Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

DI REPRESSIONE.. 115 È singolarmente notevole , che noi mentre neghiamo il bisogno della repressione o lo diciamo scemato , qrazie ai progressi civili, nel fallo poi lo confermiamo, mulliplicandone stranamente i mezzi. Che se venutone il tempo , questi non si usano, le convnlsioni sociali in che precipitiamo, sono nuovo argomento di quel bisogno medesimo. Fù già osserva lo da qualcuno, che quella ragione inversa tra la morale e la materiale repressione può ras-- somigliarsi a ùue termometri o barometri , per una legge arcana legali per guisa, che quanlo il fluido s ' innalza nella colonna dell'uno, e tanto si abhassa in quella dell'altro. E perciocchè da tre secoli , insieme coll'insegnamento e colla pr:tlica della rellg ione , la repressione morale è venuta scendendo di mano in mHno fino a quella debolezza che osserviamo al presente, i mezzi coattiv i sono venuti crescendo c.olla medesima proporzione; e siamo a termine da parer difficile il pensare qualcosa d ~:. li!ìUovo in questo genere. Gli eserciti permanenti, cominciati a mantenersi m Francia solto Filippo Augusto, si fecero un bisogno in Halia dopo il seicento, come prima i nostri popoli cominciarono a respirate qualche aura di anarchia intellettuale loro soffiata dall' aquilone. Ma -preslo si trovò che le baionelle non bastavano, ed i Governi dovettero multiplicars i gli occhi, vestendo come un manto di Argo nelle Polizie onde si ckcondarono. Contro la Polizia si è gridato a piu non posso dn quei soprattutto che n'erano sc0modati ; ma colle necessità sociali non si potendo transigere, si è capitolato dei nomi , delle divise, di un Ministero si è fatta una Direzione, il gendarme si è chiamato guardia di sicurezza, il rosso si è cangiato.. in giallo; · tutti ollimi ri-

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