Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

1'ENDENZA RELTGlOSA. 6a l:e um:tne liherlà, è la più fidata guarentigia di tolle le n!tre. Essa menomata dalle Corti nel passato secolo, f.rullò ai popoli il dispotismo delle camarilLe; se fosse oggi annullata dalle sette ci frullerebbe il dispotismo dei clubs. Nè può ess~re altrimenti , perchè la sola nostra religione, pel dogma della fraternità universale S'Otto la sovranità di Dio, ha ferma to il vero fondamento della dign ità dell' uomo e di tulle le sue libertà ; essa sola ha pos to dei limiti inviolabili alle pretensioni del potere, ed al dovere della sug!:;czione: essa sola per la potenza delle convinzioni che ispira, dà la forza di morire più tosta che di cedere alle esigenze della tirannide. Serrate le labbra a quella re1igione, imprigionatele le mani, e voi avrete finito di un colpo quanto ci ha di più nobile nella natura , quanto ha l'uomo di più consolante nelle sue speranze temporali ed eterne. Le applicazioni di quest-o vero sarebber molleplici; ma si fermi il pensiero so due ehe sono le più imminenti. Noi non ignoriamo che il primo passo a darsi nella riforma Teligiosa che si medita, sarebbe lo spogliar la Chiesa ed il clero di quel poco che loro è restato ~ e già in qualche Stato italiano si è cominci~lo. Ciò imporla orhare i templi e gli alt-ari del loro splendore , frodare di una parte del loro patrimonio i poveri , togliere o Ja sussis tenza o la indipendenza <lll' Episcopato ed al Sacerdo- ?.io, mettendolo come uffiziali eivili alla mercè dello Stato; il quale dando i sa lari s i arrogherebbe certo il diritto del comando. Se il sacerdozio italiano sarebbe per con~el'­ :tlare la sua dignità nella nuova condizione, co-ne fa il !'rancese , è da aog.ur.arsi , ma è pmblemalico iicuramente ;

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