Critica Sociale - Anno XIX - n. 1 - 1 gennaio 1909

14 CRITICA SOCIALE Anche quando il Governo austriaco avrà riparato allo stolto errore, che commette oggi, disconoscendo senza nessun ragionevole motivo tutti i bisogni di questa classe sociale e le avrà concessn quell'Uni• versitll, di cui essa ha bisogno come del pane; anche quando il Governo austriaco vorrà seguire una politica di giustizia e cli pace verso gl'ita.liaui de– stinati a vivere nei suoi conflui, l'irredentismo non sarà spento <lei tutto mai; perchè nei cuori dei migliori intellettuali di quei luoghi, sia che pas– sino iu Italia, sia che restino a casa, qualcosa sem– pre griderà contro un regime politico che divide dolorosa,mente ciò che non dovrebbe essere sepa– rrito. Di questo stato d'animo della borghesia intellet– tuale triestina e istriana si rendono perfettamente conto gli uomini d 1 affari 1 che formano il nucleo centrale del µartito nazionalista italiano. Essi non possono respingere da sè questo ceto, il cui aiuto riesce ad essi prezioso contro il movimento prole– tario, Perciò, uelle ore libere, quando la cassa forte è al sicuro, rappresentano anch'essi, a soddisfa,• zione della platea, la parte di irredentisti. Ma, quando vanno alla Carnera di commercio o quando lavorano ad allinear cifre sui registri di transito e sui libri mastri, allora ritornano a fare l'occhiolino dolce all'Austria, e trescano col Governo di Vienna come fanno da noi gli armatori liguri e i latifon– disti meridionali; ma non amano che si dica e mordono talvolta la mano austriaca, subito dopo averla baciata. A parte, del resto, la situazione etnica e sociale e politica dei paesi del Litorale, a parte il fatto, evidente a chi esamini senza preconcetti il vero stato delle cose, che il separatismo irredentista non è in quei paesi sinceramente voluto se non da un'infima minoranza della popolazione; anche am– messo che tutti i triestini e istriani fossero di lin– gua e di sentimenti italiani e anelassero tutti senza distinzione a<l unirsi politicamente con l'Italia; bi– sognerebbe che gli irredentisti nostrani stu(liassero un po' se è attuabile il programma da essi sognato finchè duri l'attuale sistema delle forze e deì rap• porti internaziouali. Bisognerebbe che gl' irreden– tisii riescissero ad eliminare i! pericolo che 'l'rie– ste1 nell'ipotesi <li uno sfasciamento austriaco, pas· snsse non all'Italia ma alla Germania, con estrema rovina degli interessi italiani. Se Guglielmo II avesse bisogno di creare in Ita• lia un partito, che facesse magnificamente fra noi gl'interessi tedeschi, prenderebbe come~base di ope– razioni i gruppi irredentistico-massonici, che fanno capo alla Ragione, al Secoto 1 alla Vita. Perchè l'irredentismo mette l'Italia non solo contro l'Au– stria, ma anche contro l'In~hilterra, contro la E'rancia, contro la Russia, che inseguono tenace– mente nella loro politica lo scopo di consolidare l'Austria contro il pangermanismo e farne uua barriera contro le ambizioni adriatiche della Ger– mania. E, mentre ci isola dalla Triplice antitede– sca, spinge l'Austria, minacciata da noi, verso la Germania, lasciandoci esposti senza difesa ai ricatti della Germania. Se dalla presente crisi internazio– nale Pltalia uscirà vinta e umiliata 1 perchè abban– donata a sè dalla Triplice antitedesca e pestata sotto i piedi dalla Germania e dall'Austria, noi dovremo esserne grati, non solo al Fon. Tittoui, tri– plicista ad ogni patto, ma anche all'irredentismo dell'on. Fortis e dell'on. Barzilai. JiJ il male, che a\!rà fatto all'Italia l'on, Tittoni col discorso di Carate, sarà un nulla di fronte alla rovina che ci avranno procurato per chi sa quanto tempo le ma– nifestazioni antiaustriache della vile maggioram,;a giolittiana. Via ben diversa da quella del semivivo tripli- cismo tittoniano o del romantico irredentismo bar– zilesco dovrebbe tenere la politica estera delPita– lia se fosse affidata a buone mani. Il centro del nodo internazionale non è a Vienna, è a Berlino. Le grandi costellazioni diplomatiche e militari nou si dispongono pili, come una volta, intorno alla Francia e alla Germania, nè sì possono disporre• oggi fra l'Austria e l'Italia. Londra e Berlino sono i ciue campioni fra i quali ci è forza oggi optare. E tutti i nostri sforzi devono essere volti a tra– scinare insieme a noi verso Londra l'Austria. I recenti tristi incidenti balcanici e viennesi, la cui responsabilità risale in buona parte a noi, perchè, data la remissività della nostra diplomazia, era nal,urale che l'Austria ci considerasse sempre come l'ultima ruota del carro - quegl'iocidenti non hanno reso ancora impossibile fra l'Austria e l'Ita– lia un accordo leale, in cui i due contraenti en– trino a condizioni µari. Certo, quest'accordo non può avvenire se anche l'Austria non ci metta la sua buona volontà; e buona volontà. finora non si può dire che ne abbia dimostrata. Ma l'irreden– tismo, che ci trasforma in provocatori da provo– cati1 non è certo il migliore strumento per inco~ raggiare questa buona volontà ( 1 ). Che se un urto fra l'Italia e l'Austria è destino che debba avve– nire, di quest'urto la responsabilità deve risalire, dinanzi alla nostra coscienza e alla storia, non a. noi, ma all'Austria. E il partito socialista farà assai bP,ne a racco– gliere tutte le sue forze pm: imporre una politica estera meno avventurosa a questo nostro Governo inetto e squilibrato, pronto a saltare dalla vigliac– cheria all'arroganza, salvo ritornare subito dopo ad una vigliaccheria più bassa. E questa discus– sione, che è nata fra socialisti italiani e socialisti di rl'rieste a proposito della questione balcanica, i nazionalisti di Trieste e gli irredentisti d'Italia avrebbero grave torto a sfruttarla in favore delle loro malfondate aspirazioni, perchè la discussione amichevole ha appunto lo sco.Po di chiarire le idee e di far ritornare fra noi la pace. (Continua). xxx (1) Nelle sale di lettura del Jockty Club Cl.IVienna, ritrovo Cl.Itutta l'alta aristocrazia. austriaca fo11dlarla, burocratica., militare, la Dire– zione clericale e mllltar!sta non ammetteva, almeno fino a poche seU\mane fa, aHro giornale !tallano all'Infuori del Stcolo, per far credere al lettori che tutta l'Ital1a sia trredenttsta e aspetti Cl.alla sera alla mattina la rovina del " nemico ereditarlo ,,. IL Rl'IGNO INDUSTRE Fiaba noiosa per grandi. c:era una volta un nlgno: 1·agni ce n 1 è anche adesso, nelle camere disabitate ed anche in qualcuna fin t1·oppo f1·equentata ; ma, siccome quel 1·agno nel si:guito del 1·acconto, come udfrete, pa1·le1·à,per ciò ho detto che c'era una volta: in tal nwdo evito il sospetto di allu– sioni pilngenti, che una favola onesla deve sfuggire. Quel 1·agno era indust1'e, come sono, o vengono creduti, tutti i suoi simili: bell'epiteto, benchè non mi paia al tutto meritato. ftfa noi uomini, anche·prima che venis– sero in uso le Società di protezione 1 usammo sempre i1'atta1·ebenignamente, almeno dat lato m01·ate, le be• stie : accade questo per im oscw·o senso di camera - tismo o pe1· la naturale indulgen:::a degli esperti verso t'innocenza? G1·ave p1·oblema 1 ardua questione, che iwa onesta favola deve sfuggirn. Cet·to è che ti·a noi chi intesse te fila insidiose, nelle qitati incappano gli ingenui nwsce– rini, di cui si fa cibo, si chiama alt1·imenti che indu-

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