Angelo Brucculeri - Il problema della terra

- 38 -- di bonifica, tutti i miglioramenti fissi ed inseparabili dalla terra medesima, che da nutrice di rovi e di sterpi ne fanno la madre di biade e di messi, non dànno il diritto di annoverarla fra i prodotti del lavoro? ( 1). Chi coltiva il suolo non produce s_oloil grano, ma ins~risce nella terra una potenzialità produttiva che essa non aveva dalla natura, e che come la messe è un prodotto dell'uomo. Un giardino, un vigneto, un orto, una risaia non sono una creazione del lavoro? (2). (1) • II campo dissodato dalla mano e dall'arte del coltivatore non è più quel di prima: da silvestre è divenuto fruttifero, da sterile ferace. Questi miglioramenti prendono siffattamente corpo in quel terreno, che la maggior parte ne sono inseparabili •• Così LEONE XIII, nella enciclica Rerum .Novarttm. , (2) Ecco come il P. TAPARELLI svolge da pari suo questo stesso concetto: • Ha l'uomo il natural diritto di proprietà sui mezzi di conservazione; ma questa proprietà si estende naturalmente anche ai fondi da cui questi mezzi si traggono? Per rispondere al quesito debbo ic, domandar prima: I frutti delle fatiche personali sono eglino proprietà di chi fatica? A tal quesito la risposta non è malagevole. Se in vista della sola umanità io non posso essere astretto al servizio altrui, .•. egli è chiaro che ciò che io opero è di mio diritto, essendo parte di me perchè mio effetto, e l'effetto è pa1'te della sua cagione, giacché è contenuto nella cagione e da lui dipendente. • Or se J;uomo ha diritto alle proprie opere, la proprietà estende naturalmente i suoi diritti sui fondi stabili, giacchè naturalmente essi abbisognano di coltura stabile per provvedere al genere umano nello stato di naturale propagazione. Coloro che col Mirabeau sostengono che al • momento che l'uomo ha raccolto il frutto, i terreni torna~o (secondo natura) al possedimento comune • o debbono supporre che B bi otecd Gino Bidnco

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