Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La diplomazia italiana nella guerra mondiale zione punitiva contro la Serbia. Anche il governo tedesco poteva ragionevol– mente affermare, che intervenendo a favore dell'Austria-Ungheria, esso prov– vedeva alla propria sicurezza in quanto esso, era interessato a sostenere l'impero alleato contro la minaccia di disgregazioni rappresentata dal movi– mento jugoslavo. Messo di fronte a una guerra di questo genere, il governo italiano era autorizzato a rimanere neutrale, ma la sua neutralità doveva essere benevola. E realmente una neutralità benevola conforme al trattato della Triplice Alleanza, il re d'Italia promise nel telegramma del 2 agosto. Ma durante le discussioni sui doveri del governo italiano, né i diplomatici austriaci né i tedeschi invocarono mai l'articolo IV del trattato, né essi protestarono mai che alla neutralità italiana mancasse il condimento della benevolenza; di benevolenza nessuno mai parlò. Questi fatti si spiegano agevolmente. Se avessero riconosciuto che l'articolo IV e non l'articolo III si applicava alla loro guerra, i diplomatici tedeschi ed austriaci avrebbero ammesso· che il governo italiano aveva il diritto di proclamare la neutralità per quanto benevola. Insistendo, invece, a domandare l'intervento, sebbene sapessero che la loro pretesa non era fondata né sulla lettera né sullo spirito del trattato, essi si prepararono la via per accusare, a suo tempo, il governo italiano di aver violato il trattato e dichiarare perciò decaduto quell'articolo VII che il governo italiano invocava a suo favore. Alla loro volta i diplomatici ita– liani, dopo avere per un momento offerta la neutralità benevola, capirono che la loro benevolenza non avrebbe servito a nulla presso gli imperi centrali, mentre avrebbe provocato le rappresaglie degli inglesi e dei francesi, i quali avrebbero potuto permettere una neutralità assoluta, non una neutra– lità benevola. Perciò il governo italiano, non solo rinunziò al diritto di considerare l'ultimatum alla Serbia come contrario al trattato di alleanza, ma sfuggf anche al dovere di considerare la guerra come una ~uerra contem– plata nell'articolo IV del trattato di alleanza. Esso si comporto quasi che la guerra fosse un avvenimento del tutto estraneo al trattato di alleanza, come sarebbe stata, per esempio, una guerra tra l'Italia e la Francia per il possesso della Tunisia, o una guerra tra la Germania e l'Inghilterra per il possesso della ~uova Zelanda. In queste condizioni la neutralità pura e semplice convemva tanto ai governi di Berlino e di Vienna quanto al governo di Roma, e la benevolenza cadde nell'oblio per una specie di tacito accordo. . ~n tutt_e!e discussioni San Giuliano non invocò mai, per giustificare la ~ecis10~ed1 rimanere neutrale, gli obblighi assunti dal governo italiano verso 1 1 ?a_bmetto di Parigi nel 1902. Si capisce perché. Egli desiderava che la Tnphce Alleanza "superasse questa crisi"· e non escludeva affatto che l'I r " ' t~ ia p~e~desse piu tardi una decisione piu conforme agli interessi dei ~uoi. alleati. Se si fosse trincerato dietro agli accordi del 1902 si sarebbe inchiodato a una neutralità permanente. h J?:altra parte San Giuliano conosceva anche lui la teoria di Bismarck c e ce sempre modo di trovare qualche cavillo con l'aiuto del quale eva- 483 Biblioteca Gino Bianco

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