Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

CONCLUSJONR. 129 con sacriflzii dolorosi di decoro e di sostanze. Ma i cuori o i cervelli dei popoli non si raddrizzano colle baionette forestiere; tnlora si stravolgono peggio: dobbiamo ai libet·atori d'Italia questa tremenda necessità a che siamo sospinti ! A non dire di qualche pretensione in detrimento della libertà della Chiesa, che una Potenza interventrice potrebbe affacciare al Pontefice, la sperienza ci ha mostrato che in questi casi , ad acqoetare e contentare il partito vinto, si larghegg ia non poco in ciò che si lroova più agevole , cioè nella cosa religiosa e nella morale. Talmente che in questa prima parte dell ' alternativa noi non possiam vedere per la Jtalia che un ruinare nella eterodossia. A chi non conosce o non cura che il pt'esente questo non parrà grave rischio; ma se ne sgomenterebbero davvero gl'Italiani se intendessero quanto il presente medesimo sia compromesso nella eterodossia. In popoli nella cui vita civile il catlolicismo non tenea lotta quella parte elle tiene in llalia, le ferile nelle credenze furono esiziaJi , e appena adesso se ne slan riavendo ; ma per noi sarebbero a cento tanti più perniziose, anche pel difetto di molli presidii umani che abbondano altrove. Quanto più enorme delitlo sarehhe per noi il disertare le insegne ca ttoliche, tanto cc né dovremmo attendere phi terribile punizione; ed è appunto la \'ila presente dove si consumano le punizioni dei popoli. Allora avremmo una nuova conferma che la fede col sole divino ch'n' è l'autore incede, come l'astro del giorno, dalle piaghe orientali alle occid~ntali. Lo precede l' aurora, l'accompagna il meriggio, ma dietro le spalle non si )ascia che il cr·epuscolo e la notte. Surto nella Palesliné\, illustrò dci suoi raggi l'Asia Minore, la Tracia, la Macedo-

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