Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

VIl n ai furon tradite? come mai un avveni re che t'i biancheggiava cosi srreno, si è infoscato e rannugolato per guisa , da non farci attendere che folgori c grandiui ruinosc? Noi crediamo 'edcrne la cagione nelle influenze di quattro onesti concetti falsati dalla ncquizia , e ùi tre fatti che , \'enutisi ad intrecciare con quei toncelti , li resero efficaci e prepotenti. In questi elle elementi pensiamo acchiudcrsi , nel doppio giro delle idee c delle azioni, il nostro presente non meuo che il nostro avvenire. In mezzo al rimeslìo che ci stordisce cd al turbine che ci ravrolge, 'i è chi intravede come al fondo maturarsi qualche gran bene per la Europa c pel mondo: io sono nello stesso pensiero , e lo' tornincendomi che la Provvidenza dalle tenebre farà emerger la luce. Ma se quelle tenebre si prolungassero a qualche quarto di secolo , noi mollo probabilmente lasceremmo la 'ita senza a\'er neppur salutata l' aurora di sì bel giorno. Affrettiamolo coi voli ; ma è troppa vergogna , è la radice di tulle le sue S\'enture, che alla Italia onesta e cattolica pesi tanto affrettarlo eziandio coll'azione ! A questa dovendo precedere qualche i tJea , noi tenteremo di esporne alquante che ci srmbrano opportunissime, ma senza troppa fiducia di troyar simpatie. Quando la inerzia eh ile si cor crse

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==