Critica Sociale - Anno XVII - n. 11 - 1 giugno 1907

CRITICASOCIALE 163 Quello che importa veramente notare è questo: che una questioncina d 1 esami sia poluta diventare una questione politica. Par di vedere che un certo nesso ideale e tra la legge che eleva Porario per i lavoratori delle risaie, e quella che agevolo. gli esami ai giova– netU delle scuole medie, fra le richieste dei p1·e11entat– arm da parte dei cardinali 1 e le richieste di agevolezze per le loro scuole, da parte dei deputati cattolici. . . . Da un lato, iuratu, abbiamo la tendenza della bor– ghesia laica ad agevolare, non gli studi, ma i diplomi di studio: c 1 entrerà la pietà paterno, che palpita del pari nel cuore del ministro come delFimpiegaluccio; del sotto-segretario come della vedova con prole; dei deputati come degli elettori: c'entrerà il de!iòideriodi risolvere alla meglio le difficoltà economiche, cacciando i figli sui binari degli impieghi, ove il deviare è un caso eccezionale, e dove le più stupide ruote fanno tanto cammino quanto le più fervide. Certo è che la borghesia gretta, deb~le, incolta e miqpe che oggi guida la 1·espublica, com'è cattiva educatrice nella famiglia, così è pessima legi::1latrice nella istruzione pubblica. Es~a ha avvezzato la gioventù a considerare la scuola come una delle vecchie corvées da subire, poichè non può farne a menoj come una borsa, ove si giuoca al rialzo o al ribasso dei punti. A lato a questa /.Jeslia h•fonfante, ecco 1wrgere una nuova figura, che ha, se non a\Lro, una idealità sua propria, per cui combatte in ogni momento e in ogni campo della vita. I cattolici, che non vogliono mandare i figliuoli a quelle scuole regie ove l'empietà è, se non protetta, almeno carezzata; i gran signori, che non pos– sono esporre la nobil prole a quel trattamento d'egua– glianza che rende odiose le democrazie, han pur bi– sogno di scuole lor proprie: sono le privale, Ora, per– chè ogni larghezza deve essere concessa alle scuole dello Stato e alle loro nulla? O a tutti o a nessuno, pensano essi: e l'on. Falconi si levò meno eloquente ma non meno risoluto oppositore che l'on. 'l'reves. In realtà i clericali, che son ritenuti molto fini 1 non veggono il vanLaggio d 1 una politica catastrofica: essi, buoni nomini di buoni affari, pensano che anche qui si tratti di concorrenza di prezzi, e vogliono tariffe eguali per la pubblica e per la privata industria dei diplomati. Non intendono che loro vantaggio sarebbe ogni peggioramento della scuola rivale. Contro l'una e l'altra tendenza si è elevata energi– camente la voce della democrazia; io questa non iscrivo l'onor. Salandra, neppure per comodo di teoria; ma, se egli fu autorevole oppositore, accadde per la sua esperienza d'insegnante e ancora per quella rigidezza che conserva ai conservatori di razza una qualche reat– tività alle lusinghe conciliatoriste. Ma una rondine non fa primavera. Invece la democrazia, nei giornali, per i suoi depu– tati, per gli uomini suoi insigni, per le associazioni professionali che ne rappresentano i! pensiero tecnico, fu tutta unanime nel disapprovare la disgraziata leg– gina, ma per un'altra ragione: appunto per quella che doveva accontentare i cattolici! Li~ democrazia, operosa 1 lavoratrice e modesta, ha bisogno di una di!!ciplina di tenacia e di combattività, che si imponga già nella gio'lentù che le appartiene. In quanto poi non sempre raggiunge i maggiori gradi sociali, vuol as~icurarsi che essi siano riservati ai fortemente preparati. Iu quanto finalmente è elemento di vita attiva e opemute, vuole che questa penetri nel cuore e nel cervello de' :moi ragazzi - e, anche prima, dei loro maestri. Vagheggia. insùmma un tipo di educazione, che renda il giovane indipendente, dignitoso ed attivo: atto u 1·ebusagendii; 11 e a foggiarsi le gioie e i doveri della vita, da aè. Perchè? perchè di tal tipo umano, che sia fornito di queste varie doti, la democrazia ha. bisogno; non l'hanno invece le altre cla~si, ove è più utile la adattl1.bilità, la modestia, l'astuzia, la rassegnazione, il rispetto alla cosa rivelata. o comandata, ed altre nobili doti. Ma, se tutto ciò è vero, mi pare che si pos~a. facil– mente adeguare la. scuola laica alla 8Cuola democratica.; con questo vantaggio: che non soltanto il nome si no– bilita (laòs è folla 1 demos è popolo), ma che il concetto, benchè complesso e non facilmente definibile in due parole, si inttiisce più facilmente. Percbè ognuno com– prende e sente quel che occorra e che sia la scuola per una società democratica. ... "Resta, se argomentando bene esLimo . 1 che, detto il chi, definisca il quale: cio6 se noi l'abbiamo o no una tale scuoJa . ..Anche qui bisogoa rispondere per appros– simazione: si e no, a seconda dei casi e delle qnestiooi. Per esempio: se uno chiedesse se la. costituzione ita– liana è o no democratica, gli si direbbe che è più e meno, a momenti di governi, a dirizzoni d'uomini, a simpatie o interessi di classe. Così è della scuola: non potendo dare l'immagine della scuola laica o democra– tica1 come non possiamo dar la carta del polo 1 il quale c'è di certo ma al quale non si arriva (nemmeno ad essere principi del sangue) - non è neppure agevole dire quanto ne distiamo. Ma, come l'ago magnetico segna il nord a cui si indirizzano le audaci prore, cosi il no:-tro senso democratico avverte quando ci si allon– tana da quello che deve essere più rispondente al no• stro ideale pedagogico. E allora, con squisitezza iof~llibile di intuizione, ogni anima sente il dobre d'un suo sogno invilito e distrntto. I comunicati ufficiosi dei giornali possono citare articoli e regolamenti: ma le sottili argomenta– zioni non ioganuano il ~enso vigile della classe. Ci sarebbe poi un ultimo punto: come difenderla o come conquistarla 1 che è tutt'uno, nel nostro casoj per– ché non si tratta di alcun che da aversi in possesso; ma di una direttiva da seguirsi; e perciò meglio sa– rebbe dire: "In qual modo proseguire la nostra via? 11 La risposta l'han data i ratti: facendo cosi: opponen– doci, cioè, a tutte le disposizioni che avviliscono la scuola; proseguendo insomma quel che si è fatto fin ora, e che troppo spesso parve (e forse fu) piuttosto euggerito da interesse personale che non d1\ interesse sociale. Noi vogliamo che gli insegnanti siano scelti per con– corso, sicchè siano i migliori: basta questo per scon– sigliare l'imposizione e la traccia di una morale laica o di metodi pedagogici laici. Vogliamo che siao pagati egualmente; che siano indipendenti. Vogliamo le scuole meglio dotate; meglio arredate i meglio disciplinate; pili severe, più operose, più ardue. E scuola laica questa? Ma ai; una volta che le lo1·0, Ja scuola ufficialo e la cattolica 1 si Jisputano i regali del le~islatore come i fanciulli i balocchi.. ... I~ dife~a? ma si; perché nel mercato (per prendere la nobile im– rnagine dagli avversari) non si vince solo abbassando i 1>rezzi 1 ma migliorando la produzione. Io desidererei che quelle scuole, che desidero sì spen– gano, non veui11!.lero niente affatto chiu:se d'ufficio, co– rue dicevano certi moderni giacobini; ma che nevpurn

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