Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

DELL' AUTONO~U IT AUANA. 45 s o1i titoli che posson<> onestare codesta violenza deHa n~­ tura, e disacerbarne in parte gli effetti dolorosissimi . Jl-rescindendo ancora dalla necessità, la prima cosa che -s i sarebbe dovuto assodare in que!'lo conato guerresco era la sua giustizia; e la sua giustizia fu l'ultima a cui -si pensasse; anzi non ci si pensò menomamente, levatasi la voce nelle piazze della guern:t santa e ùella nuova ct·o- ·ciata, il solo ·rccarnc in dubbio la giustizia fu un titolo più che bastevole pe·r essere arruolato nelle liste di proscrizione. Ora io sfiderei qualunque politico, moralista o teologo a mostrare anche un' ombra di dirillo in quell ' allentato. Ammcno che non ne vogliate stare al giudizio dd~ J' abhate Gavazzi o del paùre Ventura, voi non lo trove- 'fele un politico cordato, un moralista , un teologo veramente cattolico, che ,.i avvHi quell'ombra di diritto. Il dir tirannico il Governo aust1·iaco nelle sue provin- -cie ilaliane -non merita neppure esser preso sul serio. Può ben quel suggetto esseT lasciato alle ispirazioni poetiche del Rossetti e del Rerchel; ma chiunque sia ' ' issuto qual che tempo ne11a Lombardia o nella Venezia può avet· ' 'eduto coi propri occhi, che quelle contrade in ogni parte di civile cullo non era n seconde a vcrun' <~llra della Pe- ~isola; se non forse nell'ordine, nella tranquillità cilladina e nella imparziale amministrazione deJia giusli1.ia , ~i troTavano innanzi a più d~ una. Yero è che la soverchia Jentezza nella spedizion degli affari , la minuziosa e quasi dissi bambinesca dipendenza dalle Camere auliche di Vienna, e sopralutto la fusione finanzi era delle varie p<trli dell'Impero, per la quale la italiana di tutte più ricca vi do\'ea rimettere , è vero replico , che questi erano m ati vi

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