Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La diplomazia italiana nella guerra mondiale cattolici aveva il consenso delle moltitudini operaie e contadine. La grande maggioranza delle classi superiori era favorevole agli Imperi centra– li, solido puntello dell'ordine sociale. Le banche piu importanti e i piu grossi industriali erano favorevoli alla neutralità non solo per quella sim– patia verso i regimi autocratici che è comune a tutte le classi ricche, ma anche perché gli uomini d'affari pensavano che la neutralità evitava i rischi della guerra e permetteva loro di fare denaro alle spese tanto degli Imperi centrali quanto déll'Intesa antigermanica. I marxisti della stretta osservan– za rifiuteranno di credere che l'intervento dell'Italia nella guerra mondiale avvenne contro la volontà di quasi tutti i capitalisti italiani e non per loro comando. Ma questa è la verità, quale risulta da un. esame non par– tigiano dei documenti. I gruppi sociali che vollero la guerra, vanno cercati specialmente nelle classi intellettuali. Se si vuole essere esatti, neanche nelle classi intellet– tuali la maggioranza fu interventista. Fra gli insegnanti universitari molti rimasero murati nelle loro specialità e non se ne sarebbero distratti neanche se vi fosse stato un diluvio universale; gli altri si divisero in parti ugua– li fra interventisti e neutralisti, ma fra gli interventisti predominavano i nazionalisti, e fra i neutralisti prevalevano quelli che attaccavano la neu– tralità come un ponte di passaggio verso l'intervento a fianco degli Im– peri centrali. Gli insegnanti secondari erano divisi fra tutte le possibili cor– renti, ma prevaleva in essi l'interventismo in tutte le forme: nazionali– sta, confusionaria cioè massonica e mussoliniana, e bissolatiana. I mae– stri elementari erano divisi come gli insegnanti secondari, ma fra essi i socialisti neutralisti- - riformisti o rivoluzionari - erano i piu numerosi. Fra gli intellettuali indipendenti, Benedetto Croce era neutralista a tenden– za tedescofila; D'Annunzio, come abbiamo visto, era interventista a ten– denza nazionalista; e Guglielmo Ferrero era interventista a tendenza bis- solatiana. " Nessuno fra i gruppi che componevano la variopinta coalizione degli interventisti, aveva forze sufficienti a far prevalere senza l'aiuto degli altri l'idea della guerra contro le resistenze dei neutralisti. Nessuno aveva forze sufficienti per imporre il proprio programma territoriale agli altri gruppi inteventisti. Se Bissolati e i suoi seguaci avessero preveduto che il pro– gramma dei nazionalisti sarebbe stato adottato dal governo probabilmen– te avrebbero rifiutato la responsabilità della guerra e i nazionalisti- sarebbero stati ridotti alla impotenza completa. Fu grave errore di Bissolati e dei suoi amici non aver Ìnai preteso dal governo spiegazioni esplicite sui fini territoriali della guerra italiana. L'intervento nella guerra fu possibile per– ché nazionalisti, democratici e pseudodemocratici di tutte le tendenze misero in sordina i loro dissidi sui fini della guerra per fare massa tutti in– sieme intorno a quella sola idea - la necessità della guerra - in cui si trovavano transitoriamente accomunati. Chi l'!ell'autunno del 1914 avesse voluto scrutare l'avvenire, avrebbe 515 BibliotecaGino Bianco

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