Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

118 DRITTO E DOVERE che si annulhtssero quei mezzi coallivi , dai quali es!òa :1\' rcl>IJc saputo trarre iniglior partito , si volse a pretendere che non si dovessero adoperare ; e lo pretese a nome della carità e della fratellanza, colle ipocrite adula1.ioui della clemenza e colle diatribe furiose contro qualunque uso di repressioue. Con questi mezzi riuscì ad ottenere da qualche Governo una tacita o espressa professione che non si dovrebbe usar la forza, quasi una promessa elle . 11011 si sarebbe usata. Non ci volle altro che questo, perchè i mezzi coattivi già preparati perdessero ogni moraic imponenza, e perchè si venisse alla estrema necessità di doverli usare davvero per lol'O restituirla. Il vero mezzo che abbia un Governo per non usare la forza è la ferma risolutezza nel professarsi parato Ml usarla. Solo co:,i potete sperare che la mitwrità rivollosa dietreggi innanzi al dono che sicuramente l' attende. .Ma detto una volta che i fratelli non farnn violenza ai fratelli, le vostre IJomhe e le ,·ostre baionette non avranno rnagg ior costrutto che le bolle di sapone, o le canne onde si baloccano i fanciulli. Per rendere a quelle armi il credito <lovrete fulminare e ferire davvero. Ricusélndovi a questo voi apparecchiate il trionfo ad una violenza di diverso genere. La legittima forza dell'autorità differisce in questo dalla illegittima t.lcl delitto, che la prima dal venire in alto una volta , per la imponenza che s11iega, risparmia a sè il debito doloroso cd alla società il danno di venirvi le cento: laddove la seconda dal venire in atto impunemente nna volta , per la baldanza che acquista , prende sicurlù di venirvi le cento e le mille. Se dovessimo assegnare un' ahr(l. di fferenza, diremmo che la repressione legale ~i

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