Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

DI REPRESSIONE.. 117 Le armi cittadine e le. Polizie poteano avere almen l' effello di rendere inutili gli eserciti permanenti sgravando il pubLlico erario di un enorme peso, ed il popolo d'un servigio non desideralo, dove il pan del solùalo non è un bisogno. Al più si sarebber potute mantenere per un' attitudine d' imponenza da conservarsi pel di fuori. 1\'Ia novellamente le armate si sono rese indispensabili alla tranquillità ùelle città , non se ne potrebbero allontanar senza rischio; ed all' anti~a arte guerresca si è <lovuto aggiungere un trattato sulla ballaglia delle contra<.le, e sul far la breccia alle barricate.. Dove si osservi che gli eserciti , reclulali comunemente nelle campagne, si trovano acconci a compiere questo pietoso uffizio di sostenere re guardie nazionali a tutelare l' or<.line, dove queste non fraternizzino, colla rivolta, e a comhallerle se fraternizzino, si trovano, dico, acconci a quest' uffizio , perchè nell'aperto aer campestre in quella vita tranquilla e nella quasi perenne dipendenza da Dio, conservano meno corrotti i principii di religione, di morale e di ordine. Ma quan<.lo la cancrena si sar;·, pro- · pagata infino ad essi, quand.o. ogni contadino, e però quasi ogni soldato sarà socialista , come il colto operaio della città, allora suonerebbe l' ora della dissoluzione c del caos sociale. E ciò dimostra che nel mondo cristiano un.a società non può vivere appoggiala unicamente sulla forza materiale , cd è uopo che quella vila precaria veng.a una volla alla morte. 1\Ia fin che non si giunga a quell'estremo, si vive come si può il meglio; e la forza materiale che ùcv' essere il suo Uagcllo , può solo e dee sendre· temporaneamente alla sua conservazione. Io queste condizioni la dema.gogia non pl)tendo· oHenere

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