Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

D'l REPRESSIONE. 113 Tt'lenlo sociale non si governa mai dal basso in alto, mentre da una pa-rte non varcò di un capello i diritti del .'Potere, ne fù ùall' altro si fermo assertore c vindice cosi severo, che più non avria potuto in uno Stato antico , monarchi~o e ari-s tocratico. Or qual privilegio .conferilo al nostro tempo e al nostro paese ci potea ispirar fiducia ia un sistema di concessioni perpetue e di rnorbidezzc inaudite? non avremmo anzi dov.ulo scorgere nel nostro tempo e nel nostro paese un bisogno novello di accorciare la briglia , appunto perché la istituzione ùi più larghi ordini può piu agevolmente degenerare in licenza ! Supposto che un elemento ribellante sia e debba essere nella Società pec condizion di natura , voi , se non \'olcte rassegnarvi a servi rio, avete uopo d'impedirne o almeno ( perrnelletemi la parola ) di neutralizzarne l' azione. A questo elfello non ci ha forza che Ja materiale. Gli è verissimo che quella è più nobile di queste; ma gli .è vero non meno che ove i mezzi morali illanguidiscono o mancano, debbono essere s.ustituiti in debita proporzione dai materiali. Lo scadimento religioso nei popoli moderni ha grant.!emenle sgagliardila quella specie di nobilissima repre~­ sione morale che, esercitata dagl'individui sulle proprie propensioni, gli contiene tra i limiti del dovere, e fa che j mezzi coattivi non -oi aùopcrino che raro e pochissimo. Nelle grandi metropoli soprattutto quel baluardo della morale è reso quasi nullo nelle classi infime, alle quali mancano eziandk> i fl'agili presidii di una educazione fol'- hita c degli umani riguardi. l veri religiosi che sono il fondamento della morale D non saputi o non creduti ~ .il

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