Gaetano Salvemini - La politica estera italiana dal 1871 al 1915

Parte terza l'obbligo assunto nel· 1887, in un'ora di difficoltà. Nel governo italiano, lo sforzo di utilizzare le difficoltà, in cui gli alleati si sono messi con l'ultimatum alla Serbia, per costringerli a rispettare l'obbligo assunto ventisette anni prima. 3. Il "casus foederis" Guglielmo II era d'accordo con Berchtold nel trovare scandaloso che San Giuliano osasse ricordare l'esistenza dell'art. 7. "Il ladruncolo vuole sem– pre inghiottire qualcosa, insieme con gli altri," cosi postillava il rapporto del 24 luglio, in cui l'ambasciatore tedesco a Roma annunziava la domanda di compensi da parte di San Giuliano. L'atto dell'inghiottire era da ladruncoli, se lo faceva Roma; non era da ladruncoli, se lo facevano Berlino o Vienna. Ma di mano in mano che il conflitto austro-serbo accennava a trasfor– marsi in una guerra generale, i governanti tedeschi erano costretti a preoccu– parsi seriamente di quanto avrebbe potuto fare l'Italia. Il 27 luglio il mini– stro degli esteri, Jagow, e il sottosegretario Zimmermann, approvavano che il governo austriaco si rifiutasse di discutere la interpretazione dell'articolo 7; ma volevano che Berchtold acquetasse Di San Giuliano, dicendogli chiara– mente "che l'Austria non avrebbe sollevato obiezioni contro un compenso all'Italia, qualora fosse apparso assolutamente necessario occupare, non tran– ·sitoriamente, qualche porzione del territorio serbo"; beninteso che .la esten– sione dei compensi non dovesse essere definita; e le occupazioni transitorie ri– manevano escluse da ogni trattativa. Il 28 luglio le pressioni di Berlino su Vienna diventarono piu intense. Guglielmo II, il cancelliere Beth~ann-Hol– weg, il ministro Jagow, fecero scongiurare "per l'amor del cielo" Berchtold ad intendersi con l'Italia sull'interpretazione dell'art. 7: San Giuliano e Salandra non solamente rifiutavano di intervenire nella guerra, se diventava guerra ge– nerale, ma minacciavano di adottare un'attitudine non amichevole qualora non ci fosse stato accordo sulla interpretazione dell'art. 7. Dato il pericolo di guerra generale, occorreva "chiarire la situazione al piu presto: la intera azio– ne militare della Germania sarebbe stata messa in pericolo, se 'l'Italia avesse rifiutato di riconoscere il "casus foederis." Sotto queste pressioni, Berchtold ordinò lo stesso giorno, 28 luglio, a Me– rey che facesse a San Giuliano la dichiarazione raccomandata da Berlino; e, prevedendo il malumore di Merey per quest'atto di debolezza, gli spiegò che "era deciso a fare questo passo verso la tesi italiana, perché l'Austria stava giuocando una grande partita, in cui occorreva superare serie difficoltà, e in cui essa poteva fallire, se le Potenze della Triplice non si tenevano strette in- . ,, s1eme. Siccome poi in alcuni ambienti politici italiani si cominciava già ad ac– cennare al Trentino come a possibile compenso da chiedere, Berchtold avver– tf il governo di Berlino che "se veniva in questione la cessione di una qua- 402 BibliotecaGino Bianco

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