Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

E LA COSTITUgNTE. 27 ,. i,.ile culto resti indipendente dai capricci e dalle corruttele degli uomini. Se il sommo custode di quelli non go- "erna, sara governato; e se fia governalo, non finirà certo la Chiesa, ma la fonte delle benefiche sue influenze uel mondo sarà inaridita per sempre. È questa forse la nuova gloria a cui aspiriamo? Noi non abhiam hisogno che i nostri demagoghi riformatori ci ricordino che i Papi stettero otlo secoli senza che fosser Principi ; noi anzi diremmo loro che stettero tre secoli lalilanli e perseguitati nelle catacombe. Ma che perciò? vorreste dunque per questo spogliarli dei loro ciontinii, meUerli alla dipendenza di un Principe o di un Parlameulo? perseguirli e ricacciarli nelle catacombe? Oh ! Jo sappiamo I il voto è questo, e ci sta suonando da tre secoli negli orecc.hi I ci si è dello in prosa e in versi. È la eterodossia che nella indipendenza della Chiesa avendo trovato il maggiore ostacolo ai suoi trionfi, quella vuoi rapirle nel suo Pontefice. Ma dove le nostre colpe ci meritassero dalla ProYvidenza cosi tremendo gastigo, non fia che ci manchi spirito, almeno per esecrare l' inf~me allentato di un pugno di scell<'rati e-he senza coscienza, senza pudor, senza fede, tentano di togliere alla Italia iuvilita il suo sovrano privilegio, e di annullare l'opera stupenda di dieci secoli e mezzo; macchinano di or·bare la cattolicità della nuova sua Sionne; chè patria nostra spirituale fin qui è stata Roma; e si struggono d' immolare ad un delirio patriottico forse l' unico ed ultimo presidio tra gli umani che restava alla Chiesa , per ripigliare l' infernale tripudio del passato secolo per crederla spenla. Se Iddio voglia, come gia altra volta, rompere in botca agl ' iniqui il hcffardo riso eh~

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