Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

E LA COSTITUENTE. 31 pore oncst:tmente potea, forse ancora solto un riguarJo dovea. Pensnte ora a deliberazioni che compromellono la salute puhhlir.a e le private coscienze l Se nella Italia centrale si ottenne nna larva di suffragio, neppur questa si può supporre nella meridionale. Voi avete il suffragio cont·rario; e c.iò mi par chiaro abbastanza , da che non ci si potendo pnrtccipare senza essere traditol'i , ribellanti e sacrileghi , la Dio mercè non ci malignano tanto le stelle da doversi appiccare quelle qualificazioni alla maggior parte degli Italiani. A ques ta ( mi è dolore e vergog na il dirlo ) potete dare voce di li- ~ ida e di neghillosa, ma d'iniqua non mai; ed egli basta numerare i capi, affissar le sembianze , studiar le arti ed il contegno dei riformatori per certificarsene. Voi non lo potete avere il suffragio della moltit·udine , ammeno che non vi venisse fatto ingannarla bruttamente facendole sognare che colla unità italiana verranno tolte le beatitudini. I popoli non si levano ad una mossa unanime, se non vi veggono un mezzo a cessare un male o procurarsi un bene che tocchi molto da vicino gl'interessi individuali. Anzi la storia ci apprende che i veri movimenti spontanei delle moltilu?ini si effettuarono presso che esclusivamente a fine di cessare gravi mali o rischi comuni ; chè la natura , quando opera da sè sola , non serbò quell 'estremo rimedio delle mosse popolari che ai casi estremi. Ora la ripartizione della Penisola in Y::tri Stati non incomoda. il popolo come il dazio imposto ~ulle frolla dal duca d' Arcos vicerè spagnuolo, che con quella .scintilla appiccò l'incendio ad una materia gia disfJos la , e che trovò un capo insperato in Masaniello. I/ uuità itaHana lascerebbe il popolo propriamente dello nella sua

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