La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 19 - 4 ottobre 1

Ilcolletto dipizzo Strano. ma le compagne di fabbrica, le ragazze del paese non l'invj di.avano per 1a. sua bellezza gentile e fine, forse gliela per– don avano per la bontà dell' animo e la chia– mavan o la e< signorina >> così, senza malizia, come un lea le omiaggio alla squ isitezza dei :;uoi gusti che si ri, ·elava no nei su oi gesti, nei su oi disco rsi, nella foggia di qualun– qu e suo ind umento. .\n na- ~Iaria non era d.a.iYYero egoista, pro– diga sempre del suo consiglio, del suo aiuto all e compagne che doYessero prepararsi un corr edo, un abito. Ln giorno la ragazza notò sopra un foglio nel qu ale un merc iaio ambulante le aYBYil ran-olte delle matassine di cotone, il model– lo di un collet.~o; era una splen dida trina anti ca che. eseguita bene, dm·e ,·a riuscire qualch e cosa di Yera mente artistico . Oh , mamma, pregò l'Ann.ai :\!ari a, lascin.– temelo copiar e : ci pens erò io a compe rar m i il filo necessario! Sulle pri m e la vecch ia con tadi na bronto !ò: secondo lei quelle cose no n er ano adatte per la povera gente , i soli ricam i che lei caph·a erano qu ei grossi fio– ri , qu elle enormi cifre che irrùgid iYano an– cor di più le camicie di sol ida tela casalin– ga.. ma poi, a poco a poco finì pe r cedere e accon sent ire. Il filo nec essar io fu comp e– rato sac rificando il pezzo di cacio col qu ale, a colazion e, la ragazza accompagnaya la po– lenta, e il la,-oro fu eseguito durante le lun– gh e serate d' inverno, alla luce della lam – pada ad olio che pe nd eva dal soffitto della cucina. La bella trina, che ave,-a qualc he cosa di fantastico per la sua finezza , fu ter– m inata alla fine di primave ra qua ndo co– mi nciavano a compa rire in paese le vill eg– gia.-riti più sollecite. _-\nna :\1a1ia mise per la prim a volta il colletto pe r la festa del pa esello, alla messa solenne. Per tutto il tempo delìa funzio ne gli sgua rdi delle signo re, delle sig norin e fu– rono rivolte su lei; sguardi d'.aimmiraz ione, d'invidia; ma i guai com inc iar ono nel po– meriggio. al tennis. Un giovanotto , pi ttore ,-alante, pa rlando dell'.-\nna Maria ebb e a dire che quel colletto di pizzo s'a dd iceva m a– gnificamente al profilo classico di quella bella figliola. - Sa rebbe uno spl endido mod ello per un ritratto di donna del qu attrocen to . Concluse. :\"el piccolo crocchio femmini le fu un o scandal o . Yia , un colletto di piz zo non po– teva dare distinzione d·aspett o a una po– vera ope raia! - Già , ser.ten ziò un,a, mamma che, pro– prio nella mattinata, avev a avuto un gr an bisticcio con la figliola che voleva compe ra– re un pa rasole , tro ppo costoso per le loro tasch e, già al giorno d'oggi le signore per bene non san no più che cosa fare per di– stingu ers i dall e op era ie che non m angiano pur di gareg gia re con noi... - Sicu ro , e poi si lamentano per le pa– gh e mesc h ine! R ispose un gru pp o di vil– !eggia nt i, mog li di mod esti impi egati , che erano fuggite in campagna prima del tem– po fissato per non pag are subito il lun go conto della sa rta e della modis ta. Da qu alche tempo l' Anna Maria non s1 facev a più vedere. Le compagn e, pri ma, non si pr eoccup arono: - Sar à un' indi spo– sizione pas segge ra - pen sarono; ma un gi orn o si sparse in paese la notiz ia che la giov inetta era malata, m olto mala ta; un'a– nemia, com inci ata con un esauri mento, a– desso m inaccia va d'ucciderla . - Biso~ ma ndarla in città, all' ospe da- APPE~DICE Pagine di vita Con un grillo disumano a~~nai il mio P~– ve:ro bimto , gli levai il ,·e~t1tmo. Le sue gn. da dispe rate: m i faceva.no impazzire; tut.ta l~ pelle delle braccia era sollevata . Con ~ilo rru pro,·ai ad urge rlo, intanto ch_e s1:pplicavo a correre pel medico: ma quegh abitava a tr~ chilomet ri ed io mor:i\:o alla sofferenz~ _del mio povero disgraziato tesoro:. ,~na _vi~rna, benedetta. lei. mi r,orto una bùtt1gl1a d1 1Jqu1- dO giallo che avev·a. u:;ato per la scottatu.ra d'una ~ua bimba. Io tremavo tutta, .ma r1 11- ~cii a fasciare qui;i pon:ri braccini; 11 bimlJ'J s'acquet&, solleva.to finalmente . .\Ji _parve rJ1 rinascere. .\Ia .sTJbitfJ pen'-ai a Bepp1 cl1e fJ') teva tornare e fof'::.e ri<;H~;diarrnelù colle su" esplo~ioni di c<;il!era_, appena sapesse, d~ll~"d1- ~.crrazia. .-\<la:iiato il bimbo, che :, er,.1 a~-;,,. pfto, cfJn infinite cure, gli corsi incontro, r-Jr• eJ?li già s:.11iva le Sf'ale. _ , - Beppi, gli dis-.i in f,:etta: e avvenuta un., CO!-a dol<Jro~w; Arturo s è scottato gr~vemP~– te Je braccia. Fa di me quel che vuoi; b;.1tt1- mi, <-pezzami, ma per pietà non gridare, non s\·egliado: e.(!! ~i è appena chetato, dopo un ora di ~pasimo. L'e~pre'-'-ione del mio voltfJ don~\"a PSs~rP tale eh 'ei:di non dis<:e parola mi prese prl bra;do, mi so<-t~nne fino al sommo de11a scala. LA D,FESA DlsLLE LAVORATRICI le, allrimenti vi mu or e, perchè ha bi sogno di carne, u0Ya 1 tutti i gior ni - aveva dt– chia ralo il dOJ\lore. Laggiù no, morirò nel mio leLto 1 qui al mio paese, aveva rispost o risolu tam ente la ragazza che, nell a sua po vera me nt e 1 s'era fatta un'immagine pau rosa delle bianche, fre dd e sale dell' ospedale dalle quali, seco n– do lei 1 non si usciYa che per an dare nel g,•wnde, tetro ci mi tera della città . L~ m aest ra del pa ese ebb e allora un a buo– na idea : app rofi ttare dell a presenza dei vil– leggianti per raccogliere una collett a: cin– quanta lire sare bbero state più che sufftcien– Li per compe rare all'ammalala uov.a, car ne ner un mes e. Cominciò la questua; fu qualche cosa di infinitamente triste : quelle piccole borghesi che in città per tutlo l'invern o avevan o con– teso il soldo alla lavandaia, lesina to la lira sul mensile della donna che venirn a sbr i– gare le facce nde di casa, e tutto queslo per venire in ca mpagna con i bau li pieni d'1- bit i alta m oda , furono fer oci con la pov era giovin etta. che a,·eva avuto un sogno d'ele– ganza , di po esia, che le aveva ecclissate col famo so colletto di tri na , di quella bella tr i– na che l'aveva fatta rassorni glri.aire a una class ica figur a del qua ttrocemtot - Vadano all'os pedale qu este contadi ne , che non sentono più la differenza che c'è fra noi e loro! Sent enziò una vecchia signo– ra•, ma dre di un'ango losa signorina, che m u– tava ab ito tre volte al gi orno. G IUS EPPI NA :\fono LANDON!. I governi ci hanno cond ott i 11ell a seguent e situa :;ione: dentr o la miser ia, f uori la auerra . Da una part e l'operaio disoccu pato; dal.l'altr a il soldat o, che part e. Ecco i l pr oblema da ri– solvere, pl' oblema, che s'imp one ai pensator i e che contiene tutto l'a vvenir e della civiltà : fa te che l'opera io la vori e che il solda to non pa rt a più; i n altri tenn ini, sosti tuit e al.l'oper 1 1 di. mo rt e un 'opera di vita. VICTOR H UGO- Ilsocialismo elafamiglia Dialogo fra due fìdancali. Rosin a. - Buona sera, Anse lmo ! Yoglia– mo conti.nua re la nost ra conversart.ione di ieri sera ? An selnw . - Cer t.&mente, Rosina; ma il cielo è Lutto sLellato e vorr ei un po' sgran – chirmi le gam be : volete lascia re l'arcol aio e venir e con me verso il paese? Rosina . - Volentieri. Lasciatemi il tempo cli an nodarmi un fazzo letto inlo rno al capo e sono con voi. 1l nselrno . - Che magnifica sera! Quando il cielo è sereno mi sembrale più bella e mi pare di amar v i di più. Rosina. - Grazie del complime nlo, ma non dim enticate che non m i avet.e anc.ora converLilo alla vostro fede. l i socialismo è bello , e sar à giust o fin che vo rr ete, ma io non von ei che fosse nemico della fam iglia. E non capi sco com.e un giovan e 1 cli così buo ni sentim enti, com e voi siete 1 non sen– La, che la famiglia è sacra. 1lnsel1no. - Rosina, FLosina , voi avele parl ato con Checco del Mugrua(io, o col cu– rato . So, so che tem ono di perdervi e che si atta cca no a tut to, per indur vi a non a– marmi , a non ascolta rmi. E che cosa vi hann o detl o? Rosina. - Nu lla, nulla; è stata una sem– plice frase che mi ha indotto a pensare: i< Diffidate di chi vuo l disbruggere la fam i– glia ii, ques to e non altro m i dicono . Ma parl ate, AnseLmo : sapete che io ,~ asco l– to sempr e vol-enti,eri . La famiglia nella società a//u ale. .4nse lmo. - Com'è costituita la fami glia nella società bor ghese? Se in terro gate il cu– rato, o il mae stro di scu ota , o il vost ro padr one , vi di•ran no che deriva da ll'unione di du e esseri, che si amano e si congiun – gono secondo il comand a,m en.to di vino , che fa obbligo agli uomini di « moltipli ca rsi >1, Un altro disoccupato per colpa degli eserciti invasor i. Per giorni e notti lunghe, entra n.1bi non fummo d'altro asso rbiti che di mitiga re la sofferenza del piccino; quando si doveva fa– ~cif.l.rcera uno spasimo orrendo per tutti tre. Jo lo tene\'o <;empre sulle mie braccia su r un guanciale perche no~ avesse a su bir alcun urto: non sentivo piu il mio Ilta le, come se qualche cosa lo avesse sospeso. .\la appena il bim bo comin ciò a gua rire, una sofferenza acuta al ventre1 tti fianchi , mi obbligò a letto e semp re piu rni agg rava i : no n mangiavo più: qualunque cibo o bevanda Hti prrJvocuva il vornito. l~ro ridotta ad un fllo: qual male rnbterio-,o rni rninaui '! 11 medico .":piego: un'emorragia interna prodotta da qualche causa; un ematocelo, un aborto ex• tra.uterino. Si rendeva necessaria un'opera– zione gravr:; bisognava €!,trarre il sangue chf! --,i guasta\-a . .\lio marito era impressiOMitiSsi– rnrJ. lo soffrivo molto, mtt ero tr:111q11illa; mi 1,a1eq1 di godere una pace di , r,iritrJ rnspc– rata. Vr.mne uii:.1. mMJre, mio frat~llo; una mia a– rni<:a, IHatrire dr:I fJtJese, era ~elflJJrt• al mio ,:afJt•zntlr; io la senti\'o qualch1; volta sin– µ,biozzare cou mia rnadre. Mio fr:... follo rni Hi(·roritava delle barzellette per 1nostrarsi è'.11- 1,:gro Nl aw:va gli occhi pieni di l!i,C{rimr. Io ridr:\"O <! <:tJn7.ùna,·o tutti rfolla loro paur:.1. ~,1 p;is._a,·o notti terribili. Vnine t1n profesf'ìore per !'operazioni:: nr,n ._i ;J 1Thdiiò a farla. Bisogna (Jùrt:.i.rla a .\filano in 11M.1. rn.H1 di cura, disse. E alle trP, del mattino c;eg11P,ntecon un c:ir– m d'amhola11za, si p:irt1. La donn:i, la. 1~1 vandaia, le ronOJscenti, le v1rinl), rn·ave:in sa l11tata pi:irwendo, P,d io avno lettr, rn~i IorrJ orchi che ritenevano quello il congedo surire- I mo. L'arni ca e la mam ma eran con me ; Bep– pe ci 1::eguiva . Pareva una carovana; il viag– gio era inte rmin abile, ma io avevo abbastan– za cor agg io. Solo mi dispera ,•a il pens iero d1 mori r sola, in un luogo esl raneo, fra estra– nei. Forse morir ò durant e l'o pera zione, pen– savo, ed allora avrò la mamma vicina. Si giun se \'erso il rnezzodl- 11 pr ofessore 1ni visitò : disse che conve nivn attendere parecr /Ji giorni ad operUl'IYli, per– chl: mi rimette~;.,i un poco. - Oh no! vi prego, gli dissi, fa temi a pcz– ,:d, ma fate pI'esto. Soffrivo dolo ri insopportabili alle rrni. Pel" riposa re un po' rive rsa,•o la testa dal letto q11asi sul pa, imenio. Beppi pareva trasfonnato. Passa\'a le notti ad assistermi, mi chiedeva ~cusa. Jr, mille vol– te, mi direva tante coi:;e huone. Se guarirai, ti farò d iment icare ogni dolore; sa rò buono; mi lascierò guidare da le che sei saggia. :\'on lasria rmi, Ritn, guarisci; ora sento come mi i;ei preziosa, cou1e mi Sf'i necessaria .. \bbi J)i<~tàdi me; trova la forza per guarire ! lo son malato; come un lube rcolotico hn. il mi– rrobù della tisi. io ho quello della pazzia, del– la pro digalità; perdonami; io so110 schiaw, <lei mif!i istinti, dei rniei impuls i; ti ho rc,r;w infr– li<:i.<.;sirna;eppu re ti ,·aglio bene, nùn voglio fH 1 1'Clerti ! Sentivo c.-h'egli Pra sincero P gli ùsevo già p<!rdonato, benchè comprendessi clic sarebbe 1 imnsto sPmpre l"OSÌ, pprrhb irresponsabile. Eg-li r1ve,·a portato al \fo11te di pietà il suo ùmlogio, qualche Jikcolo oggettino d'oro che JtJi <·ra rimasto, ma non /1\'eva più (fuattl"ini. .\lio fratello subito a\'eva assic11r1-tto chP pn la i,;ori:lla avrebbe sospeso il ~uo imminente matrimonio, pur tanto dcsialo, ed avrebbe ~1'a gwa;rdat.evi intomo 1 Rosina , e vedrete che la magg ior pa rte delle famigl ie no n è bas ai.a sull'affetto e sull a stima reciproca. Af al ri nio ni d'i nt er esse. Rosina. - Pur Lroppo ! Ma qu esto - lo am1meLtere1te anche voi, spe ro - dipen de dalla cattive ri" o dalla legge rezr,a dell'uo– mo e della don na : sono LM Lo poche le per– sone oneste! Anselmo . - No, Rosina, siete in erro re : cio dipen de da cause ben più gravi e pro – fonde . P ensate, prima di tutto, al mod o con cui si fanno i mat.rimoni nella soc ietà attua le. Ci sono, è vero i cas i - e ne1le povère famig lie sono pi ù fr equen ti che nel– le altre - in cu i due giovan i si spos ano perchè si vogliono bene e sono a.nimaiti dal – le migliori, dalle pi ù pu re, da.Ile più one– ste intenzioni . Ma ci sono anche - e sono i più nume rosi - i m atrim oni che rappre– sen tano per uno dei coni ug i o per ambe– du e, un affare più o meno locroso, più o meno sicuro. Credo che av rete anche sen– tito dire che esistono delle agen zie matri – mo niali .. Rosina . - Che orr ore! /1.nselmo . - Brava Rosina ! li vosLro di– sgusto m i confo rt a e mi incor agg ia a con – tin uare. Chi sono i clienti di .tali agen zie? Vecch i vizio si che cerca no un a mog lie giov an e e fresca da contam inare col loro con ta tlo, giovan i cin ici che, dopo ave r lasc ialo la. ·loro fortuna sul ta ppeto verd e delle ca.se da giuoco, cere.ano un a bella dote senza preoccu pa rs i dell' età, dell 'aspe tto , dei pre– oed eruti della fida nza ta, comm ercian ti in cerca di capitali , don ne ar ricchite chis.sà come, che vogliono comprar e un marito, per figu r are tra le !( signo re per bene > ecc. Ci sono i111oltre i sacrifi ci, che si consumano nel silenzio delle m ur e domes tiche, colla com,plicità dei gen itori , dei fr atelli , degli amic i, dei sacer doti. Ed ecco le fan ciulle po>Ver•e che devono soffoca re un loro pur o e spontameo sentim ento d'amo re, per dare la man o di spose ai cosideW 11 sa.lv.a.tori della fa.miglia », a uomini cioè, che, dispo – nendo di una certa fortuna , comp rano la moglie come compr erebb ero un vest ito nuovo.. Rosin a. - Ma ci sono delle ragazze che non hanno bisogno dei consigli di nessu no per pr,eferilie un vecchio vizio so ad un po– vero innamor a to. Anselmo. ~ E' vero , Ros ina , ma ciò di– pen de dall 'onnipote nza del danaro ed è un a circo S1tanza contra ria, a sua volt.a, aJI) sti– tuto della fami g lia. E d imos tr a una volta di pi ù, che il matri ·mo.nio no n è 1 nella mag– gior parte dei cas i, che un affare e dei pi ù sord idi, dei più immo rali. Vi sono a,nch e, l'ho gi à detto i mv1tri moni d'amore, ma cred ete forse che anche ques t.i possa no es– ser sempre felici:i'? Mat rinioni d'amore , Assai spesso du e giovani spos i non cono– scon o la vita. e non mis urano le difficoltà a cu i van no incontro : queste difficoltà sono talvolta di tale na,tura da soffocare ne i cuo ri ogni senti men to. Ho vissuto alcuni anni Ia vita dell' -0pera.io di città , e vi ass icur o che ho assistito a degli spe ttaco li terribi li. La giova ne ope1 ~a.ia ridente e spe ns ierata, non ca nta più le sue gaie can zon i, quando è affranta da. una fatica inumana , quando , dopo aver pas.safo la giom a.ta nella fabb11- ca, deve accu dire in fretta alt e facce nd e domesLic he. alla cucina e at rattopp o delle cose sue e di qu elle del ma ri lo. Qua nd o poi soprag gi ungono le gravi danze doloro– se1 gli alLaUam enti , i figliuoli da allevare 1 fatt o fronte ad ogni sµe:$a per l'operazione e la cu ra, anche col cordiale ed affettuo so con– senso della fidanzata. Jo ero commossa per tanta bontà. Mamma passav a lunghe o·re presso di me, ma io non pote,·o ciba rmi: anrhe un cucchiaino di bro– do m i procur a\'a viva sofferenza. Mi si diede del calo mela no, mi ~i pr eparò per l'opera zio– ne. Comp ie\'o il giol'no dopo :26 anni ed ave– \'O ricev uto qu el mat tino lettere affett uosissi– me e dolent i dall e sorelle, da pa ren ti cd ami– ci. g l' addio, pensa vo. E non mi dispiaceva mo llo; solo i miei poveri bambin i mi addolo – ra\'a no. Oh, li av rei affid ati a mi a m adre! l'av rei pregata ta nto di non abban donar li ! Vegliasse sopra loro! Come f~? Pr opr io que l gio rn o, alla vigi lia, l'emo JTagia si sciolse; io mi senti i subito sol– !evata e dopo settima ne in termi nabili di pa– timenti, potei dorm ir e qu alche ora. Ri sve-· glian dom i, doman dai del cibo. Mia m adr e non pote, a credere al pr odi gio ; la d irettr ice della rasa venne a vedere se prop rio io do– manda\"o qualc-he cosa, io, che non volevo arrende. rmi alle sue preghiere di nutrirmi un poco, cl inghiottire un sorso di ro ba. Il medi– ro ~i felicitò con me. lo dichiara i che non ne \'ùle,·o più sape re di ope raz ione, elle stav o be – ne, che non a\'evo più dolo ri. .r\J ma_ttino seguente il pro fessore avvertito mi visito e pure ~i t<,ng-ratulò meco, ma fece mille racronian dnzion i. In due o tre gio rni m i pareva già <l'essei' un'allta. e, qua nd o non c'e– ra nessuno, ~rende\'O a tentoni dal letto e an – davo fìno alla fine~lra, ma tacevo con tutti sulle mie prodezze, pP.r tema d'P.ssere ~gMda– ta. I miei poveri <'apelli com'eran ridott i ! 1l mio vi~o come s'era fatto mogro ! (Continua ).

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