La Difesa delle Lavoratrici - anno II - n. 21 - 21 dicembre

NATALE L·uomo era appiaUato vicino a la villetta e aveva lascialo il suo compagno, un po' lontano, a fare la guardia. ConosceYa bene quel'.a \·illa 1~erchè vi aveva lavora'o come imbianchino; sapeva che vi era modo di nu.– scondersi, fare il c-0lpo nella notte, fuggire dalla finestra a pianterreno, quando i pa– droni sarebbero usciti per la messa del– l'alba. Sentì l'uscio che dava sulla strada aprir– si, e la voce del.a donna che diceva teae– ramente al compagno: " Torna presto. LJ. sera di Natale dobbia– rn.o pa ... sJrla in~ieme 11. L'uomo rispose: u Tornerò, sta tranquilla. - Ora rientra, la notte è cosi gelida I». Ma la donna volle accompagnarlo fino allo srnlto della via. li ladro entrò rapidamente, dalla porta lasciata semichiusa, si nascose, un po' Lre– mante nella scaletta buia che conduceva ;n cucina. La donna entrò poco dopo. chiamò b domestica. te domandò: " La piccina? ,, ,, Dorme, Signora)). 11 ladro che aveva oonasciuti gli sposi -qualche anno prima, quando la villetta er• appena terminata, ignoruva la presenza de!– la piccola creatura. Ed ebbe un brivido co– me di freddo. Se la piccina l'a,·esse sentita I Se si fosso spaventata I E un ricordo lontan:::, e preci. o -gli venne a un !ratto in cuore: l'\0:1 J.\.Cvo egli nella sua lontana fanciullezza una sorellina, picoola, piccola e bionda, morta da tanti anni, che di notte lo abbracciava stretto perchè aveva paura dei ladri? Quel viso quasi dimenticato di bambina parve che lo guardasse ora con tenerezza ace.orata, richiamandogli nel ve.cchio cuor.a indurito, sogni, r.cordi, dolcezze così lon– \ane, cosi lontane! !\ella picola villa dormivano tutti. E vi era un silenzio dolce, il silenzio del– le case tranquille, ordinate, piene di pace. Il ladro era salito al primo piano, con un passo cosi leggero che nessuno, anche de,,--1.o, avrebbe potuto indovinare la presen– za di un estraneo in casa. Ma vicino alla p:irta, della camera dove dormivano i signori, vi era una specie di l'ipostiglio, un camerino buio dove non vi erano che vecchie oo,e e dove non entrava quasi mai nessuno. Il ladro vi entrò cauta– mente, aspettò che 5ll()nasse la campana della messa. Ma ad un tratto senti una voce di bimba I oc :Mamma, mamma! ,1. La mamma rispose: .. Dormi, tesor~ ,,_ Ma la bimba non taceva ! • Credi che il bambino sia già venutoT • Che cosa m'avrà portato? Va a vedere, mamma». " Se non dormi - disse la mamma - non avrai doni. S'a tranquilla. 8 nott~ ». La picoola ,-oce tacque. Ma dopo un po' riprese, un po' tremante: • Mamma, prendimi nel tuo letto. Ho pau- ra ... ». ••Di chi hai paura, cara?,,_ ·• D1::i ladri, mamma». ,1 Ma no, rara, non dl:'.vi aver paura. Sei cr,n la tua mamma. Chi vuoi che pensi a APPENDICE Psgine di vits Intanto mio marito non si conteneva ~mpre tropr,o be11e: ave\'a. qualche scatto di violen– za cl1e: re.i St.,rprendevfi. lo ero av\ ezza in casa .a veder trattare mia madre con tanta delica..– tezza di modi, che snffrivo amaram.ente d'una parola scorretta o volgare. Gna. sera Beppe si J~g;1ù di sentirsi male: era nervoso. convul~o; si t,uttò sul letto e si addormentò profonda– mente. ).fa. io non ero tranquilla. Ogni tanto aveva. un sus.sulto e dorna11dava da l,ere. Stetti tutta la notte ~eduta al capezzale: al maUjno qu! 11d·e~li ~i S\egliò nii tro\·ò apr,oggiala colla tts 1 sul letto, che dùrmivo, tutta irrigidita.. u Cht'. fai? ml chie.-.;e. Perchè non ti sei cori– cr1t:.i '! ,1 H Stavi u1:1Ie ier sera, tanto male. Cn• me pCJtevo dormire'/,, Egli prc,ruppe in una so– nora risfl.ta : 1 Che male? >1 esclamò. A vevù be· vuto, asc;ai hen1to: ero ubbriaco. Lo guardai tra-.ec<Jlata. Fu una s,,, presa a- rnaril . LA DIFESA DEl,LE l,AVOHATRICI far del male a una piccola gioia co111ele?" AL DI LA DEL CONFINE I I ladri - domandò ancora la bimba sono cattivi mollo? ». 11 Sono dei poveretti, dei disgraziati. ~la non pensare, cara. Dormi. Sei qui con noi C'è anche papalino qui! Non Io senti come dorme? 11. La piccina. tacque tnmqu:Ila e persuasa. li ladro usci dal nascondiglio, discern, apri la finestra, fece un sa lo nella s\rada. La nolle era rigidissima. Suonavano i pri– mi locchi della campana che annunciava la mes-a dell'alba. Il compagno che lo aspettava fuori gli do– mandò piano: ?, t'OSÌ '! ll ,e Non ho potuto far nulla, ti racconterò è una noUe disgraziat..a 1,. E meni-re s'allontanavano rapidamente, il ladro ebbe la sensazione che il picc-olo viso bianco de!la :::ore·lina :s:ficras:e il suo e che n!'gli occhi dolci vi fos.3c come un luminr--o sorriso di tenerezza. 11 Ecco - disse il la"dro come in un sogno ti ho fallo il mio dono di Natale, sei contenta?>). .\!ARIA PEROTI 13uH~ \Gli\ Il Proletariato ha alcuni dati in.t.eressanti sul sabato inglese: Que;ta mezza festa del sabato è d;ventata in Inghilterra universal– mente, ormai rioonosoiuLa. .\'egli Stati Cniti il sabato ingle,e è lar– gamente diffuso. Ne godonq tu/li oli addelli agli .'>labilimenti tessili, il 90 per cento de– oli addetli alle fabbr.che di calzature, di bcrretfe, di sigaretfe, alle vetrerie, alle lito– tJra{ie; il 50 per cento degli addelli alle in– rllt<trie siderurgiche, alle fonderie, alla grossa metallurgia, alle cartiere, alle 1stam- 71erie di giornali; il 25 per cento degli rLd– df'lti alle fabbriche di conserve, di sigari, di fiammiferi, i tag/intori <arti, gli spa:oi– ni, -l'A·a,)tralia ha adottalo il sabato ingl~.!e nella ,Viwva Zelanda 11el 1873 e nello Stato di riuoria nel 1905. Nella Svizzera 1,00 ()(.0 lavoratori hani:a al sabato una riduzione d'orario. Il 7Jrù1d. pio di questa riduzione fu posto vrirna nel 1873 poi nel 1905. In Germania il sistema della giornata viù corta al sabato, si conquistò da molli lavo- Ancora e sen1pre forche in Libia! 6a parola del re « L'acquisto clella Libia <là all' Ilalia mm grande missione <li civiltà, ln qiude deve avere per primo suo fine quello di renderci since,·ameute amiche le popola• zioni indigene col rispe!to <lella loro re~ li9ione, della fa1ni!.Iia, delle, proprietà, e facendo loro a1,prezzarc i be,rn(ici <lella civiltà». Discorso della. Corona. • 27 nov. 1913. llbblamo ricevuto dallo Cirenaica te terrificanti !olografe di cui pubblichiamo Il lac– slmlle. Sono gli ul11ml docun1l nlf dell'opc a di ch,lllà drl militarismo ilaliar o in Libia. Le forche di r1azza dd 1·ane erano già dimenllcatc, e In Cirenaica !,I è pro\'lot duto a riz– zane altre. Osser\'latcli questi orribili documenti: chi tira la corda del capeslro è un soldato ita• Ila no. Il vecchio c1bito rosso d1 I boli• è staro sos1iluito dalla« gloriosa~ dl\'lisa militare. Si irnpicca, si 111 picca sempre. f. quando manca lt1 forca si adopera un ramo d 'alb.ro pcrchè si ha frella. Il cammino della .... Cl\'lillà no11 dcvt: a\'ler sosta. Vit1a l'ltalfa I... Ma non si giustifica, non si perdo11a. qun.11• do si ama tanto? Pensai che la tri tczza clelln nostra situazione, l'incertezza del dorwrni aves– sero spinto mio malit.o a stordir::.i cùll':.i.lcool e feci il proponiniento <1i nulla lasciar d'in– tentato per trovar io qu"alche oceupazione per me e JJer lui. Si CJ':t in dicembre. 'f I'(' 111e!'--i soli e!'a11f) scor;;i da.ll' unic.ne nostra; era.vanio in piena luna <l' 1r1ielee taholta <·i !-.i d me11licava delle n ;ie dP,ll"avve11ire. del doloro~ù presente. Ma ,]P,n[1ri ce n'erano hen pochi ormr1i. Ciova11i, tr1e:-;r,~rti di tutto, in u11 pircolo pae. e che 11011 ,Jffrba risor,e, a chi ri\'Olgersi JJCr trnv:1r la• WJt1J? fo ave\'o rer,·ato qua e là. invano. ('ria sera I I~r,ettl1re mi ve1J11e rt d1ia111ai r di1:P11d:Jcli.e il pri11c.ip~ le ,n'atl~u,JHu ptr r,ar. b:trmi ,, S•! vedi d1 itJ t:ud,1, vifirii tu u, dii,~i a rnir, 111ant1l, 1w JJ'• turh:tta. e J><é'r 1111aseg1·f!h appren~ione e per la. speratJ7.<J dt huo11,i ,u,– tizfo. Mi focrr,, trn.vP1-sare due o trf~ c:unHe vuote, Jrnje, e in fonrio ad una '3a1r.tta vidi il J>rÌH· cir,r,IL che snivevu alla luce di due rand,!lc. I.'Jr.r, thH"e 1;1 riti11J. r,., rimasi ~ola c,,n lui e rni pur\'e stn:J11u. \f" rlis~,~ che speiava <h potei' 111a11te11ere la r,r 11t1e:i!ia. fa+tami; he ur, suo amico del luogo, rh'i11 con-hcevo e che a\"eva un fiorente nego. 7.i-O di salumiere, a.n·ebbe forse preso mio ma. r;u, come conlabile. Ma mentire mi spiegava ciun.li pratiche n.vrebbe dovuto fare per otte– nerlo, s inte11uppe, mi prese le mnni e mi disse dellr rrnrol ~ roventi_ a.ppassionnte, s'inginoc• chi o da vanti a rne, dicendomi cli renderlo fe. !ice \O!endogli uu po' di bene, che mio marito f'T.t incJr.gnr> del mio affett.o.. lo 1n'ero alzala 111 p:~<li, pallid:ssima, offooa, te11la11do d'in– tcrrù111pr1·Jo, respingendolo con violenza. IJ11 pw s'avvicina\·a.. io tremavo di. sdeg110 e di paura. S ·1,-.,at{•, f'gli di~"ie in fretta, forf'lsle impaz– z:H· 1111 sant.o. Siete Cù!':11 divinamente bella e 1,u,ma . co111patit~ ». .\lir, 1n:o:ito e11t1 ava. JI prirwipale, di:-;iO\'Olto, s1 nvolse a. Jui. Io l,atten; i denti. u St:ivo dicendo alla vostra s·gnora .. 11 e con. ti11uò a parlare. Mio ma.rito salutò con cor– lr,~in frrrJdri, ri11grnziO. Uscilurno. A casa gli dis'-i tutto. Eg:li fremeva: u E' duro aver bi• ogno di lui n, ag:.riu11-:·. Si prr>~enlò il gjorno ct,,pu :• quel l:Jle a,nico, che, <lappri,ua ci ac– c•,ntf!11to c,111 qualclu.: lusinga, poi nicchiò, i11- fi11e dbsr. 11011poter in1pieg-are mio wa.rito IJl:rcld~ la. fa111iglia 11ou na di pa1 ere fav<>re– \'ùle. ratori in seguito alla legge del J891, che istituiva il rivoso obbligatorio alla domeni– ca. Una legge più recenll' stabilùce che ,,, donne operaie al sabato debbono termi1M· re il lavoro due ore prima. In Francia si è ora intensi(i.cata l'agita– zione dei lavoratori per la conquista del sa– bato inglese: e il governo francese ha deli– beralo recentemente di 1spcrirnent.arlo nr· gli uffici di alcuni Ministeri. L'esperimento verrà fatto per una seui- 1nana delle qual tro del m,cse presso qualche .llinistero e sarà 71oiadottato ver l'a1n1nini· stra::.ione di qualche pubblico servizio in cui siano impiegale delle donne, ver dar loro ,nodo di attendere alle faccende di ca– ~a per una nie::.;;agiornata che non sia fr– ~tiva. In .4.ù1S"tria hanno ottenuto il sabato in– glese 1wllanto alcuni addelli alle Banche; hanno avuto una ridu::.ione d'orario al sa. bato alcune cat.egoric d'vperai rnetallitrgici, s71ecialnzente a Vienna. 1n Italia invece il sabato inglese comin– cia appena ora a farsi sentire come una ne· ces.silà della. class.e lavoratrice. Solo a 1\1i· !ano e a Torino i metallurgici sono riesciti a.d oUenere una piccola riduzione d'orario al sabal.o. Ultimamento, a Milano la d.tta Pirelli acccrdava una diminuzione di due ore d'orario ai lavorariti e alle operaie, ma facendo una lrattenuta sulla paga. Un ini– zio, come si vede, debolissimo. La propaganda per ottenere il sabato in– glese in Italia è stata fatta fino ad ora, mol– i.o timidamente, come se la domanda esor– biiasse dal diritto operaio. Le donne do– vrebbero farla con maggior fervore di. con– vinzione, perchè, specialmente per loro, l11 mezza giornata di riposo al sabato, signi– ficherebbe un reale, per quanl.o relativo, ri– poso alla domenica. Ora il giorno di festa rappresenta, per la donna operaia, un riposo irrisorio. Pensate! Per una settimana intera trascura la fami– glia e la casa. Alla domenica ella deve rior– dinare, pulire, aggiustare. Il giorno di re– poso diventa un giorno di facchinaggi-O. Potendo dedicare al 1 a casa il pomeriggio del sabato, qualche ora della domen·ca le resterebbe per concedersi un po' di riposo e di svago, per poter vivere un po' senza l'apprensione del lavoro bestiale che la sfibra. Ora ci manca qualche volta il coraggio di chiedere alla donna operaia un'ora per la le.\tura de' nostri giornali che pure le apri– rebbero nuovi orizzonti di vita. lo non sono un soldato, non amo il mestie– r~ del soldato; ho visto la casa paterna attor– niata da masnadieri e mi sono armato ver cacciarli. Io rono operaio e vado superbo. u ••• Non viit eserciti, non più (lotte, formia– mo una Confederazione Europea che aaranti– sca ai popoli la pace reciproca e per destinare g~i ~mmensi capitali. strappati quasi sempre ai bt~ogni e alle miserie dei popoli, a loro van– taggio, allo sviluppo del.l'industria, al mialio– ramento delle strade, alla cos•truzione dei von. ti, allo scavamento dei canali, alla fondazio– ne di stabilimenti pubblici. all'ere:ione dltlle scuole, al progressivo elevamento del vensit:– ro e del corpo. cc Non saranno m,ai possibili le guerre quan. do un conaresso mondiale possa aiudicare deL-– le differenze che ins-orgono fra zP, nazioni. (( Non più esercii.i stanziali, coi quali la li· bertà è impossibile. Che bombe, che cora.;;:i;a– te! E i miliardi sprecati in apparati di distru..– :::fone, vengano impiegati a fomentare le indu,. strie e a dimimdre le mi.serie umane. u 1'u ..U,e le 1iazioni sono sorelle, la r,uerra e pertanto impossibile fri1, loro; solamen'e ali schiavi hanno diritto di fare la guerra ai loro qppres-sori. Tutte le questioni che possono sor– gere fra le na:io11i devono essere giudicate da arbitrato. Gl'italiani cittadini delle al're vatrie e oli uomini delle altre na:ioni cittadini d'Italia. Ecco lo scopo che dobbiamo raggi.ungere. Non J)iù b(irriere! 11 G. GARIRALDI. Scris~i lettere a quaJche ditta. ::--:ulla, nuJla. Piangevo s1>esso in silenzin senza farmi scorgere. - Bisognerà \·endere i mobili, - disse un giorno mio mnl'ito. - Ah quest.o no! - dissi, - meglio morire. Volevo bene a lutte quelle cose care: mi pareva una profanazione s.olo il pensa-rio. Pinnge\·amo, in un'ora cli suprerno sconforlr, :;llordiè ci giunse untt cassa che conteneva delle lenzuola e delle federe rica,mate che mi niandava mia madre, ignara di tutto, e in• sierne a questi oggetti, una grande zucca a\"e• ,..l m, ,5.so . Mi piaceva al fon10; era del nostro orticello. Quella zucca ci fece ridere assai i11 1nezzo alle lagrimc. H Quando non avremo piu pane. cucineremù la zucca, 11e faremo tanle parti e vivremrJ QU'dchc giorno di più n, dissi io ridendo; tanto la mia giovinezza non 1>0- tr~\-a persuadersi che proprio drivessimo sapere la misf>ria. e patire la. fame. Eppure non ave. vamL1 più che lpHtlclte lir:;,. Era il primo danno. (Continua., " La Difesadelle Lavoratrici ,, Milano - vio S. Damiano, 16 Abbonamenti: anno semestre, L. 1,50 ,, 0,80

RkJQdWJsaXNoZXIy