Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte qut'nta tarsi questo disturbo, Sonnino domandò nel progetto del 16 febbraio che le coste dalle Bocche di Cattaro in giu fossero neutralizzate. Con questo veniva ad ammettere che non era necessario occupare un territorio per ren– derne impossibile l'armamento: bastava la neutralizzazione. E allora per– ché non domandare la neutralizzazione di tutta la costa dalmata e come garanzia contro la violazione di questo patto il possesso di qualche isola foranea nell'Adriatico centrale? Il progetto Sonnino, insomma, dal punto di vista delle "garanzie strategiche" non stava né in cielo né in terra, mentre dal punto di vi– sta delle "aspirazioni nazionali" non poteva essere giustificato da nessun uomo di buona fede. Una sola ragione militava in favore di quel progetto. Gli armatori triestini volevano assicurarsi il monopolio del commercio della Dalmazia, rendendovi impossibile con l'aiuto del governo italiano qualunque iniziati– va che non_ facesse capo a Trieste e che non fosse controllata da capita– listi italiani. Ma questa ragione non poteva essere confessata. L'unico argomento che si può dedurre a giustificare Sonnino si tro– va nel fatto che il 5 agosto 1914, il ministro degli Esteri russo, Sazonoff, volendo trascinare immediatamente l'Italia nella guerra contro l'Austria, aveva detto all'ambasciatore italiano, marchese· Carlotti, che l'Austria-Un– gheria non avrebbe potuto opporsi validamente all'occupazione del Tren– tino, di Trieste, della Dalmazia e di Vallona, e 1'11 agosto gli aveva ri– petuto che l'Italia avrebbe potuto ottenere la Dalmazia "da Zara a Ragu– sa" ma avrebbe dovuto garantire alle popolazioni slave le libertà religiose e culturali. Sonnino, nel febbraio 1915 rivendicando la Dalmazia fino a Sab– bioncello e non fino a Ragusa, calpestava il sentimento. nazionale degli slavi del sud meno di quanto non avesse fatto nell'agostd del 19'14 il mi– nistro de;gli Esteri dello Czar, protettore ufficiale degli slavi del sud. Que– sta è la saggezza e la ·coscienza morale con cui è governato il mondo. Dall'esame che precede risulta chiaro che Salandra e Sonnino riven– dicavano i territori abitati da popolazioni italiane in nome delle "aspira– zioni nazionali," e dove finivano le "aspirazioni nazionali" invocavano le "garenzie strategiche," ma lasciavano ovunque sotto il moggio gli interessi commerciali. Essi non potevano spiattellare in un documento diplomatico che i soldati italiani sarebbero stati chiamati a versare il loro sangue non solo per liberare. Trento e Trieste, non solo per conquistare confini militari migliori alla loro patria, ma anche per garantire agli armatori triestini il mo– nopolio sulla Dalmazia e sul retroterra di Trieste. In fondo le "aspirazioni nazionali" occupavano nello spirito di Sa– landra e di Sonnino un posto secondario dopo le garenzie strategiche ita– liane, e dopo le avidità commerciali degli armatori triestini. Essi infatt~ nel progetto del 16 febbraio, si disinteressavano senz'altro della città di Fiume, sebbene questa fosse abitata da una maggioranza italiana (24.000 italiani, quanti ve ne eran<:>nell'intera Dalmazia, e 15.000 slavi). 534 BibliotecaGino Bianco

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