Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

E LA COSTJTUEI'(TE. 23 PPrtnnlo qu:\ntt' anche non volessimo ricono~cere n(' ; YGri Sovrani d' llalia altro dirillo e Joverc di governare, rhe quello commesso dal popolo francese al presidente della sua repubblica , vi pare che avrcm potuto a nostro copriccio mandarli a spasso, e proclamare una Costituent,•, la cui miss ione precipua è di trovar moclo da mand~lrli a spasso nella maniera più sbrigativa c meno indecorosa? Sarù sempre un immane delitto sociale; nè crediamo lo sia meno perchè a nessuno uon hasla l' auimo di proclamarlo. ta vcrilà e la giustizia possono henc essere soffocate dalla prepotenza, ma non fia mai che cangino d'un capello gli eterni loro dellami. Stando tuttavia sulla somiglianza di un Governo d<.'- mocratico, queg li che lruovasi in auualc po. cs~o cct esercizio di autorità suprema non può esserne spoglio ~e non nel caso che abbia violato i suoi giuri in verso del popolo, e che dalla maggioranza di questo sia riconosciuta quella violazione. Ora qur.l titolo ci ha in nn tempo che i Principi son condiscesi alla mag~ior larghezza onde i loro popoli fosser capaci? Come anzi ci polca essere questo titolo , quando non si è neppur saggiato il contegno che la monarchia avrebbe preso nella Penisola coi moderni ordinamenti ·? cJuando se i Principi ebbcr colpa, la ebbero appun!o nello aver troppo o troppo improvitlamente concesso. E dove pure fosse preesistita una llfagna carta come in Inghilterra, o una piccola carta come in Francia, avete voi preso lo sperimento di otlo secoli per starvi tranqu illi come gl'Inglesi, o almeno di 17 anni per cacciar via Luigi Filippo e proclamare la Costituente come han fallo a Francesi ? Colle haiunelle usurpate e coi pugnali <.legli assas-

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