Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

32 LA CONFEDERAZIONE ITALIANA condizione presente; ed a questo patto esso , se non è tradito, non vorrà cimentarsi innanzi al cannone o av- ,·enturarsi ai rischi ed alle conseguenze di una rivolta. J/ uoila ilaliana non ci aggiungerebbe che una dignità uazionale ed uua preponderanza politica nelle bilance di Europa: vantaggi a vero dire non isprezzabili ;. ma che presso tulli i popoli furono la conseguenza naturale di avvenimenti i quali ebhero diverso scopo. Non tro\•erele • per avvéntura nella storia che la unità nazionale fosse voluta e procurata direttamente da un popolo, appunto per questo che essa poco o nulla aggiunge al ben essere morale e materiale del popolo stesso. Se in un momento di delirio e di fanatismo la griJarono per le contrade, a sangue freddo non istenderebbero un dito per procurarla, soprallullo se intendessero che i più spasimati dell' unità appena mirano ad altro che a sortire nel rimescolamenlo universale il destro di farsi o ricchi o potenti, e nella graoJezza dello Stato costituilo apparecchiare un più am· pio teatro alle proprie ambizioni. Ma il comune, il municipio, la famiglia, l'individuo, che ci guadagnerebhero? Non avrebbero forse a temere di pcrùcrvi qualche cosa? Entrato un elemento popolare, pci nuovi ordinamenti, nella cosa pubblica, uno degli etTelti che se ne sperano è il veder dirallato quel restrin· gersi che fanno al presente nelle metropoli tulte le fila governative ed amministrative. E nondimeno nelle grandi nazioni è quasi indispensabile una concentrazione che assorbisce lutto, creando un mostro con testa gigan tesca e con membra nane. D'altra parte le molle capitali nella mediocre eslenttioue degli Stati; l'occhio di chi siede al timone, piu \

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