi a Gonzaga ed ebbi nn posto a _3 kn_1._ e più, lon– tano dal paese. Li facevo m b1C1cletta tutte !e mattine: poi a.v.e.voanche la scuola ser·ale: gi1111geYo n. ca.c;a aJ.la sera tar d i. Ogni mattina mi svegliaYo e.on queste pa– role all'orecchio: -:\In11ge1·òpoca pappa, mammella, portami \'in <'on te! (Continua) Abbonatevi alla "Difesa delle Lavoratrici,, e procurate abbonamenti.

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