Critica Sociale - Anno XVII - n. 15 - 1 agosto 1907

236 CRITICA SOCIALE òegenerazione del pensiero socialistico che sus~isterà. fino a quanclo la tri\!1sitoria fase ascendente della pro– duzione capitalistica non sarà superata, e però non ò risolubile con i puri mezzi della discuHione logica. Anzi si può ritenere che il fenomeno sia ora molto meno grave di quello che apparirà. Esso è destinato a pro– sperare anche in quei paesi, corno la. Germania, i quali per le loro SJ)Ociali condizioni politiche non risentirono tutto l'influsso morale dei mutamenti avvenuti nella compagine economica della società. Se la Germania saprà ))ngarsi il lusso d'un ministro liberaleggiante, avremo anche in quel paese il diffondersi della infe– zione riformistica. n L'infezione 1 come ahbiam visto, s'ò gi1\ diffosa, o, peggio, senza che il riformismo sia ancora ben nato, è già. morto e sepolto in Germania ogni spirito rlvoluzionario, sicchè il socialismo tede.'3co è ormai solo degno del limbo. i\Ja 1 a parte ciò o a parte lo suo parolone, Ar– turo I,abriola à. ragione. Il riformismo, degenerazione o no del socialismo, ò unn. nuova conferma delle fon– damentali verità del materialismo storico, in quanto ò frutto esclusivo ,10110 prospero oonclizioni dell'economia borghese, la quale, consentendo agli operai di soddi– sfare con un aumento di salari i loro crescenti bisogni, rimedia, almeno per ora, al malo da essa stessa pro– dotto e toglie ogni ragion d'essere a tendenze e mo,,1- menti rivoluzionart l\Ia la prosperità del capitalismo ò transitoria! Ma la fase ascendente della produzione capitalista sarà su– perata I E chi lo dico? E in base a che si può affer– mare? O, almeno, corno si può, in vista di avvenimenti futuri ed incerti, distogliere la clnsso operata dal bene attuale, per gettarla in lotte e convulsioni scapigliate, di esito molto duhbio? Ciò può esser consigliato da me• statori di professio>1e,o da quei teorici incartapecoriti nello formule che non vogliono e non cercano il bene della classe operaia, ma 1 seduti comodamente a tavolino o sulle panche dei caffè, non predicano e non vedono cho il socialismo per il socialismo e la rivoluziono per la rivoluzione. Chi il bene della classe operaitt. lo vuol realmente, parla ed agisce in modo diverso, e, mentre la rivoluzione la sostiene col fatti quand'essa è divenuta un male irremcdiabile e necessario, si guarda bene dal sostenerla o propugnarla a parole quando esistono altri mezzi più ragionevoli e più umani. "L'azione rivoluzionaria à degli inconvenienti - scrive un rivoluzionario di buona lega, il Malon (I); - essa non ò efficacemente possibile che in certi momenti di crisi assai raro nella storia dei popoli 1 mentre l'in– tervento riformistf1, è di tutti i tempi. Ecco perchè noi, oho fummo visti coll'armo in pugno noi giorni tragici, non cesseremo di dire: - Sappiamo essere1·ivoluzio11ari quando le ci1·cosfa11ze lo esigmio, ma siamo 1·iformisti sem1,re. - ]~ il miglior modo 1 il più umano ed il più sicuro, poichò, mentre noi discutiamo sui benefizi futuri d'una rivolu7,iOne, l'ingrnnaggio industriale stritola lo suo ,•ittime, senza menomamento curardi di quelli che protestano con impotenti maledizioni e vane minacce, aspettaudo cho una rivoluzione ipotetica abbia potuto prodursi, o che lo sviluppo fatale del sistema capitali– stico crei gli eccessi che ne provochino la di9truzione 1 epingenilo al massimo limite la spogliazione della pie cola· borghesia e del proletariato. L'attesa potrebbe esser lunga, e le vittime delle iniquità. sociali ànno il diritto di voltarsi sul letto dei loro •lolori o di recla– mare dt'gli immediati miglioramenti, senza pregiudizio delle integrali trasformazioni future. Ciò è meglio che l'aspettm·e l'incerta ei:e11t11r,lifù rit'oluzionaria, la quale 110n rlipe11<1e <la 11oi. 11 ÙARI.O PF.TROCCIII. (I) ln;:-QJT MALON, }I !'iori«lismo, ,\l!lm10, 18!!4, Pfljf.107. lA Critica Sociale e il 'fempo: anno I,. 22, semestre L. 12. Una nuova critica dEI parlamEnfaris 'l'omaso Perassi, in un modesto volumetto: " I.e attuali istituzioni e la, hanca.rotla del parlamenta- rismo 11 ( l'avia, 1907), si occupa di un argomento del quale noi pure ci occupammo su questa Rivista, or è qualche tempo, con un articolo su La àisi del regime 1Jarlame11tare in lfalia. Noi studiavamo questa crisi spiegandola con le varie circostanze dello svi– luppo del regime parlamentam nei vari paesi i il Perassi la studia spccialrncn'e dal punto di vista italiano, nelle sue cause e nei suoi rimedi. Perciò mette conto completare, con una critica di questo nuovo lavoro, quella S\'olta in quell'antico saggio, tanto più che noi valutiamo assai diversamente e le cause e i supposti rimedì. Anzitutto, nou ci sembra che l'autore abbia di~ stintamente scorta la funzione pragmatica delle dot– trine democratiche e parlamentari. Esse furono sa– lutate e acclamate al loro inizio, non tanto per ciò che la loro perfezione teorica in sè prometteva, quanto perchè rappresentavano la giustificazione teorica ciel trionfo delle classi medie e delle loro speranze. Il successo e la e8pansione della democrazia nel se– colo .xix sono sopratutto dovuti alla sua funzione e natura negativa. Essa significava essenzialmente: le vecchie caste non servono più a nulla i noi sap– piamo meglio condurre i nostri affari, e noi soli. Che meraviglia che questa eguaglianza politica e civile, che originava da una negazione delle inegua– glianze procedenti, dovesse dare risultati di.versi da quelli aspettati, tostochè dal lavoro negativo si passò a quello costruttivo nella legislazione sociale, tecnica, amministrativa? Le epoche costruttive esigono che le ambizioni siano stimolate al massimo, e la demo– crazia invece, col suo spirito egualitario, vede di ) mal occhio, ostacola, comprime, soffoca le ambizioni, . e ciò sopratutto nelle classi pili povere e nei loro 1 partiti. Il Perassi non ha visto che la causa, forse la pili grave, di crisi, è questo passaggio da uno stadio, in cui le nuove forze dove\'ano limitare, per farsi posto 1 la sfera d'azione governativa, a uno stadio in cui, impadronitesi di questa, hanno invece interesse ad espanderla. Nei <lue casi si esigono attitudini e virtù diverse. Sopratutto è l'assenza di partiti organizzati e I1assenza di una divisione netta cli qu~sti in due ali, che rende possibile l'affarismo parlamentare, poichè un Ministero è costretto a vigilare di con– tinuo per mantenersi una maggioranza. L'Autore deplora Pingerenza della Corona nelle crisi parla– mentari. Ma questa è resa inevitabile dalla molte– ciplità dei ·gruppi conte11denti. In :Francia, il Presi– dente, per le ~tesse ragioni, gode di una lihcrtit <li scelta che manca al re inglese, che non può sce· gliere se non trn il capo dei liberali e il capo dei conservatori. Lo stesso dicasi del Senato a nomina regia. Per mio conto, tl'Ovo che osso potrebbe essere una uti– lissima istituzione se la ricchezza non vi fosse dive– nuta il solo titolo crnccesso, se fosse più limitato nei Gabinetti il potere di fare delle infornate, se l'assemblea fosse più rappresentativa degli interessi locali o regionali, della coltura e della. tecnica. In tal caso esso potrebbe servire di freno alht instahi– lità parlamentare, all'affarismo politico, all'invadenza della politica nell'amministrazione. È curioso che il Perassi non tenga conto di illu– stri critici esteri, specialmente inglesi, che veggono la causa di molti mali in ciò, che il potere dei dc• putati non ha alcun limite. L'esistenza. di organismi, sottraLti all'influenza dirotta - non alla indiretta - del voto e degli interessi che sanno meglio sfrut-

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