Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta va che si debbano acquistare solamente quei territori che si possono te– nere senza eccessive difficoltà; e cos1 fosse rimasto fedele a questa dottri– na nel 1870 quando decise di annettere alla Germ~nia l'Alsazia e parte della Lorena! Avrebbe risparmiato alla Germania molti guai. San Giuliano nelle ultime settimane della sua vita accennò a volersi attenere alla dot– trina di Bismarck. Che cosa avrebbe fatto se avesse potuto continuare a dirigere la politica estera italiana, nessuno saprà mai. Le idee di Bissolati avevano una debolezza congenita. Né in Italia, né fuori d'Italia, i partiti democratici e socialisti erano preparati a com– prenderle. Democratici e socialisti si divisero ovunque in due correnti, l'una piu dell'altra lontana dal pensiero di Bissolati. Gli uni rimasero le– gati alle formule pacifiste o rivoluzionarie e si disinteressarono dei proble– mi concreti che la guerra sollevava. Gli altri si lasciarono conquistare dalla esaltazione guerresca e diventarono facile preda della propaganda naziona– lista perché fosse inpennacchiata con qualche goffa truccatura rivoluziona– ria. Bissolati non trovò che pochi seguaci fedeli, sparpagliati qua e là in tutti i gruppi democratici e fra quei democratici cristiani nei quali il Vaticano non aveva presa e che sentivano in Bissolati una comunanza di aspirazioni morali al di là dei dissidi dogmatici. Mussolini, dopo essere stato il leader ,dei socialisti rivoluzionari neu– tralisti nei mesi di agosto e settembre 1914, saltò ad un tratto nel cam– po dei democratici interventisti a mezzo ottobre. Si dimise da direttore del- 1' Avanti"! e cominciò nel mese di novembre a pubblicare un nuovo giorna– le, Il popolo d'Italia, coi denari del governo francese. Continuava sempre a chiamarsi socialista rivoluzionario. Si vantava, anzi, di essere il solo auten– tico custode in Italia della dottrina socialista rivoluzionaria. La rivoluzione sociale, a cui nei mesi di agosto e settembre il proletariato italiano doveva arrivare lottando per la _neutralità, sarebbe stata prodotta ora dall'intervento dell'Italia nella guerra e dalla conseguente disfatta del militarismo germa– nico. Guai al re, guai alla borghesia italiana, se si fossero mantenuti estra– nei alla guerra contro l'imperialismo tedesco: la repubblica e la rivoluzione sociale li avrebbero puniti della loro viltà. Ma anche se l'Italia fosse inter– venuta nella guerra, la rivoluzione repubblicana e sociale sarebbe succeduta alla sconfitta dell'imperialismo tedesco. Quell'interventismo rivoluzionario produceva nelle menti delle classi benestanti e dei gruppi conservatori ita– liani lo stesso effetto che produceva il cencio rosso dispiegato innanzi agli occhi del toro. Nel Partito Socialista Italiano, come in tutti gli altri partiti socia– listi europei, molte persone oneste e sincere attraversarono una crisi di co– scienza dolorosa, sia che aderissero ai blocchi nazionali, sia che rimanesse– ro ancorati alle tradizionali dottrine pacifiste o rivoluzionarie del socialismo. Mussolini avrebbe potuto ottenere molte conversioni al suo nuovo punto di vista se fosse rimasto nel partito facendo opera di persuasione amiche– vole e fraterna. Avrebbe procurato a Bissolati un forte seguito nella re- 512 BibliotecaGino Bianco

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