Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

la-O DELL' AU'fOr(OMIA ITALIANA. bre e le gelosie diplomatiche delle grandi Potenze, quando sarebbe stata grande anch' essa. Vede poi ognuno che presso il gabinetto aulico il volo di lulle le rappresentanze 1 deali Stati italiani , avrebbe avuto qualche autorità mag- o giore degli urli incomposli di scolari indisciplinati c di compri plebei. Condolla la cosa a questi termini, nulla di più probabi le di un ripiego, di una transazione, di un accomodamento, e ad' ogni modo potea pur sorgere • una vera e giusta rélgione di discordia da oneslare tlfla legittima guerra. Allora l'Italia appoggiala nella forza morale della giustizia e del dritto , e nella materiale della unità e dell'accordo , avria potuto tentare con felice successo una impresa alla stessa ora mililarmente e c·ivilrnente gloriosa. Allora quella parola l'Italia farà da sè non saria stato un vanto ridicolo tanto più , quanto essa era piu debole e più divisa; ma saria stata una parola ispirata da nobile orgoglio di un popolo che la dice perchè sà di potere , e sente che non può fallirgli una giustificazione dall' evento. Ma questo è un condizionato che non fù, che forse potea essere, ma che i ratti moderni han reso malagevole, forse ancora , almeno pel tempo presente, impossibile; e questo è l' allro capo dei due che io dissi di sopra indubitati. Caccialici ad occhi bendati in una via rischiosa " tumu 1luaria e sulla quale non potevam9- essere scorti da veruno coscienzioso e sincero convincimento, riuscì atl essere tentativo di un parlilo ciò che appena potea esser possibile a tutta intera la nazione; e le nostre vergogne furono al sommo, quando alla in~iustizia delle pretensioni alla sconsiglialezza dell'impresa vennero ad aaoiun(J'ersi l . f ~ O'!) O e m am1e dei mezzi adoperati per assicurarne il successo

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