Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

' Parte quinta negli ultimi giorni di luglio, e nei primi giorni di agosto del 1914; il go– verno italiano, colto alla sprovvista dagli avvenimenti, doveva tener conto della resistenza, che in quel momento sarebbe stata incrollabile, contro ogni tentativo per trascinare if paese nella guerra a fianco della Germania e del– l'Austria. I nazionalisti, non appena il governo italiano si fu dichiarato neu– trale, si sbarazzarono di ogni entusiasmo germanofilo e presero un'attitu– dine di riserva e d'attesa. E non appena cominciarono le disfatte dell'Au– stria in Galizia, con disinvoltura. mirabile, cominciarono a invocare la guer– ra contro la Germania e l'Austria. "L'essenziale," ha scritto il filosofo del .partito, Gentile, "era di fare la guerra, con o contro la Germania." (L'essenza del fascismo nel volume Civz"ltà fascista, p. 28.) I nazionalisti avevano un portabandiera degno di loro in Gabriele D'Annunzio. Dotato di una virtuosità verbale che raggiungeva spesso ef– fetti meravigliosi, D'Annunzio aveva sempre rivestito di forme luminose i piu sfrenati ribollimenti di una vitalità senza senso comune e senza senso morale, sempre in cerca di sensazioni brutali e di clamorosa pubblicità. Nel 1897, preso dalla scarlattina elettorale, si fece eleggere deputato e andò a. sedere alla estrema destra. Nel 1900 passò improvvisamente all'e– strema sinistra: "Io vado," disse, "verso la vita." Dal 1900 al 1914 si atteggiò ad aedo di una nuova Italia imperiale e pagana. Il dilettante di emozioni sadiche non vide nella guerra del 1914 che un'orgia di sangue, di voluttà, di morte. Era un caso di teratologia morale in cui il popolo italiano non capf mai nulla. Chi volle spiegare al popolo italiano la neces– sità di intervenire nella guerra, non utilizzò mai le poesie e i messaggi che D'Annunzio andava espettorando e che del resto erano mediocrissim! an– che dal punto di vista letterario. Ricorçlò i doveri di giustiz~a verso gli italiani soggetti all'Austria e verso il Belgio iniquamente invaso, e pre– sentò la guerra come il solo mezzo· per conquistare al mondo tormentato una giusta pace. Ma il bellicismo estetico e sanguinario di D'Annunzio fece strage nella jeunesse dorée, fra. quelle signore che gli americani di– cono "oversexed" e fra quei piccoli borghesi letteraloidi che credevano di diventare superuomini solo che rimasticassero i detti del poeta imagini– fico. L'individualismo sbrigliato di D'Annunzio non aveva. niente di co– mune con la dottrina opaca, pesante dei nazionalisti. Ma "il nazionalismo, pur differendo per origini intellettuali, per sistema mentale e anche per teoria, e talvolta per· metodo politico, stette con Gabriele D'Annunzio e si riconobbe in lui" (F. Coppola, in Politica, VII, 136). Nessun altro paese ebbe, come .l'Italia, la sciagura di essere rappresentata durante la guerra e dopo nel mondo intellettuale da un poeta disceso cosf basso nella scala della perversità morale e della mediocrità artistica. Gli scrit~i d'annunziani di questi anni fanno pensare ad un pompiere che sogna oro, gloria, volut- ta , e sangue. L'appetito territoriale dei nazionalisti era formidabile. A cominciare 5Q4 BibliotecaGino Bianco

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