Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

18 LA CO~FEDER.\ZIONE ITALIANA diplomatiche che ci si sarebbero attraversate non pofe<lno essere che ingiuste; e saria stato l>ello e glorioso se l'accordo unanime dei nostri Principi e dei nostri popoli le avesse trionfate. In somma una confederazione si potea desiderare e si desiderava infatli onestamente da molti. Noi non vedevamo nella Halia queHe sfoggiate grandezze che una procace adulazione ba esagerate tino al ridicolo: ma neppure vi scorgevamo quella declinazioue . morale e civile che i nostri piagnoni politici creavano colle menzogne per poscia rimpiangerla colle lagrime della impostura. L' Italia non è il popolo privilegiato, e nalo esso solo a dominare tutte le n<tzioni civili: l' impostore che ispirolle codesta matta pretensione, le ha chiamato sul capo quel di spregio che seguita la povertà orgogliosa . I titoli della dominazione romana sono impossibili a ri prodursi: l'esser centro della callolica unità fn un dono graz ioso di Provvidenza, che le impose il debito ù' incedere alla lesta dci popoli redenti, ma che ·serve solo a farla più rea quando per viltà e nequizia si sta cacciarulo alla coda. · Lasciando stare adunque codesti eslrerni falsi ugualmente ed opposti, è inùubilalo che il non avere u}i Slati P!) ilaliani altro legame di unità che i naturali del suolo <J della favella, è origine di non pochi incomodi, soprattutto nelle noslre relazioni esterne in un tempo, nel quale la influenza internazionale si misura unicamente dalla forza materiale delle vario Potenze. Una confederazione ci avrebbe acquislala dignità nazionale, ci avrebbe emancipali almeno in parlo dalle esigenze pedagogiche e c.Ia Ilo p re potenze slronierc, c qua n lo al di dcrHro, rite-

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