Critica Sociale - Anno XVI - n. 16 - 16 agosto 1906

242 CRITICA SOCIALE tattica, io proprio non so vedere l'utilità. pratica di questo federazionismo. Io comprendo che) se a un ce1-to punto dello sviluppo sociA.lista 1 dovessero ma– nifestarsi dovunque dissidi tali da determinare reali e durature scissioni nel Partito, queste frazioni già separate potessero convenire ad un Congresso per stabilire un'unione federale che togliesse le asprezze degli urti e ngcvolasse le possibili intese. J\fa siamo oggi a questo punto in ltaJin? lo, che pure credo d'avere qualche conoscenza dell'Italia socialista, lo escludo affatto. Vi è un certo numero di paesi, dove il dissidio fra sindacalisti e riformisti ha fatto sor– gere organizzazioni distinte, e vi è un certo altro numero dove il dissidio è latente e forse non tar– derà a scoppiare. Ma si tratta. di casi singoli) tanto meno frequenti qnanto pili l'azione spiccatamente riYoluzionaria va mettendo acqua nel suo vino o viene sopraffatta dai metodi tradizionali del Partito. Per tutto il resto c'è un Partito unitario; unitario) pii, che per sentimento, per la invincibile ragione che non saprebbe trovare - giovane com'è cli espe– rienze e cli sapere - moti\,i pratici e teorici per una separazione. Chi viaggia o conosce le campagne e i borghi d,Jtalia non può non consentire in questo giudizio. E allora - ammesso pure che l'organizzaz.ione fe– derale venisse consentita dal Congresso - non si avrebbero quelle due organizzazioni - riformista e sindacalista - che sogna qualcuno, ma si avrebbe un Partito centrale composto dalla grandissima mag– gioranza dei socialisti d'Italia, con a clestra una pat• tuglictta riformista e a sinistra un'altra pattugliet.ta sinc\acalb:1ta. Naturalmente l'Ava11li!, la Direzione del Partito e gran parte Jel GrUJ)JJO va1'lameufa,re rimar– rebbero nelle mani del Partito centrale, che tutt'al pii, potrebho consentire qualche "comunicato ,) o qualche "dichiarazione., ai due pupilli di destra o di sinistra. l~ questo che vuole oggi la fraziono riformista? [o stento a credere che uomini avveduti, e sopratutto uomini che hanno temperamento politico, possano augurare alla loro parte un tale isolamento e una tale sudditanza. Per conto mio, pur rironoscendo che il prossimo Congresso dovrà, quando verrà in discussione il problema dell'organizzazione interna, ammettere un maggiore snodamento o sdoppiamento di organismi, talchè possano disciplinarsi meglio i conflitti inevi– tabili, continuo a credere che la funzione essenziale del futuro Congresso -- come di quelli che l'hanno preceduto - sia di risolvere la questione delle ten– denze, nel scni:io di alfcrnrn.rc quale abbia diritto di prevalere e di dirigere, per un certo peri9clo d'anni, l'atcivitll del Partito. l~d ò in questa definizione della tendenza preva– lente che debbono entrare in giuoco - senza in– transigenze .... rivoluzionarie o disdegni aristocratici - le forze e le particolari vedute di quello che si è vo– luto intitolate socialismo riformista. * .. Per avere qualche lume in questo doveroso inter– vento nostro nella risol111,ione del Congresso, giova esaminare qui le tendenze che si disputano il campo. Esse sono quattl'o. Anzitutto i siudacalisti rivoluzionart, divìsi in ril– trettanto sottotendenze quanti sono i capi, ma con– cordi nel volere un socialismo che sia antistatale quanto lo è - o meglio lo era - l'individualismo borghese, e che, al posto dell'azione parlamentare, innalzi il contraltare dell'azione diretta. Poi i riformisti, i cui caratteri S}Jecifici non oc– corre ricordare di nuovo, e che pur troppo) in que• sta vigilia d'anni, danno l'immagine del famoso campo d'Agramante, Terzo fra gli uni e gli altri si insinua) e con pro• habilità di vittoria, l'iutegmlismo di Morgari, di Pao– loni, di Rigola, di Cabrini, ecc., cioè a dire un so– cialismo che vuol essere quanto più è possibile attaccato ai metodi vecchi, alle non ingloriose tra.– dizioni del passato, condannando a dritta e a manca ogni novità e ogni deviazione. Finalmente viene ultimo il ferrismo, che, sotto certi ai.petti, potrebbe anche confondersi con l'inte– gralismo se il l!'erri nou volesse - e in ciò è ht sua caratteristica. - una più evangelica tolleranza, così da accogliere entro il Partito unitario tutte le con– cezioni senza condannarne alcuna. Ora) fra queste quattro tendenze, è facile scorgere le differenze e le rassomiglianze. Ponendoci dal punto di vista della concezione e del metodo, non ,,i è alcun dubbio che integralismo, ferrismo e riformismo combaciano perfettamente, distaccandosi egualmente dal sindacalismo rivoluzionario. Si leggano infatti questi periodi del manifesto che gli integralisti hanno diffuso per l'Italia: " JI socialismo non sarà il risultato di un miracolo, sia quello delle l.larricate o delle brncccia iuccrociate o della metà pili uno in Parlamento, ma il risultato del– l'opera multiforme e graduale di ph'1fattori, operanti la dissoluzione degli istituti specifici della economia capi– talistica e la formazione embrionale di quelli della eco– nomia soccialistica. - Costituzione della massa lavoratrice in classe organica; miglioramento materiale e morale dei lavoratori i indebolimento della forza di resistenza consel'vatrice; diminuzione del profitto e dell'autorità padronale; estensione del dominio collettivo: questo il lavoro d'oggi che, con lo sviluppo (I.ella potenzialità. produttiva, apro la via al socialismo. " Per raggiungere la maturità ed accelerare il ritmo di tale complessa azione legislativa e diretta, il partito socialista si vale della conquista dei poteri pubblici, e della pressione esterna, da parto delle classi lavoratrici organizzate in associazioni politiche ed economiche 1 se– guendo la direttiva del programma massimo sulla piat– taforma del programma minimo, che sta a quello in rapporto di mezzo a fine. , 1 Quale differenza sostanziale esiste fra questa con– cezione del divenire socialista e quella del cosidetto riformismo? E non è forse questa azione graduale, così lontana (i dal miracolo delle barricate ,, (la vio– lenza invocata dalla mozione di Brescia) come dal miracolo delle " braccia incrociate ,, (lo sciopero ge– nerale), come dalla ingenua attesa "della metà pilt uno ,, (che nessun riformista cli buon senso ha mai scritto o pensato), non è questa ascesa continua delle clnssi lavoratrici e questa, loro costruzione indefessa della. società avvenire 1 che ò messa quotìdianamentc in burletta dal rivoluzionarismo catastrofico dei sin– daealisti? E subito dopo gli integralisti scrivono: 11 Onde l'azione riformatrice è socialista sol quando si differenzia da quella borghese, in quanto ha di mira la eliminazione delle cause delle iniquità sociali; in quanto risulta 1 non dallo stimolo della filantropia conservatrice, ma dallo stimolo della lotta cli classe. " E difatti la leva del movimento politico socialista è nelle organizzazioni di mestiere, che i socialisti promuo– vono e spingono sulla piattaforma della politica di classe, evitando di infiltrare in esse la discordia per In priorità di formule teoriche. ,, Si confrontino questi periodi con un noto opuscolo di Turati e 'J'reves a confutazione del radicalismo di Dc Marinis, si confrontino anche con un mio opu-

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