Carlo Maria Curci - Sette libere parole di un italiano sulla Italia (marzo 1849)

112 DRITTO E DOYERE No l t1or1 fU Homa che fè grandi i Pontefi ci 1 furono i Poutefì ci che ogni grandezza di edero a Uoma . Tramontalono l' astro del Vaticano, noi sui sette colli non veggiamo che tenebre ; la già rei na del monùo è una spelonca di ladri , presto sarà una cloaca di sozzurc, fa ccia Dio , che non divenga un lago di sangue l L' astro del Vatica no ha dorato dci suoi splendori una piccola terricciuola che non è più la minima delle città; in lei son conversi gli occhi desiosi di tuUa la terra; ed essa è il centro, e la metropoli deJJa più vasta fami glia , della sola santa tra. quante mai se ne assemurarono solto le s telle. Che se alle armi napolitane fìa dalo di rimetter!! il nono Pio accanto alla tomba degli Apostoli, ue <tvranno premio la riconoSi'Cnza della cattolicila tolta quanta ; anzi più delltt Italia Sl('ssa , a cui sarà l' opera scellerata c sacrilega men vergognosa , se iu sè medesima , in OliO suo popolo , in un suo Principe !'aprà trov~1re vi gor bastaute a disfarla. Con sollo gli occhi somiglianti fatti sarebbe tempo che gli uomini di Slalo nella Jtalia si disir~ gannassero di questo errore invalso troppo tra noi : la repressione non ~utd irs i a tempi civili ed in Governi Jihcri, quando anzi nessuna libertà, nessuna civiltà polria con servarsi senza quella. " ' asington fondò Ja libertà politica e la indipendrnLa nazionale della sua patria , c potrebbe considerarsi <·ome il modello di un capo di rcl,ubbliea democratica. 1\ond;meno si studii la sua \' ila , si mettano in esame i suoi fatti , i suoi pensieri, le sue parole: non ci si tro· ' 'erà la menoma orma di codesta debole condiscendenza all e pretensioni delle piazze , la quale sta formando la divisa del nuovo sistema introdotlo nella Italia superiore. Egli convinto profondamente che in qualunque ordina-

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