La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 9 - 1 maggio 191

La notte di Giulietto Il babbo rin casò tardi, ubria co fradi cio. Giulietto ninnava il piccino che strillava e la mamma gli scaldava un po' di latle. cur– va sul caminetto. " Sta buono » diceva Giulietto al frat el– lino , ora la mamma ti dà la pappa dol ce. :\'la il bimbo. una povera creat .urina di pochi mesi. non sentiva ragioni , tac eva un mom enlo quando riusciva a rnett.ersi in boc– ca le manine e a succhiarlè, ma ripr ende- Ya subit.o a piangere . · Il babbo disse : " Chieta quella scim – mia n _ Poi ri se, socc hiu den do gli occhi, un riso idiota e cattivo: " Gli scaldi il latt e, eh? Già, è il tuo pre– ferito quello lì. Tu sai , non è vero. di chi è figlio? ).[io no , basta guardarlo >>, Quand 'era ubriaco era sempr e pr eso dal – la fissa zione che i figli non fossero suoi. La donna taceYa. impaurita , non osando guardarlo. pr esent endo una di quelle sce– nat e di violenza , da cui usciva tutla livida e con in cuor e un·umiliazione , un ran core infinito. il bisogno di scappare , di morire , di non soffrire più. Ma il suo silenzio esa – spera,·a l'uomo. Cominciò ad urlare paro – le da t.rivio. poi a picchiare pugni sul ta– volo , a minac ciare. « ~lamma. disse Giulietto , va , ci penso io aJ bambino • · Tr emava tutto per lo spa– ,·ento. ed anch e il bimbo ta ceva , indeb olito dalla fame e dal pianto. rt Va . rip etè Giuli etto. piano. alla mam– ma con voce supplich evole ; lo sai 1 quando non ci sei tu egli si calma ►►· La donna posò il pent olino del latte sul ta, ·olo e disse con voce di accorata ras se– gnazione: " Dà il latte al piccolo. Tornerò presto"· Ed uscì. L'uomo la gua rdava col viso idio– ta dell'ubriaco , poi quando fu uscita disse aJ ragazzo. ammiccando coi piccoli occhi cattivi -e rossigni: (( Sai.dove va tua madr e? \"a dall'amante "· Diede un pugno sul tavolo e tutto il latte tiepido si ,·ersò sul pa,imento. Il bimbo ri– cominciarn a stri llare per la fame. L'uomo chiuse ruscio. mise la chiave in tasca. si sdraiò sul letto , s'addormentò ct·un sonno pesante. cc Giulietto! - chiamò la mamma dopo un po· - . \primi -·Il bambino senti la voce ca· ra e parve ehe dal sao viso scomparisse o- . _· . · !errore. :M&. pe:r q11anto s'affaticasse con le piccole mani atim'ho al– la serratura egli non sapeva. non poteva a– prire. « Oh. mamma. non posso , non posso! ii. " Giuli etto. Giulietto mio. fa uno sforzo, provati ancora'. ,,. ~a la rnc e piena di pianto del bambino rispon de,·a dopo un nuovo sforzo inutile: u Oh. mamma , non posso, non posso! ». Il piccolino continuava a piangere. • Giulietto, diceva la mamma , dagli il latte » . • :Son ce n ·è più , mamma, il babbo l'ha versato tutto ». Allora la donna tacque e par eva a Giu– lietto di sentir e un pianto silenzi oso venire di fuori . dall' omb ra. Ah , come fu lunga la nott e! . Quan do il bambino si quietò , sfinito , e Giuli etto senti che la mamma non era più accanto all'u scio 1 cominciò a tremar e e a battere i denti. e gli parve che la sua vita doYesse finir e nella notte interminabil e, ma APPE:<DICE 16 Pagin~~i vita Soffri vo di dvere alle spalle di mi o p~dr e e scrissi implorand c, que l buon s_eg~etan o del Provveditor e per aver un posto d1 r:1sulta. . :.\-i'off.erse un posti cino (pr esso a Gall_arate 1~·1 ana. scuola nuova ) da 500 lire. ~a mi sc~:ms:– gliav a viva.mente di avventur armi C?ll~ bun bn.. in un pa.eee così lonta no dalla fam1g)1a e. con uno stipend io così misero e col mart VJ d1sçc- cu~~i~~ non potevo rimanere a cari ~o ~ei mi ~i. :\fio padr e, prim a dell a partenza, m1 di sse d ~– ver io ormai un sacro dov er~ vers_o la mia bim ba e r11m più verso il manto coi:1_1.ege,o , che dove \·o abbandona re a l suo de_strno.. . Inf atti io non a,\'e\'O pili alcu na stima d1 lu1, nè sper ari za d i m igiiorarlo; ~u re n?n saoev? strapparlo da l mio cuore e 1I pensiero , de!l u \'it a lun ga , sola, triste, senza un a comp, ignia , un conforw , un rifugi o, mi spaventa\ ·a. , T~n t/J bisogno a\ e,•o. d'u!1 ~ffetto f?rte e s1ld a. r CQ~ e tr ova r coraggio d1 \·1\·ere p;;:r m~, per la m1_a creatura'? - Lo d-0ve\·o; ~accolsi tutte le mie energie e par tii sen~~ scrive r nulla a Beppe. Ciò mi costò assai. Mi _oar~\·a Ele<;'-Je. - Avev~ chi esto ad un'amica d1 ).1tlano d1 concedermi ospita lità al mio a rri vo, per l~ notte. r,..· 00 so come avven i:ie : Bepp1 lo seppe e lo trovai alla sta zione gwngendo. . . Dapprim a n'ebbi un senrn d1 sol il.evo. )-1~ poi compresi ch 'egli era sempr e lo. stesso, di sse che sar ebbe ,·enu to meco ad Of!Tll modo, mi chiese denaro per quell~ sera .ste~s1.,.– Io avevo appena il necessarJO p_er il via1p~1~– - L a bimba aveva sofferto a.s.sa1 ed eni_ md.i– sposta: passai un a notte to 1mentosa: 11 mw c:tato d·anim o era pi etoso. C:on una. pes~nt~ ~-aligi.a. in man o e la bimba m ~raccio ma\– Yiai alla stazi one col cuore cosi stretto che LA DIFESA DELLE LAVORAT IHCI che anc he dopo egli avr ebbe sentil o qual– che cosa; un freddo, un vuoto . una deso– lazion e, un orrore. E non più la mamma , e nessu no che lo ris caldasse sul suo cuo re, e for se an cora , sempr e, avr ebbe sentilo la voce del babbo quand 'era ubriaco , la voce catt iva e il riso deme nte. All'alba il piccino dormiva , sfinito e Giu– lietto aveva il viso sciupato , come se fosso stato ammalato per dei mesi. Il babbo era usc ilo lasciand o ape rto l'u scio. E fuori c'e– ra una festività nuova. uscivan o uomini e donn e coll'abit o della dom enica, e un viso ga io e tranquillo. Giuli etto andò sul ballatoio della casa Dalla porla delrappartamentino vic ino usci– va un uorno .. -\,· eva la craxalla l'ossa e un ga rorano rosso all' occhiello. i( Carlo. domandò Giuli etto , è festa oggi? 1( E' il primo maggio, rispo se Carlo. Ma Lu sei già alzato? 1, Sì. rispose il ragazzi no. Non ho dormi – lo. Il mio piccino piangev a». Una volta 1 < E la mamma? 1, . " La mamma è scappata pe rchè il pap à e– ra caUivo. Ma che festa è ogg i, Carlo? "· 11 Po vero piccolo! disse Carlo. E' la tua festa.. Se tu pot ess i capirei ((Un giorno non vi sarà più la mis eria che rende la tua vita così grama e nessuna mam– ma fuggirà di casa per la pr epotenza be– stiale d'un uomo 1 e nessun bimbo pian– gerà per la fam e. fil non vi sarà dolor e per voi. povere creature che entrate ogg i nella vita! ii. La mamma s'av vicina va in qu el mom en– to e aveva un o sgua rdo disperat o e stanco- ((Mamma ! Mamma ! g rid ò Giuli etto, col viso come illumin alo impr ovv isam ente. Sei tornata! Non pianger e. Non sai? Un giorno non soffrir emo più tanto, come qu esta not– te. Ogs-i è il prim o ma ggio! i, . E la donna ebbe un pallido sorri so. M. P. B. .............. g'fÀMv e adesso Al d ' l' d l fi e trè a quelle comune con gli uomini, un'o- l a e eonn pera speciale per ottenere . leggi che miglio- 'ri'no •1e condizioni della donna. Il suffragio femminile fu introdotto in 1 Purtroppo nel la regione che è un esempio quattro stati ameri cani e in cinque austra- di operosi tà di coltura (non vi sono ormai liani. Subito dopo si affermò , quasi inaspet- P\ù analfabet i) la minaccia russa è continua- tatamente , in due stati del nord d'Europa. mente l'incubo e il pericolo. Il primo paese europeo che diede alla Anc he in Norvegia il movim ento popola- donna il suffrag io fu la' Finlandia , un paes a rQ che. promosse la separazione dalla Sve– unito alla Russia, ma a cui lo Zar garantì zia, coinvo lse anche la donna. un 'amminist.ra .zione autonoma . M · o~ ./ lle donne fu negato allora il diritto di verno russo esercitò semp re sulla Finlandia are a: referendum per la separa– una politica. d'oppressione, tentando di rus- zione, allora ne organizzarono uno per con– sificarla con ogni mezzo. Nel 1800 fu sop- ta:' loro che raccolse 300.000 voti femminili pr essa, violenlemente, la costituzione. Ma favorevoli al distacco. Questo fatto indub– nel 1905 scoppiò la grande rivoluzione in biamente agevolò la con quista del suffra– Russia e i finlan desi si sollevarono e rieb- gio femmini le .che fu introdotto nel 1007. bero la cost ituzione. La parità dei diritti della donna è una Nel 1906 vi fu una riforma generale del questione che verrà risolta in br evissimo diritto elettorale e, in quell'occasione fu ac- tempo in Danimarca , dove la donna che pa– cordato anche alla donna. Ma la donna fin- ga un'imposta è già elettrice amministrati– landese aveva dato prova della sua matu ri- · va. L' Islanda. unita alla Danimarca , ha là politica , acquistando , molto tempo pri- già concesso il diritto di volo alle donne. ma , un p0sto importante nella vita econo- Nella Svezia nel 1913, il governo liberal e mica del paese. sentendosi , pari all'uomo presentò un progetto di legge per l'egua- nell a sua vita di lavoro. glianza politica della donna , progetto che La Finlandia aveva bisogno che , contro fu accettato da lla camera e respinto da l il pericolo della lib ertà continuamente mi- S~nato. na cciata tutte le forze politiche del paese S•i spera ora in un Senato più favore- si allea~sero nell 'int ento comune. Uomini vole ai postulati della donna. e donne nel bisogno d'e ssere una nazione Anche in Francia pare che, fra non mo l- indipenvtente hanno un 'anima sola. to, le donne acquisteranno il diritto di voto Lz donn e della Finland ia elette da l su ffra- nei comuni, diritto giù concesso in alcuni gio veramente universale compion o poi, ol- cantoni della Svizzera. ad ogni passo mi pa reYa di cad_ere. quando salii nel vago ne, vi di mio marito g1~ngere fr etto loso. - ti Come faremo con 1:00 lir e al- l'ann o? 11 pensa i. . . Si do\·eva. poi fare un lungo l ratlo a. p1ed1 _e piove\·a... Jo avevo una lir ~ in _Lasca. !\on d i– ment icher ò mai più quel v1ugg10 penoso. - È arr ivata la maest ra. del paese - susur– rava no i raga zzi, guarda nd ond con cu ri? si~à. L alJ-,ergato re ci accolse con un a cordialll~ affettuosa che mi rinfrancò. - Quella perl a. d1 alberg atore non volle che pagassi~o _da cenri, ci offerse un a sU:rnza bell a, arnmob1,gl1ata , con una gro ziosa culla per sei lir e mensili e ci a~ perse il più ampio credit o. - Ma non sol.o: ci avvert ì che il mae stro che aveva le clas si ma– schili aveva ri nunc iato al posto cui era. an– nesso lo stipen di.o di L. i50 e c11'io, ores en: tando mi con un suo bigliett o al sind aco, av rei potuto ottenere quel posto. . Tanta c-ortefe o,;piw lità, to nb:i cucc agna, di s– sip ò le dense n uhi del mio volt.o e m'_ar: ri l'~– nimo n. un po· di spe,·anza. - Ott enni 1nrat.i1; affid avo la. b:mba a mio marito duran te la mia Pssenza e facevo la mla scuol a.. Jncornin ci:1rono pr esto i guai. E.gli gioe 1vn. e beveva.: un :1 sera mi batti- , spa, entò la bimb a; mi cld use fuori della stanza seminuda , con ess:1, att errit a. Io b:ittev o i denti pel fl ed– do e pel disprez1..-0;per la nausea che mi st rin - gev:i. la. gol .i. .. ,. . . Il di dopo lo avvert11 eh 10 non avrei asso~ lut.am ente JJ<lga to i suoi debiti di vino e d1 gif ~t nt.o erano scaduti tutU cdi non;i lti rlei dazi, per la fi ne del quinqu enn io. E~li si of– ferse come i11piegatn a molli Comuni che lo gestivano in economia : fu nomin:tt.o in uno gros~o, a una ventina di chilome1ri, ( d era qu asi s.emp,e ussente. Dovetti affid are la b!inb a ad una <fonna del popolo, dur ante le ore di scuoln. Ell a ern tor– nata un fiore: camm inava ten end ole un a m~– nin a; chi amav".1.:~la... mamma .. Vivevo di lei. - Come avvenne non so: - Nono stante le mi e raccomandazi oni quell a donna le copriv a molto la testa e le lascilwa i pi edi scoperti più di una volta. Ne l 'avev o rimpro, ·erata spesso. - La bimba si ammal ò. La. febbr e l'assali con violenz a. - Il medico che abitava lontano, éhiamato d'ur genza, mi scongiurò di tranquil– larmi, che non era cosa grave. Ma la febbre non cessava, non cessava m ai. Ed io dovevo anda r a scuola, abbandon arl a in alt.re mani; invano avevo chiesto un oer– messo. - Andavo a. scuola sin ghi ozzand o. - L a neve era alta in quelJ' invern o, il fredd o rigidi ssimo e la mia bimb a non trna riv a. Sei o set.le volle scappavo a Cafa dur anle la le– zione: le donne che mi vedevano pnssare, mi di cevano: u Beat.a la mamma che ha il orim o bimb o in paradis o! n. Una rib ell.iono nspra mi scuoteva tutta: Vadano i vostri all 'infe rn o, se così vi piac e, ma la mi a bimba deve restare a mamma sua! - Scos-s :i.da 1m cont inuo lr emit o, nppenn fi . nit a. In. scuol 1, corr evo fin sulla sogli a di quell a cuci netta affum icata e mi fermavo sen– za, respi ro. - Qua nte cGse non feci, non pro– vni! Quando la febbr e spari va, pian gevo di gioia ; quond o aumentavn, la mia di sperazio– ne m'impi etri\' a. i\o n ri posavo più da settiman e e settim a.ne ; spiand o co11 terr ore il respiro dell a pover a pic ci na , consultando il term ometr o oµni ora: supp licai il medic o di chir1m:!rP. riua!che nlt.ro, q1i:il che speciali sta, di sa.lvù r la mia creatu – ra., se voleva salvar me. Giunse mio marito: venne il pr of. Rrimpolcli di Pavia . - Il medi co non n.veva cripi lo; si tr nttava di una f}ùlm onit e. - Conto cose gl i chiesi - mi d isse cli non di spernrc. Infatti , parve per un 111omento elle il mn.le si d rn lvesse : la IJiniba fu tre giorni senzn fehlire. - Voll ero portn rmi via, lontnn o dall a !Ji111ba rdcu11e ore pcrchè rni ditn:i.egsi, mi to– gli essi a. qu ell'in cubo, re.!:>pir assi un po' d ari a dop<J du e mesi di 11101-tale aMcosc·a. - Mi La logica dei semplici Le ottoore e il sabatoinglese. Oh, gua .rda mo' come si santifica la festa!' Il lavatoio è pieno. Che diamine? non dicono i comandamenti di astenersi ogg i dai lavori servili? - Ah, sì, è como do seguire i comanda– menti , quando si sta in casa tranquillarpe r.– le, la sett imana intera, come fai tu! Ma noi meschine , abbiamo una giornata di und:ci ore in fabbrica e capi rai bene: non pos– siamo lava re di nott e nè tenerci. .. la camicia pCr un anno. La pulizia ci vuole. se ci pr eme di star sani! Quanto a me, non è proprio che mi pre– mano tanto i comandamenti della Chiesa, ma penso che si dovreb be avere un orario più umano. - Oh, ma una volta si lavorava anche rli più ; adesso vi volete ancora lamentare? · - Altro che lam entare! Se una volta la qente aveva gli occhi chiusi, non è una ra – gione per dormir sempre. Otto ore di lavoro sarebbero anche troppe, per noi donne! E per di più dovremmo ottenere il pomeriggio ,ibero di sabato, come avviene in altri paesi dove è stato il mio uomo. - Certamente che per le donne sarebbe coillodo avere una mezza giornata di ·libel'– tà: hanno le loro spes a da fare ed i negozi dt domenica sono chiusi. Ma come fare se il guadagno è già scarso? - In quanto al guadagnfl bisognerebbe pareggia rlo, rialzando le tariffe per chi la– vora a fattura e chiedendo l'intera paga per chi lavora a giornata . - È possibile ciò? Ti pare che i padroni siano cosi minchioni da aceonlenLarvi? - GiA: i padroni sono furbi.. quando i minch ioni siamo noi. Basterebbe che noi fess imo tutti unitC e si raggiungerebbe ,1 nostro scopo. - Eh, si, ma i padroni possono anche chiuder le fabbriche; dicono sempre che la va. male! - Che paure! O le chiudano una buona volta tutte quante 'ste fabbriche e pense– .remo noi a riaprirle!.. Ma non commovei:– ti troppo ai loro lamenti: infine cantan miseria , ma non si vedono a patir gran fat– to. Sullo stradone è un viavai di automobili che ci mandano polvere e odo re. Da que l che sento, anche in città il lusso dei sig,iori non ten de a dimi nuire e se si chiude la piccola fabbrica ' c'è subito una società -:c-c e~ se= "'n'"ec- - - -- ==t impossessa per sfruttare con più profitto. - Ma come dicono ·essi, debbono subire la conco rrenza ... - E la fanno subire alle nostre spa lle. Ma Sé tutte le lavoratr ici d'ogni fabbrica e d'o – gni categoria si mettono d'accordo , il peri – colo della concorrenza fra i padroni è levalo di mezzo. - Si , sì, dici bene. Ma con que lla disoc – cupazione che c'è intorno .. - Brava. è qui che ti volevo cascata ! Di– minuendo le or e di lavoro si viene ad accre – scere il bisogno della mano d'opera e sarà altrettanta disoccupazione evitata. - Tu parli bene , ma ... ma ... ma ... - Ma, se fossero tutte come le non si fa- rebbe un passo avanti, e il guaio è che lro1r pi ti ·rassomigliano. g. b. Abbonatevi allaDlfESA DHlE lAYORATHICI strapparono a forza, mi fecero -fare una t-rot– tata; ma un presentimento nero mi teneva l'anima sospesa in uno stato quasi di pazzia. Rinc a,sai ; non ebbi il coraggio d'entrare: fuo– ri dell'uscio tesi l'or ecchio sospendendo il re– spiro: inte si il soffio ansimante, quasi sibi– lante della bimba; era la febbre ancora; ·le malinrda feroce che soffocava la mia bimba, la mia. gioin, la mi a vi ta, tut1ociò che mi re– sta\'a al mondo. - Non mi mo ssi niù: che le :wea fntto c1uella donn ;.1? Le avea fors e dato da mangial'e in mia flssenzq, l'aven. portata fuori; che aveva fatto? La guardavo con un senso di odio, con occhi di follin . -...:.Tornò mio marito; telegrafai a mia madre. Giunse · la povera donna. in quel Crudo inverno e l 'at:– bracciai s-inghiozza.ndo; . Sper rhi poi.esse sal– varmela. Nel letto, fra noi due, mi pareva protetta. E la vegliavo ' cori ansia cosi in– tensa che mia madre mi supplicava di ripo– sare un momento. Ma non sentivo mai nè sonno. nè stanc hezza. Aveva sempr e ~-et.e e co11a. sua. manina e coi suoi occhioni profondi mi accennava che voleva bere, ma pc,i tutto le faceva ma le, le toglieva il respiro. - Oh! lo spasim o di quel– le notti! - Anche a mia madre io serbavo un po' di rancore perchè voleva che io cacciassi giù qualch e cosa, perchè si occuoa, ia di me: ciò mi esasperav a. - Ma la mia bimba. muore! la. mia bimba muore! - Qu'lnd o in tesi quella donna, la ba– lia asciuUri , ordina.re una veste bianca oer la min, fìgli11oln, le lanciai uno sguardo pregno d'odi o. - Non morirò.! le dissi. - Siete• feroce. An– dat e via . E morì la pov.era bimb a idolatrata; volse gli occhi in gi ro con un o sguard o profondo, chi rimò: M n... mnmnia! pa ... pà! E morì nelle bra.ccia di rnc.1mma sua. - E fossi mort a anc h'io in qn ell 'ora e non aveEsi saputa più tutta. la nausea del mond o ingiusto e cattivo . (Continua ).

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