Critica Sociale - Anno IV - n. 17 - 1 settembre 1894

258 CRITICA SOCIALE dignaziono contro le persecuzioni poliziesche, nella go nerosa roga di stendere la mano ai perseguitati, arrivato, por ingraziar\'Oli, a imitare il sorrisetto con cui altri misconosco l'importanza dello nostro associazioni - massa. lenta. a scuotersi, è vero, ma verso la quale esclu– sivamente va rivolta la nostra azione, perchè è in ossa e per essa soltanto che avremo l'esercito \'ittoriuso della rivoluzione, a vantaggio suo preparata. Ma non capile che questa solidarietà nella persecu– zione vi porterebbe allo più strano conseguenze? Che l'azione della thtica e di tutti quanti, a. Geno,·a corno a Reggio, nella minuta propaganda come nelle grandi concioni, si u.lTannaronoa gettare, in questa nostra razza anarcheggianle pili per ignoranza cho por tem– poramenlo, i semi di una più colta e sana coscienza socialista, ò tutta disdetta così? No, il socialismo non è, come gli aHorsari nostri proclamano, irridendoci, una rifioritura cristiana di que– sta fine di secolo, disillusa della scienza o lacrimante, come \'ecchia beghina, sulla miseria. o sulle suo "it.time - ma. è dottrina rata le, che della pietà. non è figlia, che dalla pietà non dee lasciarsi tirare ruori del seminato. Il go"erno \'icla lo nostre conferenze e i nostri Con– gressi - e noi non teniamoli. Cediamo alla forza, come alla forza cediamo di continuo, mentre pure non pro– "ochiamo permanenti rivolto contro la soppressione di un altro diritto, assai più importante <li quello di riu– nione, il diritto all'esistenza, il diritto di ciascuno ai frutti del proprio luoro, così ferocemente conculcato dallo siruttamento borghese. No; lo « impalcature l, o lo e cornici uCflciali• non sono soltanto apparenti, come in un momento di mal umore potò sembrare a le e ad altri amici - esse ri• spondono ad esistenze non anc(\ra del lutto organizzale, ma assai pilt facilmente organizzabili e che col J>artilo socialista hanno certo assai più a che fare che non i ribelli, gli anarchici, gli albertariani, o i somplicemente disgustali della "iolenza. go\'ernali"a. Noi dobbiamo progredire, col e permesso » del go– verno o senza, poco importa, pur di conquistare la forza e con essa il diritto. E la. forza non la conqui– steremo facendoci arrestare, assecondando la selezione sor\'ilo da le cosi bene illustrata nei tuoi Sobillato1·i, fidando nei rimbalzi provocati dall·occosso di persecu– zioni. Non ò molto lo diee,•i tu pure, non sono reazioni boneflcho queste, che ci piombano tra capo o collo men• tro il partito (qual ò in Italia) ò tuttora allo stadio pri– mordiale del suo sviluppo. No, la reazione che dobbiamo preparare - a costo di apparire oceossivamente prudenti all'eroismo di parata di qualche demagogo decadente - non ù contro questa o quella "iolenza. governati"a, incidente transitorio della grande lotta di classe; ma ò contro l'immanente op– pressione, ò contro l'inconturbato parassitismo delle classi detentrici dei mozzi di produzione. E perchè questa reazione si prepari davvero, perehè i rattori economici della finale o immancabile \'itloria nostra non siano disturbati dalla nostra azione di partito, è necessario che questa sia incrollabile nei principii, decuplicata. quanto a costanza ed attività. di propaganda anche in– dividuale, ma sia sopratutto savia od oculata. nelle tran– sitorie difflcoltà. che il dittatore borghese ci accumula fra i piedi, calcolando appunto, vecchia "olpe, su quel romanticismo che ei lasciarono nel sangue i nostri pa– dri, sdilinquenti d·entusiasmo al melodramma di Ernani. Ebbene, noi sa.promo vincere anello questo residuo di cavalleria, cho ci serpeggia nolle iJ.rtorio; e lasco• Bib 1oteca Gino B1arco remo che le senili pro"oeazioni del vecchio congiurato caschino nel vuoto suonando falso, come lutti i bei pa• roloni onde ancora. s'inghirlanda. la borghesia. rivolo- zionaria. LUIGI DEt.LA Ton1u:. Eccoci dunque, da un amico intelligente e devoto alla causa - eccoci, da un gruppo di amici, posti decisamente in istato d'accusa. Noi, e con noi tutti o quasi i pubblicisti del parlito, eccoci desii1nati come tardivi cavalieri della tavola rotonda, redivivi romantici, inquinati di sentimentalismo· e (orrore!) di pietà, drappeggiantisi alla ribalta nei meìodmm– matico manto di Ernani - e ciò per a, 1 01-0scritto che il nostro antagonismo politico coi per.seguitali di altri partili, in quest'ora di tremebonda e furi– bonda reazione - antagonismo patente, reciso, non mai smentito - non doveva « accentuarsi sul ter- 1·0110 dello leggi eccezionali », non dovo,•a servi1·ci di pretesto a un alteggiamento di ingeneroso quanto vano egoismo che, senza salvare noi, ci rarebbe moralmente complici del massacro altrui; - por avere soslcnuto che il pa.-tito nostro è degno del– l'aspra verità, e che questa, non già i puerili eufemismi e le erfimere illusioni, de"e essei-e, anche in questo momento - in questo momento sopra– tutto - il cibo e la bevanda del nostro partito; - per aver protestato che nè le minaccia nè i colpi della reazione debbono farci deflettere dalla via che ci siamo tracciati; e che agli arbitrii, ai soprusi, alle soperchierie dobbiamo opporre quella serena impassibilità, quella attività tenace, quella vivezza di ripieghi e di accorgimenti, quella ,·aoionevole resistenza insomma, che, se allontanerà da noi · la for1,a nominale ed appc:·u·ente degli inconsci e dei malfidi, ci compenserà con nuovo forze più si– cure, come l'esperienr,a di altri paesi ammaestra, e che sola - nei momenti pili. difficili - conserva ad un partito d'av,•enire la vita e l'onore. Per avere questo sostenuto e su~erito, ci si fa addebito - e l"accusa, che serpeggia fra le righe del Della Torre, fu anche apertamente formulata in qualche adunanza - di non serbarci fedeli allo spidlo del nostro prog1-amma, alla tattica tradizio– nale accettata nei Cong,·essi; - di voler spingere il partito per nuovi sontie1•i im\>ervii e pericolosi; - di far buon mercato di que le masse operaie, lente tultora all'azione politica, ma che formano il grosso del nostro esercito 1 la condizione e la spe– ranza della nostra vita, il serbatoio della nosh·a immancabile forza futura - e quasi (non si dice, ma si può sottintendere) di volerle sa!!:rificare, re– luttanti, alle nosh·e romantiche bellicos1tàdi parata. Or è qui che ci bisogna intenderci - ed occorre che Ja questione sia posta nei suoi termini più larghi e più vel'i, senza compiacente attenuazione di concelli o di frasi; perchè dalla soluziono pratica che vi sarà dat..'l dipenderà - ne conveniamo ap– pieno - non certo il trionfo o la disfatta del so– cialismo, fenomeno sociale e storico non dipendente che in minima misura dall'azione degli rndividui anche organizzati a partito - ma il trionfo o la disfatta, ma la vita insomma, della nostra azione di partito, come rappresentante, in questo periodo e in questo paese, e come agevolatrice immediata del movimento progressivo. E la fortuna di que– st'azione è lutto ciò che dipende da noi, dalla nostra saviezza, dal nostro coraggio, dalla nostra visione pili o meno lucida del pl'esente e dell'avvenire. Diciamo che la questione va posta nei suoi ter– mini più veri e piit larghi. Se la impiccioliamo, attaccandoci a questa o a quella frase, limitandoci a un solo incidente (quello dei Congressi, peresempio, da tenersi or.pur no), noi avremo modo di sfog11iare la nostra abtlità polemica di giosh-alori, noi vmce--

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