La Difesa delle Lavoratrici - anno IV - n. 2 - 17 gennaio 19

UMILIAZIONE :-.Jerina 1 ,·ist.a Vise lla nel cor-lile della ri– oreazione1 le corse inco ntro: avevo una grande 111otiziada darl e: (e· Stasser a ,·ado a teatr o! >> Gisella batik le mani: « Che pi13,(;ere'Yen– go anch 'io. Gi idiive:rt.irerno 1nollo! ,1 Pr e, to fu fatto crocchio intorno alle du e bi mb e. Gisella er a bella e molto brava ; nes– ~una, nella sua olasse, leggeva con più si– curezza e -più .garbo di lei e i suoi compiti potevano servir e di modello. Nerina ,e1u ve– nuta da poco tt>mpo nel paese, parlava sem– pre italiano a,·eva modi garbati e ,portava abitini tanù:J eleganti da des!Ja;re l'ammira– zione e l'inYidia. Le d ue bimbe 1'appresentavano per la po - ; me infanti le della scuola raristocra– zia dell'intelligenza e del lusso ed avevan o sempre intorno molte ammil'!a!trici. E si vo– l€vano bene. Ke,rina raccontava a Gisella: la bellezza della città da cui era venuta; grande , con palazzi altissimi 1 folla di si– gnore ,per le vie, automobili, c,::i.rrozzee un gia rdino con alberi e fontane , dove non s, poteYano raccoglier e fiori, ma tutti i bimbi gi uocavano come in casa loro r i figli dei ...;ignori aYevano ba locchi di una bellezza ""odi bile . Gi~ella a\-eva una sola mert9Niglia da rac ·' contare: il teatro, doYe molt e bimb e della sua età non erano ma.i ent rate ed ella an – dava da an n , da quando ero. cap ace di vc– g-liare fino a tardi. Il teatro era il piccolo mon d o ,dove kt realtà .tiriven ta sogno. Gisella aYeva Yisto molt e commedie ed an che l'ope– ra1 ma non di quelle ·parlava con più en– tusiasmo all'amica. Quello che avviene sul palcos cenico è finzione e non bisogna spa– LA DlFE.':iA DELLE LAYOh!ATl:ICl Qu1a1lcuna delle ascollatrioi doman dò: u Non c,i sei mai. andata tu in palco?)) Gisella ebbe un sorri so di compallmen– to: I{ Le chiavi dei palc hi le hanno i signo – ri ~es-suno di noi pu ò ent ran ·i! >1 La sera , Gisella a,Ltendeva. Tullo il tea– tro era già illuminato o pieno di clamor e; in orc hestr a i suonatori accord.aivano noio– samente g-l 'ist.ru m{'nli . Gisella era inqui eta. Aveva tentato di serba re un posl o accanto a sè ,per X-erina, ma non le era riuscito. La nonna. le di sse : 1< :.---Jon verrà in loggion e )) . Gisella p ensò che poLesse ,an elar e in pla– tea e ne eb be d ispiacer e. Non si sarebbero divertàte in sieme. Ma n eppur,e in platea compw1.·ve. Anche i palch· i si riempivano. Dall'uno al! altro le signor e si scambiava– no sa,luti, due bim be vesLite di rosso lrntt« – van o cia.rline di cioccolatini in platea ; una signora ave\·a un mazzo cli rose. GiseHa gua rdava ir-1·ec1uieta da una par– , e dall'altr a.. Un palco •di second'o rdine si aprì cli fro •1- t-:) a lei · du e ~ignare si levaro '1o i mantel– li nell'om·bra e Ycnnero avanti. ln ,mezzo a loro era '.\:erina. Ner in a vestita di ,bianco, con d ue ciocche rosse nei capell i neri , ta n– to bella che ,non ,par eva la bimba con la quale ,a,veva parlato del leatro poc h e ore prima . E come se avesse sen tiLo lo sgua,rd o pien o di mer avi glia dofente dieJla sua pie· cola ami ca, levava gli occhi in alt o, pro– prio dov' era lei. Gisella ebbe p~ura di es– sere vista e si rit rasse diet ro la non na. Si sen tiva umil iala di e:::sere lass ù , tra la gen• te m1'l1vest,ita ,che sbuccia va castagne e se– m i di zucca, vociando ed accakan dosi; si vergog nava di rsse re pove ra e provav a un a ::; ,nrc.ie d i .risentim ento verso la sua am ica, come se l'offesa le fosse ven uta da l:~i. lmpro vvisam-ente quello signo re, quei bimbi ch 'em,no sbate sempre un diletto ,,er , suoi occhi , una delle bellezze del teat ro le div entaro no inso ffribili. Avrebb e voluto che non fossero ,µiù là o che i su oi occhi almen o non h avessero incontr ati. E si te– neva dietro la nonna pe r non vedere Ne– rina, per non e.ssere Yista . u Domattina a ricreazione. non gioc herò con lei. E se mi chied e d'in s.egna rle il coni– piLo, g lielo farò sba gliiaire! ». ll nonno venne a porta rle delle castagne. Ma ella gua rdò le carl ,in-e di cioccola:t ì-ni c'1e le d ue bimbe ves tile di rosso buttavano in p lat ea, pensò che anche Nerina ne avr eb– be ·avuto, e le castagne le p•arver o catt ive: ·0lgari 1 volgari come la gente ch e le man– gia va , com·e il suo posto a teat.ro , il suo ~bit ucoio molte volte lavato e lei che dove· va sta rse ne las sù e non poteva an d::1n~e ir:i palco come i bim bi privi legiat i. L'orc hestra attaccava una marcia veemen– te. Il I oggione d13va un u oh )) di soddisfa – ,,;one. E Gisella si m ise a piangere for te. ,forte 1 respi nge nd o le casta gne che l1J1 buo– na mano del nonno ten deva verso d i lei. M . GOIA. Laguerra e i bambini. Un maestro sviz zero pub blica un in teres– san tissim o art icolo su i se nti menti c.he la guerra - o piut tosto - ,perchè si tratta cl, un paese neut rale - la mob ilita zion e e la riper ouss ione economi cia.1 del la gue,r--ra - hanno ope,·ato sui bamb ini della su a clas– se, (età media 1( anni ) e su lla clivers itù dell'att eggi am ento dei bam bin i all'inizio della guerra e qu alch e mese dopo . I com– pitini fa,tti dai bam bini sono assolu taonen• , ·e11t.ar.si se un uomo uccide la mogl i·e, nè ~ = == =- =============~===== = ==== == ==== == i,iiarrigere se Ofelia impazzita, muore anne– gata e una schiera di fanc.iull e bianco vesti– te ne segu e il funerale. Quando il sipario è calato Desd emona ed Ofelia sono ancora dve e ridono tra le quinte. Però gli abiti delle sis;nore su l .palcoscen ico sono una ma– gnifioenm. . e si ride, si pia nge, si trema come se quello che- avYiene lassù fosse la ,·pri tà. La bellezz a grande per Gisella e,ra il teat ro in sè. Ella entrava con 1a nonna in loggione da una porticina che il nonno bi– gliettaio ap riYa. Tutto ena, buio eò era vuo- 1-v ancora. Le pitture parev ano ombre scu– re, i palchetti buc hi nel mu ro. Si ar,rivano le po rte: la folla ent ra va nel loggi one, ac– calcandosi. e-ridando: lei e la non ma non e,cvano paura d i perd ere il posto; solo bi· sognava gu ar<lare che nessuno le schiac– ciasse. Il silenzio era finito: tutto il tea– tro si riempiva poco a poco. Si accendevano i lumi ed era come se airimprovviso. spl en– desse il giorno. Sul sipario appariva la gran barca sbattuta dalle ond e con gli uo– mini pieni di spave nto; luceva tutto l'oro: splendeva il rossa dei palchi; le bel1° don ne e i bimbi dipinti sul soifitto si allacciarn– no con grinterminabili serti di fiori . Si riempirnn o i pa lchi. Anche quBl giorno, nel crocchio delle a– miche. Gi~ella cercò di espri mere la sua ammirazione per la gente fortunata che li po,1olarn. Tut'o il trotro er a e-rande e bel– lo: ma i p-ilchi -1 ano il para1i,o del tea– tro. Le donne a,·evano abiti .chiari, legge r i. anche se fuo ri nevica\·a; erano pètti nate a nast ri, a riccioli e p:n·tavano ~uanti, brae– cialetti. collane. :-.elle serate delle prime t!Cf'l– ne butta··ano fiori ~ul palroscenico. l bim– bi manziavano dolci si muoveva no li bc•– rame n te e non aw·vano pau ra di pei-d&l' · .I ,JOSto. APPE:-;DJCE 32 Pagine di vi ta - Verrò a prenderla appena (·onvalescente, ,lbsi io. - E.cdi crollù il (:fi.f)O. E COSI partii. ~i i fermai qualche ora r,res.;;o i miei genitori per riprendermi l'.:\.rturo. Son potevo tornar .wla a l",,c,rnpiere il mio duro dovere. Beppe mi scriveva che ... Arturo sarebbe ri– ma.~to solo. La lJalla ,avete ml dava speranz;, di guarigione. Io cre-de\-rJ a lei. Sapevo eh·· er,sli perchè HOD mi facessi illusioni mai, erri pess.imi-.ta e perfino crudele. P assai gio rni d'afL-.ia inesprimibile. La bim• ba però migliorava davvern, molto lentamen– te. Fu due mesi fra la Yita e la morte. La ha– Lia era cos-cjenziosa: ne aveva tnQJta cura. Jo scrivevo di frequente. Ber,pi. dopo qualche di. se n 'era andato e non s·era più visto. T..,e spese fra assistenza e medicine si. a,ccum_ula– vano ma io non t0me·.·o: purclH· guar1sS,(::, purchè guarisse ! Artur o intanto m'era assai caro: aveva tre a~ni · era la mia compagnia. La padrona d: casa' m i teneva il hroncio percllè dice\'a che non le face\·o far bella figura poichè dimagri– vo per Arturo, che mangiava tutta la mia parte. Io ridevo: paga\'O 32 lire di p~nsione e naturalmente div ide\·o in du e ~a nua por– zione: ma .Arturo av-ea più fame di me ed io mi diverti vo a vederlo mangiare con tanto appetito! Che belle, lunghe passeggiate face– vamo sebbene la stagione fosse tanto rigid a) Scalct'a\'o Je manine al m.io trottolino ed egli Dopo la era tutto (·O11tento di stare colla s.ua mamma. Ebbi una lunga l~ttera da Beppi. Dopo ave r– mi vista a CPrnusco, egli s'era ammansato: non mi scri\'eva più in modo così insolente , cinico e spa.valdo quasi a formi scontare Ja s1Ja solitud ne e la sua mi.:.;eria. i ti scriveva supplic~1nrlomi di andar a prender Ja bambi– na, <li trnvar <lei de-na.m per pagare tutte le sr,ese ,p-erch·egli 11ùn avevct. Heppu r iJ becco d'un q11attrino e non era mai élndato a ve– derla: invocava tutte lf' benedizioni sul mio r.a.po e m'assicurava r:he, ove avessi Raputo compie,·r, anche (Jllii!;t'opera ,la sua amrnir:i~ ziont ~ Jir,onos(•e11za non avrebbero a\'uto li– miti, egli r1m1 !"avrebbe dirneriticato. Sorrisi. leggendolo, tonos('evo i,r,ne la sua esagerazio– r,r nel bene e 11el male; le sue parole ardenti ,ed anche le sue C-$Candes-cenze, aJle {fUali pe– rò non avevo potulo ahitua.rrni mai. fo ero già decisa di andar a .pren (Jer Rirul a Pasqua: non sapPvo come, con quali mnzi. non sapevo elle avrei fatto dopo; con una bi111- ba di due anr,i, appena. convalescente; ma lr1 mia decisione era J,en salda. Ai miei ge– nitori non os~.vo rivolgermi e forse non p1,te– vano ai11ta1mi: tanto meno, o ~a.vo rivolger– mi a Ile cogna,t.e che serbavano rancore a Ber• pi p,el suo contegno; si clie ne scrissi a.J cugi– no di lui, che ::i.vevo sempre trovato frater– namr,nte cortes-e e pronto a giovarci; egli mi presi<, 150 lire ,<•h'io promi~ ritornargli appe– na potevo. \Ja cprnndo? <"hie<Jevoa me stessa e un'amarezza. vi\'a mi ~tringeva la g-ola. Mi pareva commettere una cattiva azione ac– cettando, senza sapere di poterli restituire - e glielo dissi. - Sorrise dei miei ~crupoli e mi riconfortr'J, P.iaccompagn11,i Arturo dai non– ni e partii. Per quanto -affaticata, vedendo la mia bimba !--Orridenni serenn, mi F.f'ntii per vittoria. un momento felice, felice d'aye rla salva . gu;1.- 1 ita. Subito pen-;a i a sod disfare tutti i miei obbligh i e andai del buon doUore. lo teme– vo che Rin a 1ion fosse proprio guarita, che i l male nvesf',e lasciato qualche strascico, elle i suoi polmoni non avesse l'o resistito a qu ei tre mesi di fC'hb1\ che forse un gior n o.. e m i tremavnn le l:1bbra, chi eden dolo. Jl me– dico , tanto ('al'o, 1wl quale ho ancora un cu l– to nel cuore, mi prPsP" le mani e ;mi parli> come un pn,dre. ~1i rass icurò: la bimba era sa na , aveva i polrn<mi s;1ni: certo .the, orgrmicamentP, ('l'cl una povf'TU.; avea le .fis~n mi~~1te, era un po' deboluccia; ma aria pur,t e ,-iuo abhon<luntr l'anclJhero fatt.a rifiori i·c. E' una. mala.Uia. più sociale che organica, co– mr, ve ne son tanie: bisognerebbC' aver dei mezz_i., e/elle ,corno.:l\ità.; JJoterJa rnanctn.rc af monti, al rnai-e ogni nnno nia -soprat11tto ha hisogno d'una. ipern utrizione: così disse il /Jiwn dottore cd io facero molte malinconi– che riflessioni. flingraziai devotamente: nugrazini pure con tutta l'a.oima. quella buona famiglia rhe ne aveva :t\·uto cura come d'una. figliola e. rac– colte le cosr,tte sue, mi misi in viaggio pc! r!torno, colla bim ba, a11cora. magni e pallidur– c,a sulle brac-cia. Oh quel \·iaggio! Come av rei potuto eurare quella himba? senza ca~a, sen– za roba, s,enz.a.mezzi? -così oola, con una scuo– la pesante da <·ondul're c.. così sfinita come mi sentivo'! Non so s-e f~se per effetto delle amare ri– flessioni o del viaggio che mi sembr ava ltrn– go, eterno, in quel vagone di terza classe, di n.otle, sempre colla piccina in bra ccio, perchè si .ero. stretti pig iati - (era la vigilia di Pa– scpw il fatto si f· rhP rivevo I-e OS<.:fl in- le sponLanei. Avvi cinando si rie feste di Nata · le, in ricorrenza delle qr,ali i bambini sono abituat i a mandare u na letterina in cui e– sp rim ono i loro desideri e aug uri, il mae– stro ha in,,-itato i suoi allievi a sc:i+vere ciò che a,vrebJJero desid ernto e augu rato que– st'anno. ~1entre a.Ilo scop pio della g uerra - seri– "~ il maestro comme n tando le r isposte dei raga z.zini - la: giove nt ù nostra era t utt a in – vasa dal fervore gue rresco e le passi oni d i p aote •assumevano nelle di scussion i, delle manifest.azioni la:li d.a u-ende re necess ari o l'intro mis sione delle autoritù , man mano che le con segue-nze dell a gue rra si fecero senti,re - e se ne r isent irono anz.itutto gli ambie nti e,,rol etar i - le velleità bellico se ven nero sostituite nell'ani mo, nella me nte e nei giuochi d ei bamb ini proleta ri, da pr e– oocupazioni di tutL'altro gene re. E so]}ratu t– Lo la di soccupazione, le priv azioni , che a'fl– che in un paese neut ra le - hann o conse– gue nz.e spaventose. Un bam bino della seconda elementar ,e scriv,e al 4bambin Gesù : ((Mi augu,ro che mia ma d re possa trov.atTe la voro per Naita– le. Ora lavora poco . Sar ei lanLo feh ce se mia madr e ne trovasse . Ti Sia.iu lo cwro ba m– bin Gesù . 1\ 10 Giu sepp e 1). Dalla segue nte lettera scatu ri scono non solo le condjzio ni di miser ia in cui si bro· Yano i fJlambin i rproletaTi bensì anche i sen– time n ti profond amene u mani che li ani– ma no. <( Car o barnbin Gesù , desidero cfle mi o padr e e mia ma dre possano lavorar e anco– ra per mol to tempo e che noi si abbia ab – bastam za dla1 man giar e. P o,rta vestiti ai po– veri per ohè non sentano f,recldb, da' loro da man giare ,perc hè non abbiamo fame. Porta a me un ,po' c1i lan a greg gia : vog lio far e delle maglie ai solda ti perché non abbi ,a,– no cla ,pa tire f.reddo. Augu.ro ai soldati d i torn are pr esto dall e loro mamm e, molt i d i essi vorrebbero tor nare n el lor o letto sof– fice. E la seconda leLtera dice : l i primo augurio , ch e tu caro bam bino Gesù, ,hai da re<a.lizzare è quello di aiutaT e i ba mbini po – veri , che non hanno nessuno al mondo. Re– gala loro il padire che s i tr ova sul campo ,di guerra e comba tLe, r,egal-a loro la madr e che è pri gio niera in Firancia o in Inghil – Lerra. Aiuta i fuggiasc hi del Belgio ch e si trovano in Sviiz.z.ena1e devono ch.ieder e l'e– lemosina. Aiuta pu re i gen itori nostr i ,per– chè il lavoro non manc h i mai loro . Rico r– dati pur e de i bamb ini i cui padr i sono sta– ti faUi prig ion,ier i o sono sta ti uccisi 11• ],) maestro rileva che in ness una delle let– te:-e - eccettuata una scritta da un re.ga -z- .. zino di famigilia un po' P"ivilegiata - al ba,mb in Ges ù si chi edono i soliti -regali d i Nat ale - dolcium i, g,iuocattoli. Cont rariam ente all'allegrezza e 1a,lla spen– ~ierat ezza che dominavano in tempi norma – li nelle letteri ne di Natale - una sola que– st'a nno è scritta in to1fo um ori stico, e pu – r: anc he da questa tra sp:31iono le cond izio – ni tra gich e in cui vengòno ora le masse . n Caro bambi no Gesù, fa quest' anno ne– ù car,e . pçi.ta\ e, in tempo di guer r a esse co– stano tro ppo e noi soffr iam o la fam e non potend one comperar e. Ti prego, esau di'sc i la ,mia pre ghi era ! i==== ======== i I co mp agni abbonati al 1 no s tro giornale faran, no cosa simpatica inte= stando alle loro donne l' abb on am e nto nuovo . dolenzite , ero tutta scossa da brividi di fre d– do, mi pa reva smar,rire jJ senso dell e cose .. oh morire! pensaYo; morire, sareb be pure u11 dolce ri poso; non ~offrirei pi ù pe.r questi bim– bi, per me! E pensaYo anc he ,all'iron ia d,el\a sorte: ta11- ta gente sfn,ccend ata, in seco nda, in prima clas– se, in yag;oni ben ri sca ldati, con divani sof– fici, che nt 1n giro per cliverl fr si, m aga ri col higJ.ietio gratui to; qui, io, così esaurita- e ,·in– ta dalla. ~t.anrtiezza, con tinn. bimba malata, s11 questi .,,edili duJ"i, rol fre ddo che 11enet.ra. nel– le o~sa . col vento che soffia. da.lle porte e da i finesl1ini fh e f'...i. chindono male, Renza. un rpo' cli 1-,pazio 11er adagiare un po' la picco la e ri– posare ull momento : oh! ,eom'ern i11(!Jiusto, com·C'ra crittivo tultociò! E chi sa quanti do– lori, qunnte pene, quali bisogni urgenti, qua– li richiami disperati, aseva no spi nto tu tte quel– le perc;:one ch 'e rano con m e a viaggiare così, di noite ,senza cura :rsi dei di sagi .. Oh la fer - 1·0\'ia. a.vrebhe <lovuio esse r gratuita per tutti. "ìJ1ecialmente per i poveri per gli operali in cerca di ln.v(JTO,e avrebb e dovuto avere anche per loro, vagoni comod i, caldi, decenti! Erano le sei del mattiTlo quando giunsi al mio paese. Nessuno de' miei era all a stazio. ne: epp ur e lo sapeva no che dov evo a n· ivare. :vii si st rinse il cuore: mi ~enti i solo, abban– donata ,sen za nessuno che avesse pietà di me. V'era.n quasi du e chil ometri da fare per giun – gere a casa e carrozze non ne vidi. Quando sa lutai mia madre, mol ta ama rezza era nella mia voce, m a essa non comprese: mi parve fredda, seccata. Si bevve un po' di latte ,caldo ; poi, io feci uno ~forzo e chiesi con– siglio ai' miei inJ riguardo all a bambina. (Con linv.a ).

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