Critica Sociale - Anno XIII - n. 14 - 16 luglio 1903

CRITICA SOCIALE 223 nazionale prodotta. Il lavoratore è anzitutto consu• matore, e sente il bisogno della felicità come ogni altro mortale; vuol soddisfare bisoghi vieppiù nume– rosi e nuovi. II capitalismo intanto genera la con– correnza e la disoccupazione. I salart, per quanto non sieno inferiori al guadagno di un lavoratore senza padrone, si mantengono molto al disotto dei bisogni indispensabili alla vita. L'aumento dei salari, dovuto alla speculazione capitalista, non compensa il rincarire della vita e gli accresciuti bisogni. Il lavoratore, come consumatore insoddisfatto, reclama dal capitalista quello che non potrebbe reclamare come premio dello studio e del sacrificio che spesso occorrono per una forma più produttiva d'industria. Quando poi una invenzione industria.le , come ò il caso della macchina a vapore dopo la mo rte dei suoi inventori, diventa demanio sociale, nessuno ha dirittto più a monopolizzarla, ammesso che gli inventori l'a– vessero. Un inventore potrebbe avere per l'opera sua un gran premio in mezzi cli godimento) che non divenissero mai mezzi cli capitalismo privato, e la– sciare il diritto di privativa a favore della società. intera. Ma quale diritto di privati,•a ha il padrone delJa terra per prelevare con la rendita una enorme tassa nel consumo sociale? Quale diritto ha egli a mono– l)Olizznre le forze gratuite della fertilità agricola? - Egli esercita. la sua camorra, non sul lavoratore come tale, ma sul consumatore che per fame paga il mo• nopolio fondiario. Nemmeno al lavoratore più sudato va dovuto il prodotto dello forze naturali gra.tuito 1 mn. alla società di cui egli ò parte; altrimenti, ad uguale fatica, un cavatore di oro o un pescatore di tonni guadagnerebbero cli più di un cavatore di creta. o di un pescatore di pesciolini, e il legnaiolo o il cacciatore guadagnerebbero molto meno dello sco– pritore di una nuova sorgente di ricchezza: ciò che sarebbe una novella ingiustizia. Infine, sempre cli conscguen:rn alla. stessa ipotesi, i lavoratori sì acca• piglierebbero per il possesso della. terra più fertile; e ritornerebbe il diritto quiritario a rimettere la pace con la schiavitit del lavoro. 15. - La lotta originaria è fra i consumatori) che consumansi tra loro in una antropofagia apparente– mente incruenta, derivata cla quella pl'imitiva elci selvaggi. La lotta di consumatori trasformasi in lotta di classi) in conseguenza del monopolio adoperato nell'atto stesso della produzione e della circolazione dei beni da alcuni più forti o pii1 fortunati, al fine di assicurarsi un più ricco consumo: onde una classe si fa padrona, ossia ben nutrita, e l'altra serva, os• sia affamata. Il CA-pitalista dell'industria. e il latifondista sfrut– tano per ragione del loro vorace consumo, o, se avari, per vilo timore di non pnter consumare, timore che, pervertendo le idee, fa a.dorare il denaro per sè stesso; i lavoratori sfrutta.ti non possono consum~re i beni che desidera no e c he essi stessi producono; i di– soccupati - necessaria riserva per mantenere lo sfruttamento sociale - non hanno contro chi lottare per l'aumento di un salario che non esiste; l'artigia– nato libero è immiserito, non da capitalisti, ma dagli altri consumatori, che egli immiserisce a sua volta.; infine il latif ond ismo e l'industrialismo, l'agricoltura. semifeudalc e.il libero commercio lottano fra loro, nel campo s peci almente della politica doganale, per 1111 ordinamento più o meno democratico dei consumi. Il latifondista vuole riucariro il pane con il dazio sul grano; 11industriale invece vuole il pane a. buon mercato per non essere costretto a rialzare i salari. Tutta la legislazione protettrice del lavoro poggia sopra il principio, che ogni operaio protetto abbia un padrone responsabile. Ora sfugge a tale prote– zione l'immenso numero dei miseri, che non hanno nemmeno la fortuna di dipendere da un ricco pa.-– drone stabile, che, cioè, o lavorano in modo slegato e incerto o non lavorano affatto. Per essi si convien tenere altro viaggio, organizzando socialmente il con• sumo, in modo che nessuno resti privo dei beni ne• cessart alla nobiltà dell'uomo. Per il principio della lotta di classe, l'emancipa– zione proletaria. non può essere che opera del pro• letariato stesso; così, per il principio della lotta. tra consumatori e produttori, la sicurtà di consumo non può venire che dall'opera. dei consumatori stessi. La classe lavoratrice per emanciparsi vuol essere padrona degli strumenti del lavoro e di tutto il pro• dotto dovuto al lavoro, eliminando il capitalista e gli intermediari; allo stesso modo i consumatori devono, con lo loro libere Cooperative cli consumo e con la. cooperazione sociale del Comune e dello Stato, pro– durre ciò che a loro bisognn., od eliminare la spe– culRzìone del produttore, sia questo un privato ca– pitalista o una associazione di lavoratori. Dalla socializzn.zione dei consumi si passa per con• scguenza necessaria, e come vedremo nel seguente ed ultimo capitolo, a quellu completa. socializzazione del lavoro, che è altrimenti impossibile. ( Continua). s CA:\BIAHERI SCORTI. FRA LIBRI E RIVISTE Il •1·ialzo dei snla,ri. Chi non sa che uno degli nrgomonti formidabili degli economisti ortodos,;i per combattere In critica socialista ò quello della progressiva ascesa dei sala.rii durante il secolo XIX, e della conseguente innegabile migliorata. condizione della classe lavoratrice, di una maggiore com• partecipazione del lavoro ai profitti dell'impresa. a spese del capitale, dicono essi? J quadri statil-tici, i diagrammi 1 che figura.vano al– l'Esposizione di Parigi, non han ratto che rassicurarli nelle loro conclusioni. Jnfatti, epiloga il pror. Glclc nella. sua" Relazione [le· nernle sull'Esposizione internazionale <lei 1900 ,,, fatta per incarico <lei ministro Millerand 1 e della quale è ri• portato un capitolo nella Jlevue d' E'co11omie volitique (mag• gio) 1 le tabelle esposte <lall'ORlcedu 'J'ravail :,di Francin: dimostrano che il rialzo ilei salnrii è stato assai lento tra il 1806 e il 1853 (del 24,5 °/.) 1 ropiclissimo tra il 1853e il 1880 (7i 0 / 0 ), lento fra il 18 Oe il 1900 (5,10 ¾). Le cifro per il Belgio confermano questa progressione. Non solo, ma aprite ancor più il cuore, o ineffabili dottrinart della economia. borghese, non solo i sala.rii si sono ele,·ati, ma il costo delle necessità. della. vittt, che fin verso il 1840 si mantiene al disopra della cifra dei salnrii, poi rimane di sotto o no diYerge sempre di più. 11:, secondo un altro qunclro esposto dalla Società sta– tistica cli Parigi, risulta che nel periodo 1803-1897 il rialzo reale del salario sarebbe qunsi uguale al rialzo nominale. E por di più si constata dappertutto che il consumo della classe operaia è aumentato in quantità, e pe1·certi prodotti (non per tutti!) in qualità: essa consuma molto piò J)ane bianco, catrè, zucchero, ecc., ciò che coinvolgo un rialzo reale, e non soltanto nominale 1 <lei salart. Dunque? A che il socialismo, so le condizioni della classe lavoratrice migliorano anche in regno borghese? Però, osserva il Gide, che non ò un socialista, non basta a quelli che vivono oggidì poter dire a sè stessi che sono molto più felici o molto meno infelici <leiloro padri o nonni i non si tratta del passato, si tratta ciel presento. I•: il p1·osentoci dice, por lo cifre dell'inchiesta con– dotta s01>ra G74.000 operai dall'" Office du travail III che il salario medio in Francia ò di s lire, e che un operi\io dell'industria. <leve ,·ivcro con 100 franchi al mc!ie 1 e un'o1>oraia con 50. « t: certo, continua. il Oide, che se un bilancio siffatto può bnstare alle necessiti\ materiali della vita 1 è affatlo insufficiente, non solo per rendere questa Yita.uu po' gra.-

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