Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

La politica estera dell'Italia dal 1871 al 1915 i rapporti fra i governi dell;i Triplice erano i seguenti: il governo italiano negava di essere obbligato ad intervenire dall'art. I~I del trattato, offriva la neutralità secondo l'art. IV, e invocava l'art. VII per il diritto ai compensi; il governo austriaco negava qualunque promessa chiara e definitiva di com– pensi, esigeva, d'accordo col governo di Berlino, che l'Italia interpretasse l'art. HI nel senso dell'intervento immediato e minacciava di denunciare l'alleanza. Peggio fu nel pomeriggio del 3 agosto, quando San Giuliano, discutendo con Merey sui compensi, disse che il governo italiano non desiderava di .conquistare Nizza, perché "non solamente Nizza era francese, ma a suo tempo era stata ceduta liberamente alla Francia; Tunisi era certo una bella colonia, ma l'Italia di colonie ne aveva anche troppe; i territori albanesi pote– vano essere un utile acquisto per uno Stato multinazionale come l'Austria, ma avrebbero rappresentato un peso per uno Stato nazionalmente omogeneo come l'Italia: il caso sarebbe stato diverso, se si fosse trattato del Trentino." Merey non se lo fece dire due volte: "Interruppi a questo punto la conver– sazione," riferf trionfalmente a Berchtold, "osservando che negli anni trascorsi io ero stato talvolta poco diplomatico nelle nostre parecchie e spesso violente discussioni; ma facevo ora onorevole ammenda, astenendomi dal rispondere con qualche impertinenza a quella inammissibile proposta." Con questo dovere di onorevole ammenda, Merey rappresentava in perfetta fedeltà il pensiero di tutti i governanti austro-ungarici. L'imperatore Francesco Giuseppe dichiarava che avrebbe abdicato piuttosto che abbando– nare il Trentino. Conrad non voleva neanche sentirne parlare. Berchtold scrisse a Merey: "Se San Giuliano ritorna a parlare del Trentino, V. E. rifiuti ogni conversazione su questo pqnto, e si limiti ad osservare essere strano che l'Italia nomini, come solo possibile compenso, un territorio, che la Monar– chia dovrebbe tagliare dalla sua stessa carne." E spiegò a Berlino che quest'attitudine era basata non solamente sulla necessità di salvare il prestigio della Mo– narchia, ma anche sulla impressione che avrebbe prodotto negli Stati vicini una volontaria cessione all'Italia di un territorio abitato da italiani; questo sarebbe diventato un prece– dente per le ambizioni nazionali degli altri Stati, e sarebbe stato seguito da altri simili ten- tativi di ricatto. · Merey non domandava che di eseguire questo genere di istruzioni. Trovava che era stato già un grande errore permettere una discussione sia pure generica sui compensi, dalla quale non poteva non saltar fuori alla fine il Trentino. , A _mio avviso' - scrisse a Berchtold il 5 agosto - noi dobbiamo trattare freddamen– te l Italia, e lasciarla da parte finché rimane neutrale e finché nessuna decisione abbia avu~o luog~ nel grande teatro della guerra; non dobbiamo metterla a parte dei nostri pro– getti; dobbiamo essere riservati e misteriosi, e darle la impressione che non la consideriamo ~eanche come alleata. Se l'Italia, dopo che il successo si fosse delineato dalla nostra parte, ovesse t~ntare nuovamente di avvicinarsi a noi, noi dovremmo accoglierla freddamente e consentire ai s · d 'd · · d ll . . . . ' uoi esi en nguar o a a sua cooperazione militare. Se mvece le cose an- 411 BibliotecaGino Bianco

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