Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La diplomazia italiana nella guerra mondiale co dell'Austria." In questo discorso, c'erano due grossolane bugie. L'una era che il governo di Vienna mirasse ad una soluzione pacifica: nel Consiglio dei ministri austriaco del 7 luglio era stato deciso che "bisogna presentare alla Serbia domande tali che questa dovesse quasi certamente rifiutarle, in modo che si aprisse la via ad una soluzione radicale per mezzo di una azione militare." L'altra bugia era che il Gabinetto di Vienna non aspirasse ad annettere nessuna parte della Serbia: il Consiglio dei ministri del 19 luglio aveva am– messo l'eventualità di "necessarie correzioni strategiche nelle linee di fron– tiera"; Berchtold pensava per conto suo che "dopo la guerra le circostanze potevano divenire tali da rendere impossibile rifiutare ogni annessione." Quanto al vero e proprio ultimatum presentato a Belgrado nel pomerig– gio del 23 luglio, esso per un groviglio di ordini e contrordini fu comunicato a Roma, anziché il giorno prima, il giorno dopo. Era evidente che l'ultimç1- tum austriaco presentato a Belgrado senza nessuna intesa precedente col go– verno di Roma, e diretto a sconvolgere la statu quo balcanico, violava l'ar– ticolo I e l'articolo VII del trattato di alleanza. I governanti italiani, dunque, avrebbero potuto protestare contro la violazione del trattato, disdire senz'altro l'alleanza, e rivendicare la propria libertà di azione per l'avvenire. Essi presero un'altra via. Alle prime notizie ricevute da Belgrado, San Giuliano diventò preoccupato e nervoso. Prevedeva che l'iniziativa austria– ca si sarebbe trovata a contrasto con le correnti spontanee della opinione pub– blica italiana. Disperava di potere "continuare la sua politica di vera amici– zia" verso l'Austria. Mandò istruzioni ai rappresentanti italiani presso le corti di Pietroburgo e di Belgrado, perché incoraggiassero quei due governi alla resistenza. Sperava che una loro attitudine risoluta prevenisse l'azione dell'Austria contro la Serbia. Nella conversazione del 21 luglio con Merey, San Giuliano raccomandò un atteggiamento conciliante e non una tattica di umiliazione e violenza. Promise di appoggiare le domande austriache a Belgrado, ... se fossero state tali da poter essere legittimamente accolte L..J In caso diverso egli avrebbe avuto contro di sé tutto il paese, che era liberale, si compiaceva di ricordare le sue origmi rivoluzionarie, e aveva simpatia per le manifestazioni irredentiste, dovunque si manifestassero [...] L'Italia desiderava un'Austria forte, ma quale essa era allora, senza nuovi ingrandimenti territoriali: [questi] sarebbero stati considerati dannosi all'Italia. Fermandosi su questo punto, San Giuliano domandò a Merey se poteva comunicare alla stampa la dichiarazione che il governo di Vienna non aspi– rava ad annessioni territoriali. Merey rifiutò e aggiunse "come informazioni confidenziali" che se non c'era a Vienna "intenzione" di acquisti territoriali, que t ". " s o non era un impegno. •. Il 24 luglio, quando il testo dell'ultimatum gli fu comunicato, San Giu– liano, discutendone con l'ambasciatore tedesco Flotow, protestò subito che "lo spirito del trattato della Triplice Alleanza avrebbe imposto agli alleati di 469 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=