Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

46 DRITTO E CONVE:'i i ENZ.4 dt qual che scontento e di non ingiuste querele. ~la quale tiomo d' intellelto av ria detto per questo oppressa e tiraunenaiata l' Jlalia f10CO meno di quel che fos~e la Grecia o o dal Turco, o il sia la Polonia Jal Busso, o la Irlanda Jalla Inghi lterra? lasc iate che la democrazia vrenda piede, e poi intenderete che sia essere tiranneggiato cd opprt>sso ! .Ma anche fin d'ora si è polulo loglierne qualche saggio. Senza che in tirannide può Jegcnerarc anche un Governo naziouale; che se l'autonomia fosse Jirillo e dover~ imprcscri llibile , ad ogni nazione correrebbe il debito di rìpulsare una dominazione straniera per quanto voglia supporsi modrrala e paterna. ~ondimeuo io credo che Milano, per esempio , von·ehhe pensar due volle innanzi di cangiare la leJe,:;chissima casa d'Austria coi lomhardissimi risconti. Yi sarebbe ~~ i stato un motivo da forse oneslare un movimen to ostile , il quale avrebbe av uto pieno appoggio nel Pontefice, nell ' Episcopato e nel sentimento reli gioso dei po!JO!i. .Ma quel molivo uon polca esser capilo, e molto meno apprezzato dalla rivoluzione italiana. La servilu a che fu depressa la Chiesa dai ~Jrimi im!Jcradori , tino agli estremi a che sospinsela Giuseppe Il , fù lirannita e scandalosa. Vero è che negli ultimi Lem(Ji l' Auilria avea vralicamente rimesso mollo di quei rigori ; ma Je leggi di sagreslia esistcvéln Lullavia, e la parte che se ne praticava non era lcg~ iera. Ora quando uo Govèrno si usurpa il diritto di formare i teologi, ùi riveder le prudichc , di corregge re le PastOJ ali , di regolare il culto e poco meno che dirigere le coscienze dei por~oli , vede ognuno ehe questi popoli dcblJono trovare uclle loro coideutc qualche cosa di più J nlle semplici rimosLran1e..

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