Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte quinta tralità italiana, ed evitare che l'Italia fosse attirata nel campo nemico"; sulla questione dei compensi, "bisognava evadere la conversazione in ma– niera amichevole." In attesa che il governo tedesco adottasse anch'esso questa tattica, Berchtold continuò. il 4 agosto a dichiarare all'ambascia– tore italiano, duca di Avarna, che nella neutralità italiana non era possibi– le vedere se non "un'attitudine poco amichevole, non conforme al trat– tato d'alleanza." Ma, cominciançlo per conto proprio a fare il sentimenta– le, si rammaricò perché l'Italia aveva rifiutato la "opportunità, che le si offriva, di realizzare cosf vaste aspirazioni, come la Tunisia, la Savoia, ecc."; "dividendosi dai suoi alleati, non avrebbe guadagnato niente"; il governo austriaco non aveva nessuna idea di· ingrandimenti nei Balcani; "voleva solamente mantenere quel che aveva"; il governo italiano aveva scelto pel suo cambiamento di direzione proprio un momento, "in cui si manifestava in Austria una nuova corrente di calda simpatia verso il regno alleato"; "in quegli ultimi giorni la marcia reale e finanche l'inno di Gari– baldi erano stati salutati con amichevole entusiasmo e con acclamazioni"; il governo austriaco avrebbe potuto utilizzare questo nuovo stato d'animo in favore degli italiani dell'Austria: "proprio in quei giorni era stata deli– berata in Consiglio dei ministri la fondazione di una istituzione per gli studenti italiani nell'università di Vienna, la quale sarebbe stata un gran– de avviamento verso una facoltà italiana"; ed ecco che "proprio ora ve– niva dall'Italia il rifiuto di eseguire i doveri di alleata." Berchtold non tro– vava da offrire neanche la università a Trieste, che gli italiani dell'Austria domandavano da mezzo secolo; non offriva neanche una facoltà italiana a Vienna; offriva solamente una istituzione, che sarebbe stata un avvia– mento verso una facoltà italiana; e vi aggiungeva la marcia reale e finanche l'inno di Garibaldi! A Roma, Merey era in vena tutt'altro che sentimentale. Nel pome– riggio del 3 agosto, San Giuliano, discutendo sui' compensi, disse che il governo italiano non desiderava di conquistare Nizza, perché non "sola– mente Nizza era francese, ma a suo tempo era stata ceduta liberamente alla Francia; Tunisi era certo una bella colonia, ma l'Italia di colonie ne aveva anche troppe; i territori_ albanesi potevano essere un utile acquisto per uno Stato multinazionale come l'Austria, ma avrebbero rappresentato un peso per uno Stato nazionalmente omogeneo come l'Italia: il caso sarebbe sta– to diverso, se si fosse trattato del Trentino." Merey non se lo fece dire due volte: Interruppi a questo punto la conversazione - riferi trionfalmente a Berchtold - os· servando che negli anni trascorsi io ero stato talvolta poco diplomatico nelle nostre pa– recchie e spesso violente discussioni; ma facevo ora onorevolmente ammenda, astenen· domi dal rispondere con qualche impertinenza a quella inammissibile proposta. Con questo dovere di onorevole ammenda, Merey rappresentava in per– fetta fedeltà il pensiero di tutti i governanti austro-ungarici. L'imperatore 486 Biblioteca Gino Bianco

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