Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

E LA COSTITUENTE. 19 nendo lo splendore di vari Stati indipendenti, ci saremmo sciolti da molli lacci nei commerci, nei célmbi , nelle industrie, nelle comunicazioni, nelle dogane, nella d iO'ormilà delle misure, dei pesi, delle monete e via discorrendo. Che se pure l ' unità nazionale e un bene, quest a federativa ne saria stato un apparecchio, in quanto av1ia dato prin cipio <1 quell'assimilazione e a quell' esplit.:amenlo dei principii comuni indispensabile al fondersi di parli svariate in un sol tutto. Come dunque una speranza cosi onesta c che parea di non difficile asscguimento nei nuovi ordinamenti civili che davano mollo valore ad una tendenza comune, come, dico, quella speranza dileguò quasi al 1ullo, fu tradita per forma che, se riusciremo a declinare una ' ' iolenta . e non durabilc fusione, donern peusar rcr sa h arei a separazioni forse più crude e taglienti di quelle che fin qui ci divisero? Il sentimento, il volo di confederazione fu o improviJamcnle o colpevolmente travolto in ttn ilit nazionale. Questa nelle presenti ccudizioni e impossibile, non si potria tentare scgza fellonia c sacrilegi , non ha , nè può avere il suffragio della maggioranza; e in somma non servirà che per distruggere, lascia udo ai venturi la lunga e fati cosa opera di riedificare sulle nostre ruinc. l popoli per quanto volete natnralment~ uni, non si unificano come vari pezzi di metallo omogeneo io un croci uolo. Essi pria di fondersi in un sol curpo hanno uop() di quell' assimila'l ione che dissi sopra, la quale non 8i comanda colle Costituenti, ma e effetto del lento lavori <> dei secoli: gli uomini non possoo fare che remotamcnln ùisporveli colle savie istiluzioui e forse anche più col ri~ muover gli ostacoli.

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