Angelo Brucculeri - Il problema della terra

142 - splendore e del suo potere, non era che un carcame gigantesco e .pericolante; perchè, se vantava strade, marmi, teatri, schiavi, tributi, eserciti, non aveva però quella austerità di costumi, quella moderazione di desiderii, quella laboriosità tenaée dei suoi primi agricoltori, della quale eran,0 un richiamo nostalgico e le Georgiche di Virgilio e l'opera De Re Rustica del fiero Catone. « Il popolo più forte e più grande - parole ,auree del Périn - sarà quello ove le classi più numerose saranno in ,possesso di quelle· virtù che formano l'energia e la grandezza dell'anima, e con l'anima, di tutto il resto» (1). La piccola proprietà coltivatrice, per l'esercizio continuo dello sforzo e per la natura stessa del lavoro, ha più d'ogni altro istituto un gran valore morale. Mentre il lavoro industriale per la estensione delle fabbriche e l' a·gglomeramento degli operai, per l'immobilità a cui li c_ondanna, per gl'incentivi e le seduzioni della città a cui' li ' espone, crea moltitudini viziose che riempiono le bettole e le carceri; il lavoro invece della famiglia agricola che non raccoglie uomini d'ogni sorta, nè divide i suoi membri, ma li fissa in un ambiente sul quale o noni giunge o giunge lenta ed innocua l'onda della depravazione cittadina, è , per se medesimo un argine assai spesso vittorioso all'irrompe-re delle ,passioni. (l) La rfrhesse dans les societés chrétiennes. Lecoffre, Paris, 1868, p. 36. Bibl oteca Gino Bianco

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