Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

LA CONFEDERAZIONE ITALIANA sini si possono bene far tacere le lingue e le penne; ma nel rondo delle coscienze la voce del senso comune edella ragione è imperiosa e non transige coi demagoghi. Ed è appunto la coscienza , innanzi a cui la Costituente italiana non può essere che ona fellonia, un tradimento. meno al principio di autorità che si sconosee ; che non al suffragio ed al bene dei popoli imm()Jati iniq~amen te alla febbre delle rivolture. Si dirà che qualche Principe ci assentiva, che di Toscana muovevano 3.7 deputati alla Costituente in Roma ,. ' e nell'apertura delle Camere in Torino se n'è parlato colleforme più espressive. Ma il ricordar questo assenso non è un giustificare il fallo; sì veramente è l'insulto pili. umiliante alla posizione compassionevole di LeopoiJo edi Carlo Alberto. Quando i Principi si dechiuano ad implorare a tolti i patti dai loro nemici un lembo della clamide reale che loro si straccia addosso, si debbono. considerare come sequestrati dalla vita pubblica, e non aventi altro uffizio che di alcune rappresentanze sceniche, pagate pili o meno largamente colla lista civile. Nel re~ sto, di quella gen~rosilà non sarà mollo contenta la maggiore e miglior parte di quei popoli lasciati alla discrezione ùi un partito sceUerat& e prepotente , che si compera la preval.enza col lembo d'i clamide che fa vista voler lasciar& al principato. Ma la Provvidenza fa rà che ciascuno sia pagato della sua moneta; ed i Principi ce:nsenzienti. troveranno compenso al loro contegno. nel proficiscet·e che Jor() si apparecchia ad intuonare la Costituente ,· e la maooiore 00 e miglior parte di quegli Stati, colla oppressione , onde già ha cominciato ad esser vittimn , porterà la pena della porleutosa sua inerzia nel lasciar fm·e.

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