Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La diplomazia italiana nella guerra mondiale L'uomo si afferrava ancora al suo sogno triplicista. Non disperò fino all'ultimo momento della neutralità inglese. Credeva ancora possibile con– ciliare gli interessi austriaci e italiani. Ma non voleva essere ingannato nella quistione dei compensi. Se sulla base dell'articolo VII era ammesso a parte– cipare in equa proporzione agli utili di una politica comune, era disposto a facilitare "oggi o piu tardi" all'Austria le occupazioni temporanee o definitive a cui essa aspirava in Serbia. Se no, no. Proprio, in quel giorno 29 luglio, in cui San Giuliano consegnò a Merey il suo promemoria, le relazioni fra l'Austria e la Russia precipitarono verso la guerra, e l'intervento della Germania e della Francia cominciò· ad apparire non solo probabile ma inevitabile. In conseguenza lo Stato Maggiore italiano cominciò a dirigere le forze, di cui poteva disporre in quel momento, verso la frontiera francese. Ma queste misure militari, che derivavano automatica– mente dagli accordi fra gli Stati Maggiori, non impegnavano affatto i governi e potevano essere - come difatti furono - da un momento all'altro arresta– te. La pace o la guerra dovevano essere decise dal Consiglio dei ministri e non dalle autorità militari. Il 30 luglio, San Giuliano ripeté anche piu nettamente all'ambasciatore austriaco che "dato il carattere della Triplice puramente difensivo," la con– flagrazione europea provocata dall'Austria per il suo modo. di procedere verso la Serbia non creava per l'Italia un obbligo di intervento, tanto piu che il governo di Vienna aveva trascurato di mettersi d'accordo preventivamente con l'Italia. Ma neanche ora ruppe i fili. Aggiunse che pur negando il casus foederis il governo italiano si riservava di esaminare se gli convenisse metter– si militarmente a fianco degli imperi centrali oppure rimanere neutrale. Per– sonalmente, egli propendeva per l'intervento a fianco degli imperi centrali, e questa alternativa gli pareva la piu verosimile. Ma occorreva che gli inte– ressi dell'Italia nei Balcani rimanessero garentiti. Occorreva che il governo austriaco non tentasse di introdurre nei Balcani dei cambiamenti, che dessero all'Austria una posizione preponderante a detrimento dell'Italia. A Berlino non avevano il cuore cosf leggero come a Vienna: Se la Triplice - dicevano - non si può considerare come un tutto compatto, le speranze di vittoria degli imperi centrali nel grande conflitto diventano considerevolmente minori. Bisogna assolutamente che l'Italia rimanga nella Triplice e piu ancora ne sia un fattore attivo. Perciò il 30 luglio, l'ambasciatore austriaco a Berlino non solo a nome dei colleghi tedeschi ma anche per conto proprio raccomandò a Berchtold di . ~te~pret~re _nella maniera piu liberale l'articolo VII, soddisfare per quanto fosse pos~1bil~1 des1d 7 n d:ll'Italia, e dichiarare al piu presto possibile ch'era disposto ad entrare subito m trattative riconoscendo l'obbligo di concedere i compensi. . Il 31 luglio, Guglielmo II spedi a Roma un generale con tutti i pennacchi e msegne e decorazioni del grado e con una lettera che invitava il re d'Italia, 475 BibliotecaGino Bianco

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