Critica Sociale - Anno V - n. 6 - 16 marzo 1895

82 CRITICA SOCIALE gnino come la pili adatta a procurare, non già il trionfo di dati uomini, non già il soddisfacimento cli date ambizioni personali, non già l'illusione di facili quanto vuote vittorie elettorali 1 ma a procu– rare il migliol' modo di affe1·mazione del partito medesimo e le condizioni pili p1·opizie al suo svi– luppo ed alla sua difesa. Ond'è che quel che più ci piacque nella linea di condotta adottata tielle ullime el4;,.zio1li milanesi fu appunto il 1:elo posto a che nomi di socialisti fìgu- 1,t8~ero in qu:.ilsiasi altra lista, fuor della loro. E se un tale esempio non potrà, pel diverso congegno elettorale, attuarsi egualmente in tutte le elezioni poliliche; su una cosa pe1·ò insistemmo sovra tutte: d1e mai e poi mai, o sia che i nostri scendano in lotta nel nome di uno di loro, o sia che convergano le propPie forze su nomi radicali, mai e poi mai , cnga abbassata la bandiera, adulterala la dottrina dalla quale il partito socialista s'informa. E ciò é assai meno difllcile di quel non paia al Bissolati ed agli altri, i quali parlano di «rinunzie»- che 1 oi dovremmo fare, di danni che subiremmo dal • legarci al co1·po semimorto » di un partito che noit é il nostl'O. Nè 1·inunzie, né legami di nessuna specie. Le ragioni, pe1• le quali può convenirci di sostenere una candidatura radicalo, non sono ra– gioni radicali, sono tutte ragioni socialiste: tutto sta uel comprendel'le e nel sapel'le spiegare. Avanti dunque, checché si foccia 1 con la nostra bandiera spiegata; avanti con l'affermazione del nostro credo, a dispetto dei nemici come a dispetto degli amici. Qui la nostra intransigenza resta ~ranitica, perché qui si tratta per davvei'O della cosctenza del partito. Cosi posta la te~i. noi non temeremmo, no, di sollecitare in proposito - come maliziosamente Bis• solati ci consigliava, scagliandoci l'ultima frecciata della sua filippica - il pa1•e1·e dei soctalistotdi; perchè saremmo ben sicuri ch'esso ci suonerebbe contra l'io. E questo - dell'issare altissima la nostra ban– dio1·a - è l'unico punto sul quale, in direrso con– dizioni di tempo e di luogo, si debba, a senso no– stro. mantenere l'unità della tattica. Pe1· questa unili\ della tattica lottammo e to,·neremo a lottare. Pei·occhò la tattica, lo ripetiamo, non è un princi– pio, un .irlicolo di fede, un quid immanente alla doth-ina; essa muterà dieci volte in un giorno - sciamava Liebknecht al Congresso di Zurigo - se dieci volto in un giorno muta il terreno della lotta. In Russia saremmo nichilisti, o in Italia torne– remmo cospil'atori, se, impiantata la dittatura da un culpo di Stato. la sola via delle cospirazioni - che oggi ripudiamo - ci to1•nasso possibile ed utile. Oggi non siamo a questo caso: ma ci troviamo a tali ferri, nei quali la riconquista di uu minimo di libertà è diventata per• noi il problema dei pro• biomi. Lottare per questa libertà, con tutti i mezzi a ciò acconci, è il nostro vero prog1'amma minimo, poiché ci riescirebbe impossibile - in questo quarto d'ora - formula1·ne qualunque alt1'0 che non avesse sapore accademico, né, formulato, sapl'emmo a chi p1·c~cntarlo. Non alla reazione che impera; non è afli.u· suo contentarci. Non alla democrazia, la quale 11011 ha in mano il potere (né, si può dire, lo ebbe mai in Italia) e alla quale noi - secondo i nostri contraddittori - dovremmo anzi inceppare la via di i-aggiungerlo mai. Chi ci rimprovera che, in condizioni così mutate, mutato è il nostro contegno, somiglia a chi ci tacciasse di volubilità pcrchè ci imbacucchiamo nel rnante!lo mentre, mesi fa, ~lmffavamo dal caldo. E a Dissolati che, quasi ri. C"hiamandoci all'Ol'dine, ci domanda, iu capo all'at•· ticolo suo, qual è la nostJ·a lotta? - la nostra, gli rispondiamo, è lotta ve,· la vita. B1b ote :1 no B1a e Certo, nè noi ce lo dissimuliamo, la formuletta unic:t, immutabile ed trnive1·sale, che simile a ce1·ti manichi posticci può applica1·si a qualunque reci– piente abbia un foro pu1·chessia, certo ò più sem– plice , è ph'1 comoda, dispensa dal pensare, dal pe· sare e dall'antivede1·e. Con ossa non è più questiono nò di accortezza né di misu1·a: semb1•a tattica ed ò negAzione di tattica, pcl'chò è p1·ecetto mate1·iale u11ifonne. Non ci ,:u·roghiamo di asse1·i1·eche sia questa ap• punto la ragione che !"ha fatta preferii-e da molti nostri compagni. Diciamo soltanto che uno sfru– m.ento cosi i11fa11Hlenon può sel'Vire dovo il par– tito sia uscito dal semplicismo della prima dottri– netta sentimentale, do,·o esso cominci ad agire positivamente sulla situazione politica e ad ave,·e coscienza o 1·espousabilit...-\di questa sua azione. Ivi, ogni passo che il partito mova - per l'eteroge– neità dell'ambiento in cui opera - involge con– seguenze che è d'uopo accol'tamente librare, pe1·chè ognuna '1i queste conscguen1.0 ò una questione. La via é pili rotta cd alpestre - ma non è per ,•ie cal'l'ozzabili che si guadagna ra,•veui1·e. . .. 01• da quali a1·gomenti desume Bissolati questo suo paradosso, che non esista in Italia, ccl anzi (poiché il suo ragionamento, come vedremo, con– duce a questo) che non vi possa tampoco e~istere uu pal'tito democratico? Questa, invero, dov1·ebbe essere questione di constatazione statistica. più che di induzione logica. Impel'occhè non si tratta qui di specillare a fondo l'anima di cotesto partito, per sapere che cosa esso veramente valga nelle vaste evoluzioni della storia, come terrà le sue promesse, quali sa1·anno lo suo trasrormazioni an·enire. Sul– l'equivoco ch'esso annida nel suo seno, corno nel suo nome, sulla ibrida composizione ciel suo orga– nismo, sullo delusioni rinali a cui deve portare chi lo pig-li per quel ch'esso o si vanta o si crede, non v'è disaccordo fra noi o qualsiasi socialista. Ed è perciò che a colol'O che ci obiettano: - o al101·a,se l'aiutare l'avvento democratico può essere ora utile nostro, perchè non ci facciamo piuttosto democratici a dirittura? - ovvia si offre la risposta. Non ci facciamo democratici per questo, che siamo socialisti; che sappiamo tutto l'inganno che cela in sè quel pal'tito quando promette soluzioni finali; che ciò che esso ci può da1·e non sm·iL mai se non t'n acconto di quel che noi ci aspettiamo princi– i1almente dalle forze nost1•e, o che infine, se é no– stro interesse di sospingere innanzi altri partiti a,•anzati, nostra missione essenziale è « salvaguar– dare gli inte1·essi del proletariato ~ dalle delusioni cui anelerebbe incontro affidandosi a loro. I\•faora non si tratta di questo: ora si tratta di vede1·e se un partito democ1·atlco esiste, pigliandolo per. quel che può darci nel momento presente. come argine contro una reazione che minaccia schian– tarci, come p,·eparatore di un ambiente a noi meno funesto. E già, in un a,·ticolo dell'eco del Popolo (O febbraio), la penna di qualcuno, che dev'essere al Bissolati parente assai prossimo, concedeva - proprio agitando questo tema - che gruppi, i quali pigliano nome dalla democrazia, esistono ad es. in Romagna e che « rr Milano c'è anche qualche cosa cli più e di meglio»-. Una buona ragione, intanto, per lasciare nella tattica assoluta qualche spiraglio. Ma perchè non vi sarà, non vi potrà essere, un partito democratico - più o meno poderoso - an• che in altl'e parti d'Italia 1 Sarebbe Milano un caso teralologico della demog,·afia politica italiana? Bissolati nota che il Crispi stesso ed altri, che al potere si fecero, qual più qual meno, ordigni di

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