Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta titi democratici, nei paesi dell'Intesa, nòn dovevano lasciare soli i part1t1 nazionalisti e militaristi a fare la guerra ed a fare la pace. Dopo avere con– tribuito ad impedire la vittoria della Germania dovevano resistere ai grup– pi imperialisti nell'ora in cui sarebbe stata negoziata la pace. Il governo italiano, nato dal diritto nazionale, doveva intervenire nella guerra gene– rale con un programmq di giustizia generale per tutti i popoli. Seguendo questa linea di azione esso avrebbe rinforzato nei paesi dell'Intesa anti– germanica le correnti democratiche ed antiimperialiste ed avrebbe contri– buito a preparare per l'indomani della vittoria una pace che non portasse in sé germi di nuove guerre. Solo a questo patto si poteva accettare la guer– ra come si accetta fortemente un sacrifizio necessario. Altrimenti, la guer– ra sarebbe stata un delitto imperdonabile. Non appena i nazionalisti iniziarono la campagna per la conquista del– la Dalmazia, Bissolati e gli uomini a lui piu vicini per struttura intellet– tuale e morale presero posizione contro quel programma. Nel loro spi– rito il problema dei territori italiani incorporati nell'Impero austriaco era un caso locale di un problema generale: il problema delle minoranze na– zionali che doveva essere risolto per tutti se dopo la guerra si voleva assi– curare la pace. Nella pace giusta per tutti l'Italia doveva domandare giu– stizia anche per sé. Il Trentino era abitato da italiani e doveva venire all'Italia. L'Alto Adige era abitato da tedeschi e doveva rimanere all'Austria. Le città di Gorizia e Trieste e l'Istria e, alle loro spalle, quel tanto di territorio che era indispensabile a tracciare una frontiera ragionevole che includesse il minor numero possibile di slavi, dovevano passare sotto la sovranità ita– liana. Vi erano è vero in quelle terre forti nuclei di slavi portati dal loro sentimento nazionale a gravitare verso la Slovenia e verso la Croazia. Ma italiani e slavi erano frammisti in un modo che· non era possibile dividere con un taglio netto gli uni dagli altri. Nei territori misti non esiste un diritto di autodecisione unico. È necessario trovare compromessi fra di– ritti contrastanti. Per rendere meno penoso agli slavi del territorio annesso all'Italia il. distacco dai loro consanguinei il governo italiano doveva ga– rentire loro piena libertà di cultura nazionale e perfetta uguaglianza giùridi– ca cogli italiani. Ma la nuova frontiera italiana doveva fermarsi al Monte Maggiore. La popolazione di Fiume alla fine della guerra doveva essere li– bera di risolvere se doveva conservare il regime di città libera od associarsi all'Italia. Anche a Fiume esisteva però il problema della pacifica convi– venza fra italiani e slavi: problema da risolversi mediante compromessi e non per via di sopraffazioni degli uni sugli altri. Oltrepassare Fiume e dò– mandare anche la Dalmazia era violare senza alcun giusto motivo il di– ritto nazionale della popolazione serbo-croata che si stendeva dalle porte di Fiume ai confini dell'Albania. Era colpire al cuore la nazione Jugoslava. Era trasformare la guerra dell'Italia contro l'Austria in una guerra di indi– pendenza degli slavi del sud contro l'Italia. Era forzare gli slavi del 510 Biblioteca Gino Bianco

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